di Vittorio Emanuele Parsi
Venerdì 17 Luglio 2020, 00:37
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L’allineamento dei pianeti sul futuro dell’Unione, come forse osserverebbe Branko, non appare dei più favorevoli. Nei prossimi giorni il Consiglio europeo dovrà riuscire a piegare le resistenze dei cosiddetti “Paesi frugali” (ovvero i “furbetti dell’Eurozona”), che non ne vogliono sapere non tanto e non solo di solidarietà europea, quanto di concedere alla Commissione la possibilità di condurre il gioco e dettare le regole sul Fondo per la ripresa. Come viatico di buon auspicio, 48 ore fa, la Corte di giustizia europea ha dato torto alla Commissione e ragione a Irlanda e Apple sulla questione del dumping fiscale. È la linea di resistenza di tutti quelli a cui un’Unione così com’è va benissimo, perché perfettamente funzionale ai propri interessi immediati. Che sia invalicabile come il Piave o aggirabile come la Maginot, dipenderà molto dalla Germania, che esprime la presidenza della Commissione europea e la presidenza del Consiglio europeo. Non capiterà mai più, fidatevi.

La tradizionale “leadership riluttante” della Germania nell’Europa postbellica è notoria ed è stata, se possibile, persino esaltata da Angela Merkel, che quando ha dovuto puntare i piedi (come nella crisi greca) o fuggire in avanti (come nell’emergenza dei profughi siriani), lo ha costantemente fatto avendo ben chiara la gerarchia tra interessi tedeschi e interessi europei. 

La “visione” ha sempre difettato alla Cancelliera e la sua dote politica migliore è la capacità di temporeggiare e arroccare, non certo quella di trascinarsi dietro la squadra con il sacrificio dell’esempio e la forza dell’impeto. Ma in questo caso Merkel sa che un fallimento sarebbe un disastro intollerabile per la Germania (oltre che per l’Italia, la Francia, la Spagna). Merkel sa anche di essere a fine corsa, e che Ursula von der Leyen è invece a inizio mandato. Anche questo è un allineamento planetario, ma forse favorevole a quel balzo in avanti di cui l’Unione ha bisogno per non naufragare, perché potrebbe spingere la Cancelliera a considerare che proprio il consolidamento della posizione di von der Leyen rappresenterebbe, contemporaneamente, la miglior garanzia degli interessi tedeschi e del futuro dell’Unione. E non ci sono alternative.

In questo dobbiamo confidare anche noi italiani, in una fase storica in cui i sovranisti ruspanti (e talvolta inquietanti) e quelli più scaltri (ma non meno pericolosi per il destino della Ue) sembrano prevalere su chi ritiene che così com’è l’Unione proprio non va. Dobbiamo scommettere sulla scaltrezza politica e sulla capacità di calcolo di Merkel, non sulla sua visione. E a chi blatera di “troika”, dovremmo opporre una semplice considerazione: in un’Europa più sovranista l’Italia, per le sue croniche debolezze, è destinata a pesare di meno che in un’Europa federalista. Parlo di tendenze, ovviamente, considerando com’è flebile e incerta la spinta verso un’Unione più solida e audace. Ma l’abilità dei nocchieri si vede con i venti deboli: tutti fenomeni con i venti robusti e costanti. Nell’Europa attuale, delineata dalle sentenze della Corte e dalle manovre dei sovranisti furbetti, occorre tanta audacia quanta perizia. Pensando a Merkel, sulla seconda possiamo contare, la prima va invece sostenuta e alimentata. 

Dobbiamo soprattutto concepire il tandem Merkel-von der Leyen come un primo raggruppamento da cui ripartire, un perno per una leva, e dobbiamo chiedere a Merkel di esercitare la sua autorevolezza e spendere tutto il peso della Germania a favore di un’azione decisa verso il nostro futuro comune. Merkel può più facilmente fare la differenza proprio perché c’è von der Leyen: la persona di cui maggiormente si fida. Ma sta a lei piegare la resistenza dei Paesi della “area del marco” che fu. Se non altro, la Brexit, e persino le derive reazionarie di Polonia e Ungheria, ci hanno messo sotto gli occhi che l’equivoco sul futuro dell’Unione, e ancor più sulla sua natura, si annida in realtà nel cuore del suo nucleo originario, i sei “fondatori”: è lì che va sciolto. E solo la Germania ha la forza per farlo. 
Quella che si gioca nelle prossime 48/72 ore sarà veramente la partita decisiva per l’Europa, pari solo a quella della caduta del Muro e della riunificazione tedesca. Ma questa volta la Germania dovrà dimostrare capacità di leadership collettiva. Non si tratta più di essere disponibili a concessioni rassicuranti verso grandi potenze e vicini sospettosi. 
Non siamo più alla gestione del passato e delle sue ingombranti eredità, ma alla scommessa sul futuro e alle sue gigantesche responsabilità. Coraggio Angela, stupisici!
 
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