di Lucia Calvosa*
Domenica 6 Dicembre 2020, 09:31
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Il gender pay gap è un tema essenzialmente di uguaglianza che, com’è noto, trova espressa tutela nell’art. 3 della Costituzione, e che è ora affermato anche tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.


Sottolineo questo profilo, apparentemente ovvio, per distinguere il problema del gender pay gap dal più generale tema del gender gap o, se si preferisce, della gender diversity che è funzionale al miglioramento della qualità del governo societario.


Quando invece si parla di gender pay gap si prospetta essenzialmente un vero e proprio tema di uguaglianza: a parità di lavoro deve essere riconosciuta parità di salario. Tuttavia ad oggi il divario retributivo di genere risulta essere intorno al 20% su scala mondiale. Sussiste quindi uno squilibrio persistente in tutti i Paesi, in tutti i settori e a ogni livello lavorativo. Da un recente studio del World Economic Forum, inoltre, risulta che la disparità retributiva potrebbe essere colmata solo tra 257 anni.


L'Italia è ancora molto indietro, sia per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile, sia per quanto riguarda il divario salariale. Stando al Global Gender Gap Report 2020, il nostro Paese risulta essere al diciassettesimo posto nell'Europa occidentale. Eppure uno studio di Banca d'Italia ha evidenziato che la piena occupazione femminile varrebbe 7 punti del nostro Pil.


La cultura della trasparenza in materia di retribuzione non è ancora abbastanza diffusa, tanto che mancano dati aggiornati relativamente al settore privato. Secondo i dati Eurostat 2018, il gender pay gap nel settore pubblico in Italia ammonterebbe al 4,1% (in buona posizione rispetto al resto d'Europa), mentre nel settore privato si supererebbe il 20%.


Il gender pay gap cresce poi col crescere del livello di istruzione formale: fra i laureati la differenza è del 32,8%, fra i non laureati è del 9,8%. Un recente studio ha però rilevato che, a parità di esperienza lavorativa, la tendenza si inverte, e il pay gap legato al genere diventa del 5,5% tra laureati e dell'8% tra non laureati.


Il disallineamento si evince anche sul piano delle ricchezze. Infatti, in ordine alla ricchezza immobiliare risulta che gli uomini possiedono il 15% in più delle donne; e per quanto concerne la ricchezza finanziaria, gli uomini possiedono il 35% in più delle donne.


A ottobre 2020 il Ministero dell'Economia ha pubblicato la Relazione sul bilancio di genere segnalando che il reddito medio delle donne è pari a circa il 59,5% di quello degli uomini a livello complessivo.

E la diversità dei redditi si riflette anche nel gettito fiscale, con una minore aliquota media per le donne.


Ne consegue anche un ostacolo nell'accesso al credito da parte delle donne dal momento che esse hanno redditi inferiori e posseggono meno beni utilizzabili a scopo di garanzia. In questo contesto non sorprende che la crisi generata dalla pandemia abbia colpito più duramente proprio l'imprenditoria femminile. I dati di Unioncamere indicano che tra aprile e giugno 2020 le iscrizioni di nuove aziende guidate da donne sono state oltre 10.000 in meno rispetto al medesimo trimestre 2019; e secondo i dati dell'Istat ci sono 470.000 donne occupate in meno rispetto al 2019. Si è quindi verificata una recessione al femminile tanto che è stato coniato un neologismo, quello di «She-cession».


Per quanto riguarda nello specifico la realtà di Eni, le politiche salariali sono definite secondo un modello integrato a livello globale e promuovono una progressione retributiva collegata a criteri meritocratici. Dal 2011 Eni monitora il gender pay gap pubblicando i relativi risultati in un apposito documento che viene allegato, su base volontaria, alla Dichiarazione Non Finanziaria. Da ultimo risulta che la remunerazione uomo/donna è uguale per il 98%: percentuale di cui andare fieri se si considera che in Italia ci si attesta intorno al 52,9%.

Dalla Dichiarazione Non Finanziaria di Eni, inoltre, si evince come la diversità sia considerata una risorsa per creare valore da salvaguardare e promuovere sia all'interno della Società sia nelle relazioni con gli stakeholders. Per essere reale, la parità di genere deve comprendere opportunità e servizi in grado di sostenere efficacemente le donne nel loro percorso di carriera. L'impegno di Eni in questa direzione è costante, registrandosi una crescita sempre maggiore del numero di donne che assurgono a ricoprire ruoli apicali di grande responsabilità.
Mark Twain diceva che «il segreto per andare avanti» e andare avanti per noi di Eni è un imperativo categorico secondo l'insegnamento di Enrico Mattei «è partire». E in relazione al gender pay gap Eni può senz'altro orgogliosamente dire di essere partita.

*Presidente Eni

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