Più occupati ma non al Sud. E le previsioni restano nere per i prossimi due anni

Più occupati ma non al Sud. E le previsioni restano nere per i prossimi due anni
di Nando Santonastaso
Mercoledì 2 Settembre 2020, 07:30 - Ultimo agg. 07:33
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Forse va controcorrente, forse no. Di sicuro Giovanni Lombardi, napoletano, fondatore di Tecno, player di riferimento per l'efficienza energetica, è uno dei pochi imprenditori del Mezzogiorno che di questi tempi assume manodopera. C'è anche lui, dunque, nel novero dei dati con cui ieri l'Istat ha certificato il primo segnale positivo sul versante dell'occupazione in Italia, sia pure con molte cautele. «È vero, dopo lo stop imposto dal lockdown abbiamo ripreso l'attuazione del nostro piano che in tre anni prevede centoquaranta assunzioni, trentacinque delle quali le faremo entro il 2020. Continuiamo a cercare giovani talenti da formare e senior che portino in azienda esperienze e competenze maturate anche all'estero», dice l'imprenditore. E aggiunge: «Cerchiamo laureati in discipline STEM (ingegneri, professionisti del digitale, sviluppatori, programmatori ecc., ndr) che entrino a far parte di un team composto per la maggioranza da donne e giovani under 40: perché crediamo nel territorio e appunto nei giovani e riteniamo che per tutte le aziende sia oggi più che mai necessario investire in formazione e digitale. I dati di ieri sono un segnale interessante ma temo che riguardino solo un segmento di imprese e non l'intero sistema economico».
 

 

È una sensazione diffusa e non perché figlia del pessimismo cronico che alberga da queste parti. Al Sud l'allarme lavoro resta più vivo che mai, accompagnato dalle previsioni targate Svimez che stimano per il 2020 un calo degli occupati quasi doppio rispetto al Centro-Nord, toccando il 6 per cento contro il 3,5 per cento del resto d'Italia. Per effetto della diffusione del Covid, il Mezzogiorno perderebbe circa 380 mila occupati che vanno ad aggiungersi ai circa 200mila mai recuperati dalla crisi del 2008-2009.

«Per effetto di tali andamenti l'occupazione meridionale scenderebbe intorno ai 5,8 milioni, su livelli inferiori a quelli raggiunti nel 2014 anno in cui si è toccato il culmine della doppia fase recessiva patita dall'Italia negli anni precedenti è scritto nelle anticipazioni del Rapporto 2020 Svimez -. Il tasso di occupazione scenderebbe di circa 2 punti percentuali e mezzo al 42,2 per cento, per risalire di un punto nel 2021».

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Difficile, insomma leggere i dati relativi al mese di luglio anche in chiave meridionale come un'inversione di tendenza. Ma per Salvio Capasso, economista di Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno), «va tenuto presente che le cose potrebbero essere migliori, sul piano statistico, ad agosto: perché, a dispetto delle previsioni più negative, il turismo marino al Sud ha registrato numeri importanti in questo mese, anche senza le abituali presenze di stranieri. E a tutti è noto il peso di questo comparto sull'economia complessiva dell'area». In attesa di verificarlo, si guarda alla fiscalità di vantaggio come ad una possibile svolta anche in chiave occupazionale al Sud: «La misura del governo è utile - spiega Capasso - ma non farà sentire subito i propri effetti in termini di nuovi posti di lavoro. Le aziende tenderanno prima a consolidare la propria situazione finanziaria, visto che l'effetto del lockdown per molte è ancora tutto da smaltire. Occorreranno almeno due anni, sperando che la fiscalità di vantaggio diventi strutturale».
 

Insomma, calma e sangue freddo perché, come dice Giuseppe Arleo, coordinatore per Competere.eu dell'Osservatorio per la ricostruzione economica dopo il Covid.19, «non si vedono segnali strutturali di ottimismo per l'economia e il lavoro nel Mezzogiorno. I dati dell'Istat rischiano di fotografare solo il successo di alcune imprese innovative che per merito degli imprenditori e non per specifiche misure del governo hanno ripreso a correre e ad assumere».
Per Arleo è comunque giusto oltre che necessario agire sul costo del lavoro attraverso la fiscalità di vantaggio «perché così si possono offrire anche prospettive di rientro a giovani risorse qualificate emigrate all'estero. Ma conterà, soprattutto per il Sud, spendere bene le risorse europee legate al Recovery Fund e incentivare gli investimenti, pubblici e privati, sia materiali che immateriali: è necessariamente questa la direzione obbligata per far ripartire il Sud e attraverso di esso il Paese intero». 

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