Pensioni, uscita a 62 anni ma con l’assegno tagliato: ecco i tempi e le categorie

Pensioni, uscita a 62 anni, ma con l’assegno tagliato
Pensioni, uscita a 62 anni, ma con l’assegno tagliato
di Michele Di Branco
Sabato 22 Agosto 2020, 00:05 - Ultimo agg. 12:32
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Pensioni, si riapre il cantiere. Governo e sindacati si ritroveranno faccia a faccia l’8 e il 16 settembre per discutere delle possibili riforme in vista del prossimo anno. Nel 2021, infatti, si chiuderà l’esperimento Quota 100 ed è necessario intervenire sul sistema per consentire a chi, per ragioni anagrafiche o per mancanza dei requisiti, ha mancato, magari di poco, l’occasione di lasciare il lavoro in anticipo. 

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Anche se, è bene ricordarlo, meno della metà della potenziale platea di lavoratori ha approfittato della riforma che consente di andare in pensioni con almeno 62 anni di età e 38 di contributi. 

​«Il sistema previdenziale ha bisogno di flessibilità per venire incontro alle esigenze dei lavoratori ma anche delle imprese nella fase di rilancio del sistema produttivo, dopo la crisi dovuta alla pandemia» spiega il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti in vista degli incontri con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. E tra i temi caldi figura la cosiddetta quota 41. C’è una ipotesi – ricorda Proietti – contenuta nella piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil ed è stata riproposta all’ultimo incontro con la ministra Catalfo: riteniamo che chi ha 41 anni di contribuzione debba andare in pensione a prescindere dall’età. La misura riguarda i lavoratori precoci e non ha un impatto economico rilevante ma comunque pensiamo che sia giusto rimettere un po’ di equità nel sistema previdenziale, dopo i tanti miliardi sottratti dalla legge Fornero. Insomma per i sindacati Quota 41 oggi possibile, appunto, per i lavoratori precoci che all’età di 19 anni avevano alle spalle almeno un anno di contributi versati, deve essere estesa a tutti. 

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Ma il governo non appare molto convinto di questa soluzione. Tanto che all’interno dell’esecutivo si ragiona su una ipotesi alternativa. Vale a dire consentire a chi lo desidera l’uscita anticipata a 62-63 anni di età accettando un taglio del 2,8-3% del montante retributivo (introdotto nel 1996) per ogni anno che serve per raggiungere quota 67 anni. Vale a dire l’orizzonte ordinario della pensione. Calcoli alla mano, la riforma interesserebbe circa 150 mila persone all’anno, che potrebbero così andare a riposo con 4-5 anni di anticipo rinunciando in media al 5% del trattamento che maturerebbero andando in pensione al raggiungimento degli attuali requisiti di legge. Il tavolo sulla previdenza servirà a definire il pacchetto di misure da inserire nella legge di bilancio, che dovrebbe contenere il prolungamento dell’Ape sociale, con la possibilità, come chiesto da Cgil, Cisl e Uil, di aumentare le categorie di lavoro gravoso.

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Tra gli interventi previsti anche la proroga di Opzione donna, agendo su alcuni aspetti in sospeso come part time verticale e fondo esattoriale. Nell’incontro del 16 settembre si farà una valutazione più generale su come evitare lo scalone al 2021. Quota 100 è confermata fino alla scadenza dell’anno prossimo e serve garantire una flessibilità più diffusa, differenziando tra settori e gravosità del lavoro. A proposito di Opzione donna Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, ricorda che «attualmente i nuovi requisiti prevedono la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2019 (rispetto al 31 dicembre 2018 previsto dalla normativa previgente) hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e una età pari o superiore a 58 anni nel caso di dipendenti e un anno in più nel caso di lavoratrici autonome». 

L’opzione è esercitabile – dettaglia Cazzola – se si accetta il calcolo della pensione con il metodo integralmente contributivo, metodo che, come è noto, comporta penalizzazioni tanto maggiori quanto più sono gli anni di anticipo rispetto al requisito anagrafico di legge Per Opzione donna, ricorda l’esperto, «nell’anno 2019 sono pervenute circa 26.700 domande, in calo del 3,2% rispetto al 2018 (erano 26.674): di queste ne sono state accolte circa 19.200». 



 Tra gli interventi previsti anche la proroga di Opzione donna, agendo su alcuni aspetti in sospeso come part time verticale e fondo esattoriale. Nell’incontro del 16 settembre si farà una valutazione più generale su come evitare lo scalone al 2021. Quota 100 è confermata fino alla scadenza dell’anno prossimo e serve garantire una flessibilità più diffusa, differenziando tra settori e gravosità del lavoro. A proposito di Opzione donna Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, ricorda che «attualmente i nuovi requisiti prevedono la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2019 (rispetto al 31 dicembre 2018 previsto dalla normativa previgente) hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e una età pari o superiore a 58 anni nel caso di dipendenti e un anno in più nel caso di lavoratrici autonome». 

L’opzione è esercitabile – dettaglia Cazzola – se si accetta il calcolo della pensione con il metodo integralmente contributivo, metodo che, come è noto, comporta penalizzazioni tanto maggiori quanto più sono gli anni di anticipo rispetto al requisito anagrafico di legge Per Opzione donna, ricorda l’esperto, «nell’anno 2019 sono pervenute circa 26.700 domande, in calo del 3,2% rispetto al 2018 (erano 26.674): di queste ne sono state accolte circa 19.200».  

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