Mezzogiorno, risparmi in salita: ma la ricchezza è in poche mani

Mezzogiorno, risparmi in salita: ma la ricchezza è in poche mani
di Sergio Governale
Domenica 3 Dicembre 2017, 10:58 - Ultimo agg. 15:26
8 Minuti di Lettura
Con la crisi i risparmi crescono a sorpresa al Sud più che al Nord, in particolare le attività finanziarie (conti correnti, fondi comuni di investimento, azioni, obbligazioni), ma nelle mani di sempre meno persone. Quali? Anziani e famiglie già abbienti, che riescono ad accumulare ulteriori risorse. Mentre giovani e persone in difficoltà economiche, tra l'altro in aumento, vedono peggiorare decisamente le proprie condizioni di vita. Con la conseguenza che la forbice sociale il divario tra ricchi e poveri continua inesorabilmente ad allargarsi, soprattutto nel Meridione, dove le disuguaglianze raggiungono livelli record. Lo si ricava estrapolando i dati della Banca d'Italia, incrociandoli con quelli forniti dall'Istat.

Lo scenario
L'analisi parte dalle componenti principali del risparmio, che comprende, oltre alle attività finanziarie, anche quelle reali (terreni e immobili). Queste ultime, malgrado in alcuni casi abbiano subito un crollo delle quotazioni, hanno registrato un apprezzamento dell'1% secondo l'Istituto centrale, il doppio nel Mezzogiorno (più 1,95%). Le attività finanziarie che per la Banca d'Italia hanno superato a giugno scorso quota 4.228 miliardi di euro si sono invece apprezzate a doppia cifra percentuale (più 12%), in particolare al di sotto del Garigliano (più 13% a oltre 800 miliardi). Il tutto in un quadro in cui, ricorda la Consob, «la ricchezza delle famiglie, al netto dei debiti, è rimasta sostanzialmente stabile attorno ai livelli pre-crisi». Un dato quindi positivo per il Mezzogiorno, in cui però la ricchezza pro capite è pari ad appena il 60% di quella del Centro Nord, ricorda la Banca d'Italia, malgrado il divario tra le due aree del Paese si sia ridotto del 10% rispetto al 2005. Se si guarda solo ad azioni, obbligazioni e depositi e fondi comuni, la situazione è ancora peggiore: gli 800 miliardi di risparmi non arrivano infatti a un quarto di quelli del Centro-Nord (quasi 3.500 miliardi) in un'area che conta oltre un terzo degli abitanti del Paese.

La ripresa
A spiegare l'evoluzione del risparmio è sempre l'Istituto centrale: «Nella prima fase della crisi (dal 2008 al 2011) alla continuata espansione del valore delle attività reali si è associata la brusca contrazione di quello delle attività finanziarie in tutte le aree del Paese. Al contrario, dal 2012 il valore delle attività finanziarie ha ripreso a crescere, mentre quello delle attività reali si è ridotto, a causa soprattutto del calo delle quotazioni delle abitazioni che, dopo aver raggiunto un picco nel 2011, sono scese nel triennio successivo in tutte le aree».

Il divario
Nel Nord le attività finanziarie rappresentano una quota relativamente più elevata della ricchezza delle famiglie rispetto al resto del Paese e sono cresciute dal 2008 di quasi il 12% (più 11,39% nella parte Ovest e più 12,89% in quella Est). Al Centro, dove la componente reale costituisce quasi il 70% delle attività complessive (oltre il 10% in più rispetto al Nord), nello stesso periodo il risparmio è rimasto sostanzialmente invariato. «All'aumento di valore delle attività reali che aveva trainato la crescita fino al 2011 ha fatto seguito una forte riduzione della stessa componente a partire dal 2012, che ha più che compensato l'aumento di valore di quella finanziaria (più 11,66%)», precisa Via Nazionale.

