Cambia la Fornero: in pensione prima e uscita a 62 anni

Cambia la Fornero: in pensione prima e uscita a 62 anni
di Andrea Bassi
Martedì 19 Maggio 2015, 09:04 - Ultimo agg. 09:12
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Come sempre Matteo Renzi ha utilizzato una immagine efficace. Far uscire dal lavoro qualche anno prima le nonne per dare una mano ai nipoti.



«Se una donna a 62 anni preferisce stare con il nipotino rinunciando 20-30 euro ma magari risparmiando di baby sitter» - ha spiegato il presidente del consiglio - allora «bisognerà trovare le modalità per cui, sempre con attenzione ai denari, si possa permettere a questa nonna di andarsi a godere i nipotini».



La sostanza è che Palazzo Chigi si prepara a rivedere le norme della legge Fornero, introducendo quella che tecnicamente si chiama «flessibilità» in uscita. Il dibattito è aperto da tempo, da quando la riforma pensionistica del governo Monti con il repentino innalzamento dell’età di pensionamento a 66 anni e 3 mesi, ha allontanato per tanti lavoratori la prospettiva dell’uscita creando anche il fenomeno degli esodati, persone rimaste senza stipendio e senza ancora la possibilità di incassare l’assegno pensionistico. Sul tavolo del governo ci sono diverse proposte. Anche l’Inps, l’Istituto di previdenza sociale guidato da Tito Boeri, ne sta elaborando una che sarà pronta tra qualche settimana. Ma, stando alle parole di Renzi, una cosa sembrerebbe assodata: l’uscita anticipata potrebbe avvenire a 62 anni. Non è una indicazione casuale.



LE PROPOSTE

In parlamento giacciono diverse proposte di legge, molte delle quali, come quella firmata dal presidente della Commissione lavoro Cesare Damiano e dall’attuale sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, prevedono una flessibilità in uscita tra i 62 e i 66 anni. Ovviamente a 66 anni si prenderebbe la pensione piena, mentre per ogni anno di anticipo ci sarebbe un taglio del 2% dell’assegno. Significa che a 62 anni ci si potrebbe ritirare con una pensione più bassa dell’8%. Il problema di questa proposta sono i costi. Secondo gli estensori, il progetto costerebbe solo 4 miliardi di euro sugli 80 miliardi che secondo la Ragioneria generale dello Stato la legge Fornero fa risparmiare con il suo allungamento dell’età. Secondo l’Inps, invece, l’uscita a 62 anni costerebbe 45 miliardi di euro. Ma per il governo la proposta Damiano-Baretta potrebbe essere solo un punto di partenza.



I meccanismi di penalizzazione potrebbero essere diversi. Si agirebbe sulla parte «retributiva» dell’assegno, quella cioè legata non ai contributi versati ma agli ultimi stipendi incassati. In questo modo si andrebbe incontro anche alle sollecitazioni di Boeri. Il presidente dell’Inps da tempo chiede che le pensioni, almeno quelle più elevate, siano calcolate completamente con il metodo contributivo. Questa possibilità, a dire il vero, è prevista anche dalla stessa legge Fornero che, fino alla fine di quest’anno, dà la possibilità alle donne di lasciare in anticipo il lavoro ma accettando un calcolo del loro assegno previdenziale solo sulla base dei contributi versati.



In questo caso il taglio della pensione va dal 25% al 35%, ragion per cui in poche hanno scelto di usufruirne. Questa via, insomma, sarebbe più sostenibile da un punto di vista finanziario, ma poco accattivante per la misura del taglio che l’assegno pensionistico subirebbe. C’è poi una terza ipotesi sul tappeto, alla quale aveva lavorato l’ex ministro del lavoro Enrico Giovannini: il prestito pensionistico. Un meccanismo che prevede di lasciare il lavoro ottenendo un anticipo della pensione da restituire nel tempo a rate.