di Osvaldo De Paolini
Venerdì 20 Marzo 2020, 00:11 - Ultimo agg. 11 Novembre, 15:32
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Può darsi, come sostiene qualche economista avveduto, che dopo l'intervento notturno della Bce i giorni più lunghi delle Borse europee e dello spread italiano siano alle spalle. Il che non significa che in poco tempo tutto tornerà alla normalità. Anzi, visto il drammatico blocco imposto alle economie di gran parte del mondo industriale a causa del virus, qualche nuovo scivolone è da mettere in conto. Soprattutto in relazione alla pressoché totale assenza di visibilità che oggi si ha della durata e dell'estensione della pandemia in corso.

E tuttavia, la quantità di risorse messe in campo e il linguaggio usato da diversi esponenti del board Bce intervenuti ieri mattina per rafforzare l'idea che d'ora in poi nessun limite frenerà l'azione dell'Istituto, sono segnali potenti a presidio dell'euro e delle economie europee. Segnali da non sottovalutare per più motivi.

Perché rivolti agli investitori istituzionali che dovranno riportare equilibrio nei loro portafogli, ma ancor prima rivolti alla speculazione ribassista più aggressiva, affinché abbia chiaro che nessuna esasperazione verrà tollerata. Con Mario Draghi alla guida della Bce il messaggio funzionò, con grande beneficio per l'economia europea; l'auspicio è che quel successo possa oggi ripetersi, anche se purtroppo molto in questi otto anni è cambiato.

A cominciare dal grado di credibilità di colei cui è affidata la guida della Bce, perché è innegabile che l'annuncio dell'altra notte non è solo la risposta alle anomalie di un mercato europeo fuori controllo, ma soprattutto il tentativo di porre riparo al gravissimo errore sullo spread della presidente Christine Lagarde. Si dirà: meglio tardi che mai. Naturale, ma chi riparerà il grande danno procurato al nostro Paese, e all'Europa in generale, da questa nemica dell'Italia? Ci vorranno settimane, forse mesi per recuperare lo strappo provocato dalle parole dell'ex avvocato d'affari francese («Non è compito della Bce chiudere gli spread»), che non è chiaro se dettate dall'imperizia o più semplicemente da suggerimenti interessati venuti dai banchieri del Nord, visto che da anni quella frase è il loro manifesto contro i Paesi che hanno un debito elevato.

E qui s'innesta la seconda questione aperta: l'autonomia di chi guida la Bce. Un bastione che Draghi ha sempre orgogliosamente difeso di fronte alla Bundesbank e ai suoi satelliti, ma che dopo il suo addio sembra striato da pericolose crepe. Perché se rispondono al vero le indiscrezioni che circolano sulle prime riunioni del board guidato da Lagarde, è forte il sospetto che l'ex ministra del governo Sarkozy si sia velocemente adeguata - per opportunismo, si presume - al pensiero unico professato da Jens Weidmann, il governatore della Banca centrale tedesca della quale Lagarde sarebbe in un certo senso divenuta ostaggio. Né, per quanto potente, il suo «whatever it takes» gridato nella notte - una plateale ammissione di colpa, visto che giovedì scorso si era detta assolutamente contraria a replicare il bazooka di Draghi - riesce a convincere del contrario, visto che un'azione tanto energica nasce anzitutto sulla spinta quasi intimidatoria di ben tre cancellerie (Roma, Parigi e Madrid), alle quali da ultima si è aggiunta quella tedesca con Angela Merkel scesa in campo personalmente, convinta che la situazione sia davvero emergenziale e soprattutto non causata da scelte insensate di qualche governo. A maggior ragione, dunque, vale interrogarsi sull'opportunità che la signora Lagarde completi il suo mandato alla guida della Bce.

Non ci preoccupa la caduta temporanea delle Borse: come spesso è accaduto nel passato, con i mesi e gli anni anche i crolli peggiori verranno riassorbiti. Dunque, possiamo accettare l'eruzione finanziaria, attendere che la cenere sollevata si posi e ci consenta di scrutare nuovamente l'orizzonte con maggiore serenità. Ma per farlo deve esserci luce, trasparenza. E soprattutto la certezza che chi ha il compito di tutelarci da eventi gravi e non prevedibili anteponga l'interesse generale alle proprie ambizioni.
 

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