Il ruolo di Conte/ Il piano contro la Turchia che danneggia il nostro Paese

Il ruolo di Conte/ Il piano contro la Turchia che danneggia il nostro Paese

di Alessandro Orsini
Venerdì 21 Agosto 2020, 00:00 - Ultimo agg. 00:27
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L’Italia deve stare attenta perché i suoi interessi nazionali sono a rischio. Nel Mediterraneo orientale si sta profilando uno scontro pericoloso. Francia, Grecia, Egitto, Israele e Cipro stanno costruendo una alleanza politica e militare contro la Turchia. Il 13 agosto scorso il presidente francese Macron ha inviato due caccia Rafale e la fregata “Lafayette” per proteggere la Grecia e ha avviato, sempre in funzione anti-turca, un accordo di cooperazione militare con Cipro, oltre a condurre esercitazioni al largo dell’isola di Creta. 

Macron vorrebbe anche che la Nato si schierasse contro la Turchia, di cui fa parte dal 1952, e che l’Unione Europea imponesse sanzioni contro Erdogan. La reazione del governo Conte sarà un banco di prova per valutare la maturità politica dell’Italia. 

Gli italiani sono infatti giunti alla conclusione che la guerra contro Gheddafi fu un errore e, non a caso, i suoi sostenitori restano nell’ombra. Non ci sono politici che dicano: «Mi sono battuto per l’intervento militare in Libia nel 2011». Tutto ciò che sappiamo è che la Francia volle fortemente quella guerra, dannosissima per l’Italia. Oggi gli italiani stanno commettendo un errore analogo nel Mediterraneo orientale.

Cioè nella zona calda dove la Francia e la Turchia rischiano uno scontro militare. Come accadde nel 2011, gli italiani sono animati dalla stessa ingenuità: da una parte c’è un leader musulmano e dall’altra c’è un bravo cristiano. «Abbasso Erdogan» e «abbasso Gheddafi» sono due slogan identici, che nascono dallo stesso limite culturale degli italiani: il limite di un Paese che ha perso il cinismo della prima repubblica, indispensabile per guidare uno Stato nell’arena internazionale. 

Una strategia proficua può scaturire soltanto dalla freddezza, che nasce dal distacco emotivo. Poste simili premesse, possiamo porci la domanda: che cosa conviene fare all’Italia nel Mediterraneo orientale? La risposta è che all’Italia conviene la pace, purché sia chiaro che il pacifismo italiano è sano se è figlio del realismo e non dell’idealismo. La guerra è da ripudiare perché impedisce all’Italia di avere un ruolo di primo piano nelle dinamiche internazionali, per tre ragioni principali. 

La prima è che l’Italia non può partecipare alle guerre per un divieto costituzionale. La seconda è che il parlamento ha approvato una legge, nel luglio 1990, che impedisce all’Italia di vendere armi ai Paesi in stato di conflitto armato e questo fa sì che i Paesi in guerra si disinteressino dell’Italia, che niente può fare per loro quando parlano i fucili. La terza ragione è che la Chiesa cattolica è un’enorme contropotenza politica e culturale, che destabilizzerebbe qualunque governo interventista. 

Le conseguenze sono davanti agli occhi: nel momento in cui il generale Haftar ha attaccato Tripoli, l’Italia, non potendo partecipare alla guerra in alcun modo, si è completamente eclissata in Libia, mentre la Turchia e l’Egitto hanno assunto un ruolo di primo piano. Allo stesso modo, se la Francia scatenasse un conflitto con la Turchia nel Mediterraneo orientale, l’Italia sarebbe tagliata fuori dalle dinamiche politiche più importanti.

Il problema è proprio questo: obnubilati dai sentimenti, gli italiani non vedono che Macron sta contribuendo a militarizzare il Mediterraneo orientale, mentre è interesse nazionale dell’Italia operare per trovare un accordo che consenta alla Turchia di condurre le esplorazioni per il gas nei pressi di Castellorizo e non solo. 

All’Italia non serve fare il tifo per la Francia contro Erdogan, perché, nel 1571, i turchi si scontrarono con le forze cristiane a Lepanto. Quella battaglia non è utile per comprendere quali siano gli interessi dell’Italia nel Mediterraneo nel 2020 e il fatto di richiamarla di continuo dimostra l’immaturità politica di un Paese intero. 

In questa fase precisa, L’Italia dovrebbe difendere la Turchia, così come Macron ha difeso il generale Haftar quando bombardava il governo di Tripoli, sostenuto dall’Italia. Uno Stato non si conduce in base alle simpatie e nemmeno in base a quello che è accaduto cinquecento anni fa. La Francia sta costruendo, con Grecia, Israele, Egitto e Cipro, un’alleanza politica e militare contro la Turchia in un mare che, geograficamente, è molto più italiano che francese, e questo è decisamente contrario agli interessi nazionali dell’Italia. 

Il governo Conte dovrebbe opporsi alle richieste francesi di imporre sanzioni contro la Turchia da parte dell’Unione Europea. Nel 1986, Craxi disse agli americani: «Non voglio nessuna guerra a casa mia» e la guerra in Libia non ci fu. Allo stesso modo, Conte dovrebbe dire ai francesi: «Non voglio nessun conflitto con la Turchia». I capi politici sono tenuti a sfidare il senso comune per proteggere gli interessi dello Stato. 

Oggi il pensiero comune vede con favore uno scontro con Erdogan, quasi si esalta davanti alla sua eventualità, ma il pensiero comune è un pensiero non pensato, che non riflette sulle conseguenze perché non conosce le premesse. Il governo Conte deve condurre una politica più assertiva in favore della pace nel Mediterraneo. 

orsini@mit.edu
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