di Marco Gervasoni
Giovedì 25 Ottobre 2018, 00:27
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Altro che «bocciatura della manovra». Bastava farsi un giro in strada e parlare con i cittadini per capire che il tema del giorno ieri è stato la morte di una ragazzina (a sedici anni ancora si può chiamare così), Desirée. Ai romani in particolare, più che Moscovici e compagni fanno infatti paura l’umanità, per così dire, brulicante nei pressi dell’edificio fatiscente di via dei Lucani: clandestini, pusher, tossicodipendenti, mendicanti, più i soliti agit prop dei centri sociali e dei cosiddetti movimenti della casa, pronti in ogni momento a sfruttare il degrado per ottenere potere e far emergere i loro capetti. 

Va bene che siamo abituati a tutto, e che il degrado nella capitale è pressoché ovunque, non solo nelle centinaia di edifici occupati illegalmente che costellano l’urbe, da fuori il raccordo anulare fino al pieno centro storico. Ma la morte di una ragazzina a opera di un gruppo, di immigrati clandestini o di italiani poco importa, è qualcosa che supera il segno. Ora basta.
 
Il ministro dell’Interno Salvini si è recato in visita sul luogo del delitto: e se le contestazioni dei soliti noti erano prevedibili, era meno scontato che il residuo popolo romano rimasto a San Lorenzo, quartiere storicamente rosso e operaio della capitale, parteggiasse per Salvini e inveisse contro i suoi contestatori, magari neppure residenti lì.

Ma cosa dicevano questi sanlorenzini furibondi? Dicevamo: ora basta. Allo spaccio diffuso, all’illegalità, alla violenza, al degrado, a cui contribuisce anche l’immigrazione incontrollata, frutto delle politiche scellerate degli ultimi anni.

Chiedevano il pugno di ferro. La ruspa. E che ruspa sia, allora, e non solo metaforica. Ci vuol ben altro che vietare l’alcol dopo le 21! Chi vive a San Lorenzo può testimoniare dell’avvilimento degli ultimi dieci anni di un quartiere che è sempre stato un po’ particolare, vagamente bohemien e non certo borghese: ma non la cloaca massima che ora è diventata. 

Di questo degrado sono responsabili assieme le giunte comunali e chi sedeva al ministero dell’Interno, che hanno lasciato la ferita diventare putrescente. Ma di San Lorenzo ve ne sono tanti a Roma, come ha un po’ comicamente ammesso la stessa sindaca. In periferia vi sono zone in cui gli stessi carabinieri temono ad entrare, mentre basta allontanarsi pochi passi da San Lorenzo per arrivare a Piazza Vittorio, vedere la sua splendida architettura umbertina immersa in un orrore senza pari, in cui in ogni momento può avvenire un altro caso Desirée.
La ruspa vuol dire anche pugno di ferro nei confronti dei cosiddetti stabili occupati, che non sono una piccola parte del problema. La continua tolleranza nei confronti di tali abusi è un manrovescio in pieno volto al diritto di proprietà, senza il quale non può esserci sicurezza, e uno sberleffo a chi avrebbe bisogno di un domicilio ma non intende sottostare al racket dell’illegalità dei cosiddetti movimenti della casa. 

Non bastasse questo, i palazzi occupati sono spesso microcosmo di disperati, di disgraziati, di criminali, di una umanità dolente ma pericolosa, in primis per quei cittadini che hanno la sfortuna di abitare nei paraggi. Con il precedente ministro dell’interno ci eravamo illusi che qualcosa fosse cambiato. Ma è passato più di un anno da piazza Curtatone e nulla è accaduto. Peggio ancora, dalla giunta comunale non sono venuti segnali di collaborazione e anzi il vicesindaco Bergamo ha dimostrato grande trasporto sì, ma per la causa degli… occupanti, almeno per quelli del palazzo Inpdap dell’Esquilino. 

Il cosiddetto decreto sicurezza voluto da Salvini prevede un inasprimento delle pene per chi organizza le occupazioni e un’immediata procedura di sgombero dopo la sua approvazione. Staremo a vedere: e ovviamente ciò dovrà valere per tutti, per edifici occupati da clandestini come per quelli dei centri sociali, di estrema sinistra come di estrema destra. Raggi non può vestirsi da pasonaria chiedendo lo sgombero di Casa Pound e però poi tollerare tutto il resto, né il ministro dell’interno può chiudere un occhio nel senso (politico) inverso. 

Sarebbe però necessario, prima dell’approvazione del decreto, che i cittadini romani, onesti e perbene, assistano a un gesto forte: a dimostrazione che lo Stato li protegge, e non solo a parole. 
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