Infine al Sud dove il peso della ricchezza reale è pressoché analogo a quello del Centro e la ricchezza finanziaria, grazie a un profilo di rischio più contenuto rispetto al resto del Paese, ha risentito in misura inferiore della perdita di valore all'inizio della crisi il risparmio è aumentato di oltre il 13%. Ma non per tutti. Qui infatti è maggiore rispetto al resto d'Italia il numero di persone che non detiene attività reali o finanziarie. «La diseguaglianza della ricchezza finanziaria pro capite certifica sempre la Banca d'Italia è più ampia nel Mezzogiorno rispetto al Centro e al Nord. Durante la crisi la crescita della diseguaglianza si è accompagnata all'aumento della quota di popolazione che non detiene attività finanziarie, in particolare nel Nord, dove tale quota è rimasta tuttavia inferiore rispetto al Centro e al Mezzogiorno. La quota di popolazione che non possiede alcuna forma di ricchezza (immobiliare o finanziaria) oscilla tra il 14% del Nord Est e il 22 del Mezzogiorno». Un record dunque al Sud.
 
I ricchi
Non solo: in base all'indagine annuale di Capgemini, in Italia in un solo anno è aumentato del 10% il numero di persone che possono contare su un patrimonio finanziario personale (escluse quindi case, gioielli e opere d'arte) superiore all'equivalente di circa un milione di euro. Secondo il rapporto Global wealth 2017 di Boston Consulting Group, nel Belpaese 307mila famiglie, l'1,2% del totale, possiedono più di un milione di euro e hanno il 20,9% della ricchezza finanziaria complessiva. Tra queste famiglie ci sono anche quelle dei super-ricchi o Paperoni, quali imprenditori e armatori, liberi professionisti e latifondisti-immobiliaristi, che hanno una ricchezza finanziaria superiore ai 50 milioni. Al Sud sono meno che al Nord (si veda l'altro articolo), ma la loro presenza, soprattutto a Napoli e dintorni, è comunque rilevante.

I giovani
Le disuguaglianze sono ancora maggiori nel Meridione se si considera che nell'area, oltre all'allargamento della forbice sociale, c'è il più elevato divario di ricchezza tra le generazioni e la più alta disoccupazione giovanile. Gli anziani, in particolare gli over 60, hanno in genere almeno la casa in cui vivono di proprietà. Tra gli under 34, invece, il fenomeno è raro: sette su dieci vivono nelle famiglie d'origine, rivela l'Istat, soprattutto al Sud. «Negli anni della crisi il tasso di risparmio ha risentito del tentativo delle famiglie di contenerne le ripercussioni negative sui consumi ha ricordato il governatore Ignazio Visco nell'ultima Giornata mondiale del risparmio promossa dall'Acri . Le nostre indagini rilevano che il calo è stato più ampio per i giovani, maggiormente colpiti dalla recessione del mercato del lavoro». In particolare per i giovani meridionali, visto che qui si registra la disoccupazione under 34 più elevata. La conseguenza? Al Sud vivono in povertà assoluta 2 milioni di persone (il 43% del totale) e l'8,5% delle famiglie (il 5% al Nord), mentre una famiglia su due è a rischio, avverte l'Istat.

Gli investimenti
Tutto questo sul fronte delle disuguaglianze. Torniamo ora al risparmio finanziario. Dove investono gli italiani? Secondo l'Istituto centrale, dall'inizio della crisi si è osservata una ricomposizione del portafoglio delle famiglie diversa nelle differenti aree del Paese. Al Centro e soprattutto al Nord dove il valore degli investimenti più rischiosi come le azioni rappresentava nel 2008 una quota della ricchezza finanziaria relativamente più elevata vi è stato un calo più consistente di tali attività, con un trasferimento dai titoli pubblici e dalle obbligazioni private verso il risparmio gestito. Nel Mezzogiorno, dove prevalgono ancora gli strumenti di natura più liquida e precauzionale (conti correnti bancari e postali e contanti), l'impatto della crisi sul portafoglio titoli delle famiglie è stato meno intenso, così come la migrazione verso i fondi comuni di investimento.

E, per il futuro, che cosa si prevede? Secondo l'Acri, il risparmio dovrebbe continuare a crescere. Secondo l'Istat il flusso lordo del risparmio è infatti ampiamente al di sopra dei 100 miliardi di euro l'anno. Valore confermato dalla Banca d'Italia, che calcola un progresso di quasi 130 miliardi da giugno 2016 allo stesso periodo di quest'anno, a quota 4.228,827 miliardi (senza considerare i 6.510 miliardi di attività reali), a fronte di un debito pubblico di 2.283,7 miliardi a settembre scorso. «Il risparmio è una delle condizioni che hanno sostenuto il nostro Paese nei momenti più difficili del recente passato ha osservato in merito il presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti . Se le nostre famiglie avessero livelli di indebitamento analoghi a quelli di altri Paesi, la vicenda italiana, già gravata da un enorme debito pubblico e dalla fragilità finanziaria di larga parte delle imprese, sarebbe stata decisamente più difficile da gestire».

I timori
Dall'indagine dell'Acri, realizzata con Ipsos, si ricava che paura e preoccupazioni, pur ancora presenti, stanno lasciando spazio a un atteggiamento più tranquillo e fiducioso nel futuro. Anche se permangono forti differenze, soprattutto territoriali: mentre nel Nord Ovest si registrano i principali segni di ritornata fiducia, nel Sud questi segni sono molto poco presenti, quando non del tutto assenti. Complessivamente, il numero dei fiduciosi sul miglioramento della propria situazione personale è nettamente superiore a quello degli sfiduciati, anche se il 64% degli intervistati non si attende cambiamenti della propria situazione economica. Il maggior recupero di fiducia si registra comunque tra gli individui fra i 31 e i 44 anni.

La situazione economica delle famiglie mostra un trend positivo. Questa situazione determina un netto miglioramento in termini di soddisfazione rispetto alla propria situazione economica, che torna ai massimi del periodo post-euro. Oggi i soddisfatti superano gli insoddisfatti (il 56% contro il 44%). Dall'analisi emerge, però, un'Italia divisa: il miglioramento è concentrato nel Nord, soprattutto nel Nord-Ovest. Il Centro e il Sud invece arretrano lievemente, dove i soddisfatti sono rispettivamente il 52% e il 43%. Inoltre, certificano l'Acri e Ipsos, «si allarga la forbice tra chi se la cava e chi rimane in seria difficoltà». Rimangono, infatti, costanti coloro che si trovano in una situazione di grande insoddisfazione: negli ultimi tre anni sono stabilmente al 15%.

Infine la cultura finanziaria. In generale è bassa, soprattutto al Sud. All'inizio del prossimo anno entrerà in vigore la cosiddetta Mifid 2. Si tratta di una normativa europea che rivede e amplia precedenti disposizioni (Mifid) in materia di prestazione dei servizi di investimento, di tutela degli investitori retail, di definizione dei servizi di consulenza indipendente, etc. Con la sua adozione si vuole aumentare la trasparenza delle negoziazioni, ma soprattutto la tutela degli investitori, tutela che dovrebbe aumentare anche sul fronte dell'informazione. Uno dei passi per raggiungere questo obiettivo sarà il cosiddetto Kid (Key information document), un documento non più ampio di tre pagine, che dovrà contenere le informazioni chiave per aiutare qualunque tipo di risparmiatore ad assumere decisioni d'investimento consapevoli. «Sarebbe opportuna suggerisce Guzzetti la redazione di un piano che coinvolga tutti i soggetti che sono tenuti a questo tassativo dovere di informare e accortamente consigliare. I cittadini devono essere attrezzati sempre meglio riguardo all'impiego dei propri risparmi. Nel campo della finanza e degli investimenti pochi sono gli italiani che comprendono fino in fondo quello di cui si sta parlando. Quindi per la tutela del risparmio, prevista dall'art. 47 della Costituzione italiana è fondamentale anche un miglior livello di alfabetizzazione finanziaria». Come? Un primo importante passo al riguardo è stato l'approvazione dell'emendamento all'interno del decreto salva-risparmio per l'istituzione di una cabina di regia che si occupi del tema. Ma l'auspicio è quello di dare a questa branca il rilievo dovuto nei programmi delle scuole di ogni ordine e grado.
© RIPRODUZIONE RISERVATA