Whirlpool Napoli, l'ultima beffa: lavatrici a ruba ma la fabbrica di via Argine chiude

Whirlpool Napoli, l'ultima beffa: lavatrici a ruba ma la fabbrica di via Argine chiude
di Valerio Iuliano
Martedì 6 Aprile 2021, 09:00 - Ultimo agg. 18:56
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Il mercato degli elettrodomestici vola a livelli record, in particolare quello delle lavatrici. L'industria manifatturiera, in molti casi, trae giovamento dalla tendenza consolidatasi nel 2020. Ma non mancano, però, i siti produttivi costretti a chiudere i battenti, nonostante un mercato sempre più florido. Il caso più eclatante è quello dello stabilimento Whirlpool di Napoli, che ha interrotto la produzione il 31 ottobre scorso, dopo una vertenza durata 16 mesi. Una vicenda dai contorni paradossali, sulla quale conviene soffermarsi per tentare di comprendere le oscure dinamiche che governano le politiche industriali in Italia. O, più semplicemente, la totale assenza di politiche del settore.

Il boom del mercato degli elettrodomestici deriva anzitutto dal loro maggior utilizzo durante la pandemia - per i lunghi periodi trascorsi all'interno delle abitazioni - e dalla necessità di sostituirli più frequentemente. I dati di Applia Italia, l'associazione di Confindustria delle aziende degli elettrodomestici, sono eloquenti.

Nel secondo semestre dello scorso anno le vendite sono aumentate di 15,5 miliardi, rispetto allo stesso periodo del 2019. E i risultati più lusinghieri si registrano proprio per le lavatrici, con un incremento del 40%. L'exploit sulle lavatrici ha determinato una notevole crescita di Whirlpool, che ha guadagnato significative quote di mercato. La multinazionale ha disposto l'assunzione di 600 lavoratori nello stabilimento di Cassinetta. Una beffa per i 356 lavoratori della fabbrica di Napoli Est, che da sei mesi sono stati esclusi dal circuito produttivo.

«Le lavatrici di alta gamma prodotte a Napoli - è sempre stata la motivazione dei vertici della multinazionale - non hanno più mercato. Registriamo un calo troppo netto delle vendite». La produzione di lavatrici ad alto contenuto tecnologico a via Argine scaturì dagli ottimi risultati di uno stabilimento che, negli anni scorsi, veniva considerato all'avanguardia. Ma la scelta, secondo la stessa Whirlpool, non fu propizia. A maggio 2018 la multinazionale presentò l'andamento del piano industriale 2015-2018. «Nonostante la realizzazione di tutti gli impegni previsti non è stato possibile raggiungere gli obiettivi di crescita previsti dal piano stesso», scrivevano i vertici di Whirlpool. Tra le motivazioni del fallimento di quel piano, la Brexit e la crescita del prezzo delle materie prime. Con l'intervento del governo sembrava risolto il problema. Un accordo tra l'esecutivo, l'azienda e i sindacati fu firmato il 25 ottobre 2018. La produzione in tutti gli stabilimenti italiani proseguiva con un nuovo investimento di 250 milioni di euro nel triennio successivo. A Napoli continuava la produzione di lavatrici di alta gamma, con «significativi investimenti sul prodotto» nella prima metà del 2020. E per farlo la multinazione americana ha potuto contare su 17 milioni di euro. L'allora ministro Di Maio salutò l'accordo come la salvezza del sito. Ma, nel breve volgere di pochi mesi, la situazione mutò radicalmente. Il 31 maggio del 2019 una x rossa su Napoli, in una slide che riguardava il piano industriale di Whirlpool, sancì la futura chiusura dello stabilimento. Whirlpool annunciò di non poter proseguire la produzione a via Argine. «C'erano 17 milioni del governo - spiega il segretario della Fim Cisl Biagio Trapani - e nemmeno un euro è stato investito su Napoli. La multinazionale non ha rispettato gli accordi». 

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La lunghissima vertenza successiva non mai prodotto risultati utili. I tentativi dei due governi succedutisi nel corso della crisi di far rispettare l'intesa dell'autunno 2018 sono stati vani. Whirlpool non ha mai preso in considerazione gli sgravi fiscali concessi dal governo nell'estate 2019 - sotto forma di altri 16,9 milioni di euro a disposizione dell'azienda - e poi i 20 milioni di euro messi sul piatto dalla Regione Campania per il rilancio del sito. Le ragioni dell'abbandono di Napoli da parte di Whirlpool non sono mai state del tutto chiare. «Sulle scelte delle multinazionali - spiega il segretario della Uil Campania Giovanni Sgambati - il fattore del costo del personale non è essenziale. Conta molto la farraginosità della struttura logistica. In altri paesi la componentistica costa meno. È questo il fattore rilevante, più del costo del lavoro. E, soprattutto, da noi non ci sono politiche industriali. Siamo la seconda realtà manifatturiera d'Europa, ma tutto viene lasciato alle decisioni delle singole imprese. Non c'è una politica del paese sull'industria». Tocca al ministro Giorgetti cercare di individuare una soluzione, che per ora non si profila all'orizzonte. 

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