Nicola Zingaretti a Controcampo: «Questa destra è ingiusta. Aborto, diritto a rischio: più tutele per le donne»

Il governatore del Lazio, candidato alla Camera: «La flat tax aumenta le diseguaglianze»

Nicola Zingaretti a Controcampo: «Questa destra è ingiusta. Aborto, diritto a rischio: più tutele per le donne»
Nicola Zingaretti a Controcampo: «Questa destra è ingiusta. Aborto, diritto a rischio: più tutele per le donne»
di Massimo Martinelli e Barbara Jerkov
Martedì 20 Settembre 2022, 00:41 - Ultimo agg. 15:18
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La vicenda tragica delle Marche ci ricorda una volta di più che la questione climatica è centrale e non più rinviabile. Invece in questa campagna elettorale non se n’è parlato o quasi. È perché i temi ambientali non portano voti, presidente Nicola Zingaretti?
«C’è l’illusione che non riguardi noi, e invece ci riguarda tutti», risponde il governatore del Lazio, candidato alla Camera nel collegio plurinominale Lazio1. «La distruzione legata ai cambiamenti climatici non riguarda il futuro, è già iniziata e dobbiamo cambiare anche le nostre abitudini individuali. Ma bisogna subito investire, e noi lo stiamo facendo, per una riconversione ecologia di tutto l’apparato produttivo. Sono orgoglioso che nel Lazio il più grande progetto pubblico di utilizzo dell’ecobonus, il 110 per cento, riguardi le case popolari. Circa 200 milioni di euro di investimento per coibentare: il più grande cantiere ecologico europeo oggi è il Corviale, che era il simbolo del degrado ed è diventato simbolo di modernità».


Letta ha detto: questo voto sarà per gli italiani un referendum “o di qua o di là”, una vera e propria Brexit. Cosa significa?
«Significa che ci sono due idee di Italia: la destra, con la tassa piatta di fatto propone un’Italia più ingiusta.

E io penso che sia una vergogna, visto che negli ultimi quindici anni le povertà sono triplicate, tra i bambini addirittura quadruplicate. Noi siamo l’alternativa a questa visione. Per questo abbiamo conquistato il Nex Generation Eu, miliardi per creare lavoro. Crediamo nel salario minimo. Ci battiamo perché le aziende siano detassate per assumere gli under 35».


In caso di vittoria della destra, Meloni sarà il primo premier donna in Italia. In Europa le donne leader sono ormai una realtà da tempo: dalla Thatcher alla Merkel, dalla May alla Le Pen. Le chiedo: perché la sinistra non ha valorizzato altrettanto le sue figure femminili? 
«La legge sulla parità salariale porta la firma della onorevole Gribaudo, la difesa della 194 affonda le radici nella cultura democratica e progressista, il fondo nazionale per le imprese femminili è una grande conquista dei progressisti e nel Lazio l’abbiamo fatto per primi. C’è una legislazione che colloca nel centrosinistra le battaglie a favore delle donne».


Ma non le fate comandare...
«Non è vero, e lo dico da presidente di Regione che ha fatto una giunta composta da sei donne e quattro uomini. Ma la cosa più importante è la coerenza sulle politiche che salvano tutte le donne. Perché può anche esserci una premier donna, ma se non dice una parola sull’orrore dell’Ungheria che riporta al medioevo il rapporto tra donne e tragedia dell’aborto obbligandole ad ascoltare il battito del feto, il problema è questo, non il genere di chi sta a palazzo Chigi».


Ecco, il fatto che in questa campagna elettorale si sia tornati a parlare di aborto vuol dire che dopo tanti anni torna ad essere un diritto a rischio?
«Sì, la legge 194 è a rischio. Non è un’opinione, la mia, è una constatazione. Sulle scelte dell’Ungheria di Orban o su quelle della destra populista di Trump che negli Usa che è arrivata a negarne il diritto, ho visto solo silenzio e sono preoccupato perché nei fatti loro rivendicano di essere in Italia quelli di Trump e di Orban».


Il Pnrr va adeguato alla luce delle mutate emergenze o va lasciato così com’è?
«Il Pnrr va attuato. Guai a dare anche solo la sensazione, dopo quella immensa conquista di miliardi che stanno arrivando, di non avercela fatta. E’ un punto cruciale per la nostra credibilità. Noi pensiamo che l’Italia debba contare in Europa, perché questo permette di guidarla e di cambiarla. Non lo si ottiene protestando, con l’Italietta che ogni volta trova una scusa per non rispettare le regole».


Se dalle urne non dovesse uscire una maggioranza chiara e tornasse d’attualità il governo di larghe intese, il Pd potrebbe farne parte?
«Io combatto per vincere, e sono convinto che una democrazia abbia bisogno di una maggioranza e di una opposizione, e di una politica che torni a dire la sua. Non sono d’accordo con chi, come la Lista Calenda, addirittura si augura di nuovo un pantano, dopo 5 anni abbiamo già dato».


Rapporti con M5S: difficili, dopo la rottura provocata dalla crisi del governo Draghi. Ma che futuro immagina dopo il voto per il “campo largo”? Conte ripete che con questi vertici dem, nessun dialogo è possibile...
«Già dire questo è un modo per non avere il dialogo... Io sono il leader che ha più spinto per l’unità e per il dialogo quando M5S aveva ancora Salvini ministro dell’Interno e penso che avevo ragione a insistere perché si costruisse una proposta politica. La rottura non l’abbiamo voluta noi, è stata unilaterale. Quello che sarà il dopo dipenderà molto dagli esiti elettorali».


Che futuro immagina per il dopo Zingaretti nel Lazio?
«Spero che si farà di tutto per confermare un “campo largo” che garantisce le condizioni della vittoria. Un’alleanza che cinque anni fa ci ha fatto vincere, e che va dai 5Stelle al Pd, alla sinistra, alle forze civiche, ad Azione, a Iv. Dopo dieci anni non deciderò più io, ma mi auguro che si abbia l’intelligenza e l’amore per il Lazio per presentarsi uniti, e poi trovare la persona che di più sia la sintesi di questa unità». 


Un modello Lazio anche per il Pd nazionale?
«Penso che questa esperienza in democrazia di vincere le elezioni non sia qualcosa da buttare, perché è bello partecipare ma anche vincere! Nel Lazio abbiamo sperimentato un modello basato sul buongoverno e sul rispetto tra gli alleati. E con questo modello abbiamo sempre vinto».
 

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