Tirrenia via da Napoli, stop alla linea Napoli-Catania

Tirrenia via da Napoli, stop alla linea Napoli-Catania
di Antonino Pane
Martedì 11 Febbraio 2020, 07:30
3 Minuti di Lettura
Tirrenia è al capolinea. Chiusura della storica sede di Napoli, trasferimento del personale, fermata anche la linea dei traghetti Napoli-Catania. A tutto risparmio, dunque, la compagnia che fa capo a Vincenzo Onorato in attesa, evidentemente, delle decisioni del governo circa la continuità territoriale con la Sardegna e le altre isole, che fino ad oggi ha beneficiato del contributo di 72 milioni di euro annui e che, come già annunciato, a luglio arriverà l'ultima erogazione prevista dal contratto di privatizzazione dell'ex compagnia pubblica. Cosa farà il governo? Continuerà a dare soldi agli armatori o, invece, come da più parti si chiede, agli isolani lo sconto dovrà arrivare direttamente sul costo del biglietto. Un bonus, dunque, che riguarderebbe solo i residenti sulle isole. E con queste prospettive all'orizzonte Tirrenia, evidentemente, comincia a tirare la cinghia. Far quadrare i conti è sempre più difficile ora che anche Moby, l'altra compagnia del gruppo ha i fari puntati addosso dalle banche spinte dai fondi sempre più assetati di certezze e, soprattutto, di bilanci in ordine.

LEGGI ANCHE Tirrenia via da Napoli, sciopero il 13 marzo 

È in questo scenario il ruolo di Napoli diventa ogni giorno più marginale. La protesta dei lavoratori di Tirrenia che chiamano a raccolta anche i marittimi al loro fianco, trova sulla strada un'altra decisione improvvisa: lo stop immediato alla linea di traghetti Napoli-Catania. Una decisione inaspettata che ha lasciato di stucco anche il presidente dell'Autorità di sistema portuale del mare Tirreno centrale, Pietro Spirito. «Senza alcuna comunicazione preventiva - dice Spirito - ed anzi in contraddizione rispetto a quanto affermato in una recente riunione tenutasi a Napoli presso l'Autorità di Sistema Portuale del mar Tirreno centrale, Tirrenia ha sospeso il collegamento di autostrada del mare tra i porti di Napoli e Catania. Si tratta di una decisione che arreca danno al tessuto economico regionale ed alla rete dei collegamenti marittimi meridionali. Accanto alla già annunciata decisione di chiudere la sede partenopea della società, questa iniziativa genera un effetto di deterioramento competitivo che si trasmette ad altri soggetti della comunità portuale. L'Autorità continuerà a vigilare avendo come obiettivo il miglior utilizzo delle infrastrutture portuali, per lo sviluppo dei traffici e dell'occupazione».
 

Vale solo la pena ricordare che queste linee sono state chieste da Tirrenia grazie alla disponibilità della banchina 21 lasciata libera dalla TtLine. Una banchina su cui, tra l'altro, c'è un'indagine aperta da parte della Procura che vede implicati anche i vertici dell'Adsp. Intanto suo ruolo di Tirrenia Napoli c'è anche da registrare una nota del deputato dem Piero De Luca che chiede al ministro dello Sviluppo economico di intervenire subito «con gli strumenti che ha a disposizione per evitare che si compia il disegno della proprietà di Tirrenia-Compagnia Italiana di Navigazione (Cin) di svuotamento dell'autonomia gestionale di Cin, portando nella sede di Milano della Moby i settori operativi della società. Una operazione che priverebbe Napoli del suo centro operativo e della possibilità di essere volano di sviluppo per le imprese e per l'indotto degli appalti per manutenzioni e forniture alle navi della flotta». De Luca, sulla vicenda ha presentato anche un'interrogazione parlamentare al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. «Il Mise - dice De Luca - deve convocare, con la massima urgenza, un Tavolo di confronto con i vertici della Tirrenia -Cin, le istituzioni locali e i sindacati. Quest ultimi - spiega De Luca - sono fortemente contrari a questo processo di riorganizzazione aziendale e hanno già proclamato lo sciopero nazionale di tutti i lavoratori dipendenti di Tirrenia-Cin per il prossimo 13 marzo, proprio per evitare il trasferimento forzoso dei 63 lavoratori da Napoli alle sedi di Milano, Livorno e Portoferraio». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA