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Telemarketing, la legge beffa per gli utenti: impossibile cancellare i consensi

di Andrea Bassi
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 26 Novembre 2017, 11:51 - Ultimo agg. : 15:25
3 Minuti di Lettura

Sulle telefonate selvagge fatte dai call center per vendere i più svariati servizi, da quelli telefonici alla tv satellitare, il giro di vite rischia di essere annacquato. Per capire, però, serve prima riavvolgere un attimo il nastro e tornare alle polemiche della scorsa primavera tra Matteo Renzi e il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, su una norma inserita nel disegno di legge sulla concorrenza che, secondo il garante della privacy Antonello Soro, permetteva alle società di disturbare anche chi si era iscritto al registro delle opposizioni, il data base nel quale chi inserisce il proprio recapito non può essere chiamato dai call center. Dopo qualche rimpallo di responsabilità, fu deciso di rinviare la soluzione del problema delle chiamate selvagge, ad un altro disegno di legge, quello sulla riforma proprio del registro delle opposizioni, firmato dal senatore Raffaele Ranucci. Il testo fu approvato al Senato. Quello che ne uscì fu un provvedimento decisamente garantista per gli utenti. I punti cardine erano, e sono, questi: al registro delle opposizioni possono iscriversi non solo i numeri telefonici «fissi», ma anche i cellulari, fino ad oggi esclusi. Del resto è sulle utenze mobili che arriva la maggior parte delle chiamate. Tutti gli operatori avrebbero dovuto utilizzare un prefisso unico, come avviene per esempio con la numerazione 800 dei numeri verdi commerciali. In questo modo chi riceve la chiamata, vedendo il prefisso, può decidere di non rispondere. Ma il punto principale era un altro. Il testo uscito dal Senato prevedeva una sorta di «reset», di azzeramento per tutti i consensi firmati nel tempo con gli operatori telefonici, elettrici, bancari, televisivi. L'idea, insomma, era che tutti ripartissero da zero. Il provvedimento, poi, è passato alla Camera, dove nei giorni scorsi è stato approvato in Commissione. Ora il provvedimento andrà in aula con la richiesta di un esame «in legislativa», ossia una corsia superveloce che blindi il testo. Che, intanto, è stato modificato.
 
Gli emendamenti approvati modificano alcuni aspetti centrali del testo licenziato dal Senato. Adesso l'iscrizione al registro delle opposizioni non cancella più tutti i consensi prestati, ma solo una parte di questi lasciando operativi quelli «prestati nell'ambito di specifici rapporti contrattuali». La frase è ambigua. Dovrebbe significare che non si annullano i consensi dati ad un operatore con il quale si ha un contratto in essere. In pratica, quindi, il «reset» dei consensi introdotto al Senato salterebbe. La conseguenza è che, anche chi si è iscritto al registro delle opposizioni potrà essere chiamato da tutte le società con le quali ha una utenza attiva. Che rappresentano comunque la maggior parte delle telefonate effettuate dai call center per il telemarketing.

Non solo. Le aziende potranno fare chiamate anche dopo che il contratto è stato cancellato per provare a far cambiare idea agli utenti. La modifica introdotta specifica che gli operatori avranno 30 giorni di tempo dopo che il contratto è cessato per provare a fare il cosiddetto winback.

Ma c'è un'altra norma che rischia di riportare indietro le lancette dell'orologio: quella sul prefisso unico telefonico per individuare le chiamate di telemarketing. Innanzitutto i prefissi diventano due: uno per le chiamate commerciali e un altro per le analisi di mercato. Fin qui tutto bene. Solo che la norma emendata, adesso dice che le compagnie possono anche usare, invece del prefisso unico, un numero identificabile e «richiamabile». Insomma, alla fine potranno essere gli stessi utenti che trovano magari una chiamata non risposta a contattare di persona il call center. Diabolico.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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