Lussemburgo conclude quindi che il servizio fornito da Uber «deve essere considerato parte integrante di un servizio complessivo in cui l'elemento principale è un servizio di trasporto» e non un servizio digitale. Di conseguenza non si applica in questo caso la direttiva Ue sul commercio elettronico e nemmeno la direttiva servizi nel mercato interno. Per lo stesso motivo Uber non rientra neppure nella libera prestazione dei servizi in generale, ma nella politica comune dei trasporti. E finora, ricorda la Corte, i servizi di trasporto non collettivi in area urbana così come i servizi collegati quali Uber «non hanno portato all'adozione di norme comuni Ue sul fondamento di tale politica».
«Questa sentenza non comporterà cambiamenti nella maggior parte dei paesi dell'UE dove già siamo presenti e in cui operiamo in base alla legge sui trasporti - dichiara un portavoce di Uber -. Tuttavia, milioni di cittadini europei ancora non possono utilizzare app come la nostra. È arrivato il momento di regolamentare servizi come Uber, come anche il nostro ceo afferma, ed è per questo che continueremo il dialogo con le città di tutta Europa, con l’obiettivo di garantire a tutti un servizio affidabile a portata di clic».