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Enrico Vanzina
Enrico Vanzina

Superlega, la rivoluzione al contrario dei club indebitati

Superlega, la rivoluzione al contrario dei club indebitati
Superlega, la rivoluzione al contrario dei club indebitati
di Enrico Vanzina
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 20 Aprile 2021, 00:21 - Ultimo agg. : 19:18
4 Minuti di Lettura

Credo che il presidente del Consiglio Mario Draghi, dichiarando che intende «sostenere con determinazione le autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport», abbia sintetizzato in maniera perfetta il sentimento di chi ama il calcio di fronte alla prepotente offensiva di alcuni club i quali hanno deciso di aggregarsi autonomamente, creando di fatto una Superlega di stampo elitario. 

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Le squadre italiane che hanno preso questa sciagurata decisione sono la Juventus, l’Inter e il Milan. Inutile dire che, nel corso della nostra vita, noi tifosi delle altre squadre, per esempio qui nella Capitale noi tifosi romanisti e laziali, siamo da anni abituati alla prepotenza di questi mega club del Nord, assetati di successo, di scudetti, votati ad annullare la concorrenza sportiva con tutta la loro forza e il loro potere. 

Eppure, qualche inciampo lo hanno dovuto subire anche loro: retrocessioni, scandali, corruzione, partite truccate, furti di stelle tra di loro. Una gazzarra squallida che non fa onore a chi si sente in cima tra le vette lucenti dello sport. Ma lasciamo stare. Così come lasciamo stare il loro atteggiamento nel valutare errori o sviste arbitrali, nel minimizzare evidenti “aiutini” dei direttori di gara, nel trattare con la stampa, nel fare campagne acquisti per svuotare le rose dei concorrenti deboli. 

È una storia lunga, infinita, dolorosa per chi ha visto troppo spesso trionfare sul campo l’ingiustizia sportiva coadiuvata dal potere. Lo diciamo con convinzione, senza nulla togliere ai loro moltissimi meriti dovuti, spesso in maniera limpida, alla solida organizzazione e alla buona gestione dei loro club e al talento dei loro campioni.

Stavolta però, esagerano. Sbagliano. Si mettono dalla parte di chi ha torto. Torto marcio. Già non erano molto simpatici, così diventano odiosi. La cosa grave è che diventano odiosi perché hanno perso totalmente il contatto con il senso del gioco del calcio. Uno sport popolare. Loro, invece, pensano che il calcio non sia lo sport del popolo ma quello delle élite.

Una rivoluzione paradossalmente al contrario: sulle barricate non ci sono i poveri, ma i ricchi. Mai vista una roba del genere nella storia dell’umanità. Fa talmente pena che fa quasi ridere.

Sugli spalti delle nostre curve, già da anni, i tifosi mostravano striscioni nei quali condannavano questo calcio che si è votato al business e basta. Dimenticando la passione, l’appartenenza, la storia. Spesso in quelle stesse curve sono usciti striscioni poco edificanti. Ma quelli sul degrado del calcio venduto al denaro non lo erano. E oggi ne paghiamo il conto. 

E ha ragione Mario Draghi a voler vigilare su questa definitiva stortura in rampa di lancio. Non è solo una battaglia che riguarda lo sport, è una battaglia che riguarda il modo di immaginare la società futura. Dove la globalizzazione delle multinazionali potrà portare vantaggi, ma va circondata da paletti a salvaguardia della libertà d’impresa, di fruizione, della libertà dei più piccoli nel poter continuare a sognare. 

Le regole antiche talvolta possono essere migliorate. Ma quando vengono stravolte, non in nome di un ideale condiviso, ma dalla sete di potere, provocano disastri. In politica avviene con le dittature. Quello che però i nostri club scissionisti non ricordano è che lo sport è l’esatto contrario della dittatura politica. E’ la democrazia compiuta della diversità, del merito, delle vere pari opportunità e della civile convivenza. Invece di leggere i contratti delle banche d’affari, i nostri condottieri delle big dovrebbero rileggere la carta olimpica.

Poi, se andrà in questo senso sciagurato di scissione epocale, ce ne faremo una ragione. Senza di loro il campionato se lo giocheranno la Lazio, la Roma, il Napoli e l’Atalanta. Vinca la migliore. Comunque, tutte e quattro matematicamente in Champions League. Facciamoci un pensierino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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