Pizza al Coronavirus, non è solo gaffe: il segnale anti-italiano da arginare

Pizza al Coronavirus, non è solo gaffe: il segnale anti-italiano da arginare

di Mario Ajello
Mercoledì 4 Marzo 2020, 08:08 - Ultimo agg. 15:51
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Guai a reagire dicendo: ridateci la Gioconda! E serve calma e gesso di fronte all’ennesima provocazione che viene dalla Francia. E che usa uno stereotipo per niente originale - l’identificazione del nostro Paese nella pizza - per infierire in un momento difficile. La pizza al Coronavirus del video di Canal+ è una trovata disgustosa. Fa il paio perfino in peggio, in un asse franco -tedesco, con quella famosa copertina di Der Spiegel in cui si raffigura un piatto di spaghetti sormontato da una pistola della mafia. E conferma questa trovata, sull’italico pizzaiolo che infetta un’inguardabile simil-margherita, quel tic e quella nevrosi per cui appena si può il nostro Paese va bersagliato da Oltralpe. C’è stata la copertina di Charlie Hebdo che prendeva in giro terribilmente il crollo del Ponte Morandi.

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Per non dire degli sfottò francesi sulla tragedia di Rigopiano, con la battuta: “In Italia è arrivata la neve”. Con l’ironia che sembra mancare ai nostri censori, si potrebbe rispondere loro - a proposito del video boomerang della tosse e dello sputo virale del pizzaiolo sulla pizza appena fatta - ricordando un motto napoletano che dice così: “Nun sputà ‘n cielo che ‘n faccia te torna”. I francesi autori del video di Canal+ lo traducano e così capiscono forse l’errore che hanno fatto. E’ intervenuto ilministro degli Esteri Di Maio e ha fatto bene. Sono partite proteste d’ogni tipo ed è giusto così. E infatti il possibile caso diplomatico si è chiuso con tante scuse da parte francese prima ancora che lievitasse nel forno a legna delle polemiche internazionali. Per smontare l’improvvido attacco clinico-politico-gastronomico si sarebbe potuto anche rammentare ai francesi, che ai loro miti nazionali tengono assai, al punto da sminuire quelli degli altri, che una delle prime e più entusiastiche descrizioni della pizza si deve ad Alexandre Dumas (padre) che fu a Napoli nel 1835 e la inserì tra le meraviglie delle sue Impressions de voyage. Ma più che sulla letteratura, in questo caso bisognerebbe andare sul sodo. Ovvero è inaccettabile vedersi descritti come untori. Anche perché, come diceWalter Riccardi, il super consulente del ministro della Salute, “in Italia sono stati fatti più test per far emergere lamalattia,mentre altri si sono comportati diversamente.
 



E quella che noi chiamiamo Convid19 i francesi e i tedeschi la chiamano semplice influenza”. Ciò che appare chiaro è che l’episodio del video-pizza è la spia, insieme alle porte d’Europa chiuse in faccia agli italiani considerati appestati, di quanto la pulsione oscurantista di affibbiare la lettera scarlatta delmorbo a un popolo che non se lamerita, e che con quel morbo sta lottando più e meglio di altri, stia diventando una sindrome di cui preoccuparsi. Nessun piagnisteo, per carità, e vade retro vittimismo. Si tratta soltanto di constatare che si cerca ogni pretesto, per fare dell’Italia ilmalato d’Europa, per debilitarne il rango, per colpevolizzarla invece di comprenderne il travaglio e inserirlo in una situazione di rischio che riguarda tutti e che non ha caratteristiche nazionalima purtroppo globali. È improprio oltre che miope sfruttare l’epidemia per mettere l’Italia in una posizione di subalternità, che fa comodo ai nostri partner, addirittura esponendola al pubblico ludibrio che rischia di alimentare forme di razzismo. Alla fine del girone infernale, oltre a tutti i problemi di risalita dal collasso economico, dovremo così vedercela anche con il danno di immagine che è stato procurato al nostro Paese e con tutte le difficoltà connesse alla ricostruzione della dignità nazionale. Che non avrebbe nulla da rimproverarsi, ma tanto da rimproverare a chi sta cercando di sbrecciarla. C’è un libro appena uscito - “I nemici degli italiani”, dello storico Amedeo Feniello, editore Laterza - in cui si legge: “I francesi erano nemici antichi. Cuginima fino a che punto? Come ogni parente che si rispetti c’erano affinità con gli italiani,ma verso di essi anche tanti, tantissimi, pregiudizi maturati nel tempo e cresciuti con la storia”. Sarebbe ora di finirla e di dire: e che pizza!

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