Rete unica: dopo l'ok, fondi Ue per avere la fibra in ogni casa

Rete unica: dopo l'ok, fondi Ue per avere la fibra in ogni casa
Rete unica: dopo l'ok, fondi Ue per avere la fibra in ogni casa
di Andrea Bassi
Venerdì 28 Agosto 2020, 00:33 - Ultimo agg. 11:01
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Beppe Grillo lo aveva detto solo qualche settimana fa. In un suo post sulla rete unica, aveva battuto sulla necessità di un progetto che fosse «in grado in tempi brevi di sbloccare ingenti investimenti diretti e indiretti, anche utilizzando le risorse messe a disposizione dall’Europa attraverso il Recovery Fund». La necessità di accelerare gli investimenti e fornire banda larga ultraveloce, attraverso la tecnologia Ftth (fiber to the home, fibra fino a casa), è una delle premesse essenziali del progetto della rete unica. L’Europa ha messo la digitalizzazione al primo posto tra gli investimenti per rilanciare l’economia.

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La situazione italiana, con due reti in concorrenza rischiava e rischia di azzoppare questi obiettivi. OpenFiber, la società partecipata da Enel e da Cdp, ha vinto i bandi pubblici per portare la fibra nelle cosiddette «aree bianche», quelle a fallimento di mercato, dove non c’è abbastanza domanda da convincere gli operatori a portare il servizio. I lavori hanno subito ritardi e difficoltà. E ora il governo deve pensare alle aree “grigie”, quelle dove i progetti di investimento per portare la fibra non sono particolarmente cogenti. Secondo quanto stimato da Infratel Italia, il fabbisogno complessivo per intervenire nelle aree grigie del Paese installando infrastrutture predisposte al Gigabit è pari a 5,1 miliardi di euro. 

Le risorse Oggi ci sono a disposizione circa 2,7 miliardi di euro di fondi pubblici, parte per la cablatura e in parte da destinare a incentivi all’uso della banda larga. Dunque il governo potrebbe recuperare questi 5 miliardi dai fondi del Recovery. Secondo alcune fonti politiche, i progetti per la digitalizzazione potrebbero contare su somme più alte, anche perché tra i progetti c’è anche quello di cablare tutti gli edifici pubblici. E poi c’è il capitolo 5G, che pure potrebbe rientrare nella partita. Tutto questo si vedrà quando il governo alzerà il velo sul piano da inviare a Bruxelles per l’impiego dei 209 miliardi di euro degli aiuti europei. Fibercop, tuttavia, non nasce priva di risorse proprie per gli investimenti. Alla nuova società, nella quale il fondo Kkr apporterà 1,8 miliardi di euro, Tim conferirà la sua intera rete in rame. Tutti i proventi dell’infrastruttura saranno usati per effettuare gli investimenti e sostituire, man mano, il rame con la fibra. 
 


A convincere parte del governo e della maggioranza a dare il via libera all’operazione, sono stati soprattutto due elementi: il primo è il peso della Cdp nelle decisioni della società; e il secondo è che si tratterà di un investimento aperto anche ad altri operatori, come dimostra non solo l’ingresso di Fastweb, ma anche quello annunciato ieri da Tiscali. La nuova società della rete, insomma, non sarà verticalmente integrata. 

E nelle premesse della lettera di intenti che Cdp e Tim stanno preparando, sarà scritto nero su bianco che l’indipendenza dovrà essere preventivamente «approvata dalle Authority italiane e dall’Antitrust europeo. Il numero uno di Cdp, Fabrizio Palermo, è stato decisamente abile a trovare un punto di caduta che prevede un peso decisivo del socio pubblico sulle scelte di investimento, e nell’ottenere anche una cogestione sostanziale della società con un meccanismo “innovativo”. L’ad sarà scelto da Tim con il benestare della Cdp, e il presidente esecutivo, che avrà deleghe pesanti, sarà indicato dalla Cassa depositi e prestiti con il benestare di Tim. 

La firma della lettera di intenti, insomma, sarà solo il primo passo. Il sentiero successivo non sarà semplice da compiere. Ma avrà sullo sfondo il piano Marshall europeo che sulla digitalizzazione punta più di una delle sue numerose fiches.
 

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