Whirlpool, il manager chiude la porta: «A Napoli perdiamo, non bastano gli incentivi»

Whirlpool, il manager chiude la porta: «A Napoli perdiamo, non bastano gli incentivi»
di Francesco Pacifico
Mercoledì 26 Giugno 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:40
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«Apprezziamo lo sforzo del ministro Di Maio, ma non credo che da soli gli incentivi di natura finanziaria siano sufficienti per riportare il sito di via Argine alla sostenibilità». Parola di Luigi La Morgia, amministratore delegato in Italia di Whirlpool che al Mise, a margine dell'incontro con il vicepremier e i sindacati, è stato molto contestato dai dipendenti. «Non mi sono accorto delle proteste. Ma io li capisco, li rispetto: dal 31 maggio si sono trovati davanti a informazioni contradditorie. Io sono stato il direttore di quello stabilimento, so quanto sono professionali e posso assicurare loro che troveremo una soluzione».

La Morgia, i sindacati dicono che avete cambiato idea e potreste restare a Napoli?
«Noi, come abbiamo fatto all'incontro di ieri, abbiamo sempre detto che la fabbrica di via Argine non chiude, che ci muoviamo su due pilastri: non ci disimpegniamo e garantiremo la continuità produttività. All'ultimo incontro abbiamo aggiunto che siamo pronti a valutare tutte le possibilità e abbiamo chiesto e ottenuto dal ministro Di Maio di aprire una discussione di merito. Lui ci ha messo a disposizione anche i suoi tecnici».

Ma restate o no? Fino all'altro ieri pensavate solo a vendere.
«Abbiamo risposto a una specifica domanda sulla nostra presenza futura a Napoli, spiegando che siamo pronti a valutare tutte le opzioni, per assicurare l'occupazione al sito di Napoli. E ci sono tante possibilità: i sindacati hanno parlato di defiscalizzazione, il ministro Di Maio di supporto. Ma prima dobbiamo iniziare a discutere nel merito delle cose».

Appunto gli incentivi: Di Maio ha detto che lo Stato è pronto ad accollarsi le perdite di Napoli se voi restate.
«Il ministro ci ha offerto una soluzione, non è stato esplicito sul ripianare le perdite. Io come governo e sindacati - sono aperto verso tutto quello che è necessario per garantire l'occupazione e la continuità produttiva».
 
A Napoli dite di perdere 20 milioni all'anno. Se il Mise vi aiuta, perché non continuare a fare lavatrici a via Argine?
«Intanto noi non mai abbiamo chiesto aiuti. Apprezziamo lo sforzo del ministro e valuteremo l'ipotesi di mantenere la nostra presenza a Napoli, ma non credo che da soli gli incentivi di natura finanziaria siano sufficienti per riportare il sito alla sostenibilità. Quello che serve è un nuovo progetto, un nuovo prodotto».

Perché non lo fate voi?
«Perché abbiamo investito 100 milioni di euro nello stabilimento di via Argine e abbiamo visto in dieci anni dimezzare la produzione».

Ma non era uno stabilimento modello?
«Napoli ha una storia decennale, ma dal 2009 la sua produzione è passata da circa 700mila a 269mila pezzi. Accanto all'investimento di cento milioni abbiamo messo in piedi una serie di azioni commerciali che al momento non hanno portato risultati. Senza dimenticare che in tutto questo periodo il sito ha sofferto anche in termini occupazionali: le persone lavorano 6 ore al giorno per 8-9 giornate al mese, sono supportate da ammortizzatori sociali dal 2010».

Se Napoli va male da 10 anni, perché a ottobre avete firmato un accordo con il Mise che ne prevedeva il rilancio e a maggio annunciate la vendita?
«Ripeto, noi abbiamo parlato di riconversione. Poi da ottobre sono successe molte cose: complice la crisi internazionale negli ultimi 7 mesi le lavatrici prodotte a Napoli hanno visto un calo delle vendite del 26% a livello estero e del 19 a livello europeo, quando ipotizzavamo una crescita del 10%».

Di Maio dice che voi non rispettate gli accordi presi.
«Non è vero, perché noi abbiamo confermato l'investimento a livello nazionale di 250 milioni. Abbiamo solo segnalato le criticità nella realtà napoletana».

Dove finiranno i 17 milioni che dovevate investire a Napoli?
«Al tavolo tecnico ridiscuteremo come riutilizzare questi soldi su altri stabilimenti italiani».

Ma qual è il passo avanti registrato ieri?
«Il tavolo tecnico aperto dal ministro. Ci ha dato la disponibilità di rivederci al più presto».

Ieri il ministro Di Maio ha anche incontrato il presidente dell'area Emea, Gilles Morel.
«Richiesta legittima del vicepremier e Gilles si è presentato appena ha avuto una finestra libera per ribadirgli quanto è strategica l'Italia nei nostri piani».

Verrà l'ex direttore generale di Italcementi, Ferrario, a produrre in via Argine compressori per frigoriferi?
«Personalmente non conosco questo signore. Ma confermo che abbiamo delle offerte per lo stabilimento. Le valuteremo al tavolo tecnico con il ministro».

Crede davvero che qualcuno possa accollarsi 413 persone?
«Sì, se c'è un progetto serio e la voglia di tutti di imparare un nuovo mestiere. Dieci anni fa a Trento abbiamo ceduto uno stabilimento che realizzava frigoriferi, adesso c'è un'azienda che fa vetri: è in attivo e ha assorbito quasi tutti i posti di lavoro».

Intanto al Sud tutti le grandi aziende scappano.
«Non è questione di Nord e Sud.

Anche perché a Carinaro, nel Mezzogiorno, c'è il nostro polo Emea per i ricambi. I problemi di via Argine sono soltanto legati al mercato, a un prodotto che vende meno, non certamente alla capacità dei lavoratori o ai limiti del territorio».

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