di Romano Prodi
Lunedì 31 Dicembre 2018, 00:58
4 Minuti di Lettura
Non so quanto ci si indovini ma, nell’ultimo giorno dell’anno, è quasi obbligatorio cercare di prevedere come sarà il prossimo. Se non altro per prepararsi in anticipo a riflettere sulle cose che poi accadranno.
Voglio prima di tutto partire con una nota di ottimismo controcorrente: con ogni probabilità non vi saranno conflitti mondiali e, forse, assisteremo ad una diminuzione di quelli regionali, che pure hanno portato tragedie devastanti negli ultimi anni.

Non si può certo parlare di pace in Medio Oriente ma, almeno, stiamo assistendo ad una attenuazione delle tragedie in Iraq e Siria e si apre perfino qualche spiraglio nel conflitto yemenita che, pur trascurato dai media occidentali, ha provocato morti e sofferenze che hanno ben pochi termini di confronto. 
Nulla di nuovo invece nelle eterne tensioni fra sciiti e sunniti nel mondo musulmano e fra israeliani e palestinesi, come non vi saranno progressi sostanziali nella lotta contro il terrorismo che, addirittura, non cesserà di espandersi ulteriormente in Africa e, soprattutto, nel Sahel, rendendo ancora più difficili le possibilità di progresso economico di questa regione.

Riguardo ai conflitti che più toccano l’Italia il quadro è contrastante: non possiamo che essere felici per lo scoppio della pace fra Etiopia ed Eritrea.

Una pace che arriva dopo vent’anni di conflitti. Ma siamo nel contempo costretti a constatare come i sette anni della guerra di Libia sembrano prolungarsi anche nel 2019, con le inevitabili conseguenze negative riguardo ai fenomeni migratori verso il nostro Paese.

Se i conflitti armati possono avere qualche tregua, la guerra per la supremazia fra Stati Uniti e Cina si intensificherà, puntando non solo sulle tariffe ma operando soprattutto nel campo scientifico e tecnologico. I prossimi scontri riguarderanno in primo luogo le università e le imprese più avanzate, con reciproche ritorsioni sulle loro attività e sui loro ricercatori. In questo campo ne vedremo di tutti i colori, così come si intensificheranno le tensioni nei confronti dei nuovi dominatori dell’economia mondiale, come Google, Apple, Alibaba, Facebook, Alipay, Tencent, Amazon e gli altri pochi colossi che, accumulando risorse senza precedenti, stanno sconvolgendo la distribuzione della ricchezza in tutto il pianeta, contribuendo in modo sostanziale a frammentare il mondo del lavoro e ad acuire la distanza fra ricchi e poveri. Credo proprio che, nel prossimo anno, le reazioni di fronte a questo processo aumenteranno di dimensione e di intensità, mentre non vedo ancora arrivare la necessaria rivoluzione nel campo ambientale. 

I vertici di Parigi e di Wroclaw hanno inondato il mondo di parole e di espressioni di buona volontà che non si sono tradotte e non si tradurranno in impegni vincolanti. In mancanza di un’autorità mondiale in grado di imporre nuovi comportamenti, l’inquinamento continuerà infatti a progredire così come continuerà ad aumentare il numero delle centrali elettriche alimentate a carbone.

Il 2019 sarà anche l’anno della Brexit e delle elezioni europee. Quanto alla Brexit le previsioni sono incerte: la confusione Oltremanica ha raggiunto livelli inimmaginabili ed è ancora difficile dire se vi sarà una rottura violenta o una separazione concordata. Mi espongo tuttavia nell’escludere la prospettiva di una ripetizione del referendum, anche se quest’ipotesi sta prendendo sempre più piede in Gran Bretagna. Penso infatti che la ripetizione di un referendum, che ha visto votare la gran parte dei cittadini dopo un’accesa campagna elettorale, sia un’impresa ardita anche per un Paese profondamente pragmatico come la Gran Bretagna. 
A loro volta le elezioni europee vedranno certo un’ascesa dei partiti “populisti” ma non sufficiente per modificare in modo radicale le strutture di potere, anche se i partiti tradizionali non sembrano in grado di mettere in atto i cambiamenti necessari per rendere le istituzioni europee capaci di rinnovarsi. Se questi partiti non cambieranno i loro comportamenti, la loro scomparsa sarà solo rimandata. 

Ancora più complicato si presenta il 2019 nei riguardi della politica italiana anche se, probabilmente, le complicazioni si materializzeranno solo nella seconda parte dell’anno. La legge finanziaria ha infatti rinviato molti tra i problemi più spinosi e ben poco potrà essere cambiato prima delle elezioni europee, dopo le quali non solo si definirà un nuovo assetto politico ma dovranno essere affrontate le esistenti incompatibilità fra gli obiettivi e le risorse finanziarie. Un processo complicato perché, più analizzo l’andamento della congiuntura internazionale e le conseguenze dei provvedimenti nazionali, più mi convinco (sempre nella speranza dì sbagliarmi) che la nostra crescita non sarà superiore allo 0,5%, complicando così il raggiungimento dei molti obiettivi previsti dal programma di governo.

Fortunatamente, proprio in chiusura di quest’anno, il Presidente della Repubblica ha solennemente premiato trentatré cittadini che hanno silenziosamente dedicato la propria vita a servizio degli altri. Speriamo che, come dice la Bibbia a proposito di Sodoma e Gomorra, bastino pochi giusti a salvare la Città. La nostra speranza si accresce perché sappiamo che sono tanti gli italiani impegnati a costruire un nostro migliore futuro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA