di Massimo Martinelli
Sabato 5 Dicembre 2020, 00:10
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Per una volta passiamo la mano. Che siano loro a raccontare quali sono i valori, le pulsioni, i modelli di vita per un ragazzo che vive il meraviglioso periodo della vita che si chiama adolescenza. E che avrebbe potuto essere nei panni di Emanuele Morganti o di Willy Monteiro, oppure in quelli assai più scomodi dei ragazzi che li hanno uccisi. Stessa età, stessi luoghi di infanzia, di ritrovo, di primi amori, di prime scommesse sulla vita. Che siano loro, in presa diretta, a raccontarcelo. 

Nella speranza che i propositi migliori diventino esempio da seguire e spunto di riflessione. L’idea di stimolare un concorso letterario intorno alle figure di Emanuele Morganti e Willy Monteiro Duarte è nata pensando a cosa potesse fare un grande quotidiano per mantenere vivo il ricordo di due storie terribili come le loro. «Dobbiamo fare in modo che se ne parli, che le parole diventino riflessione. E che la riflessione incida sui caratteri della crescita dei ragazzi di quella età».

Per questo era necessario che parole e pensieri non fossero più quelli degli ottimi cronisti che hanno descritto quelle vicende: «Sono i ragazzi a dover parlare e a pensare». 

E allora eccoci qui, pronti a raccogliere le loro riflessioni. Ne sceglieremo tre al mese, per tre mesi. Ma le pubblicheremo tutte. Alle migliori andrà un riconoscimento simbolico, un tablet utile soprattutto in questi tempi di didattica a distanza, con l’abbonamento digitale al Messaggero. Ma il premio più importante, per loro e per tutti gli altri, sarà quello di sapere che avranno fatto qualcosa per convincere altri ragazzi come loro che la violenza, la prevaricazione, la voglia di sottomettere il prossimo e di marcare il dominio su realtà piccole o grandi, non sono i percorsi migliori per costruirsi un futuro. E che sia questa l’ingombrante eredità che Emanuele e Willy lasciano ai ragazzi come loro.
 

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