Salvini, il processo della Lega. Maroni: cambiamo leader. E Bossi rimane fuori

Il vecchio Carroccio si ribella: siamo diventati un partito centralista

Salvini, il processo della Lega. Maroni: cambiamo leader. E Bossi rimane fuori
Salvini, il processo della Lega. Maroni: cambiamo leader. E Bossi rimane fuori
di Emilio Pucci
Mercoledì 28 Settembre 2022, 06:30
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La vecchia Lega si ribella. Quel 9% è un grido d'allarme che questa la tesi porta a ridiscutere tutto. Bossi fuori dal Parlamento è l'immagine che nessuno dei militanti di un tempo si sarebbe aspettato. «Sono contento poiché avevo deciso di non candidarmi. Mi hanno pregato e solo per il rispetto verso i militanti ho accettato. Il popolo del Nord esprime un messaggio chiaro ed inequivocabile che non può non essere ascoltato», la reazione del Senatur' con Salvini che lo ha candidato a senatore a vita e ai suoi ha spiegato di averlo schierato in una posizione che si pensava fosse sicura. Ma il risultato deludente per il partito ha portato altre vittime, alcuni fedelissimi dello stesso ex ministro dell'Interno. Da Siri, l'ideologo della flat tax, al viceministro Morelli al tesoriere Centemero. Fanno ancora più rumore le parole di un altro ex segretario, Maroni: «Serve un nuovo congresso straordinario e un nuovo leader».

I NOMI

Uno dei nomi in ballo resta quello di Fedriga, ma il presidente del Friuli non si sbottona: «Salvini resta». «La Lega attuale non ha nulla a che vedere con quella nostra, è un partito centralista con temi di destra», attacca anche l'ex ministro Castelli. «Serve subito il congresso della gloriosa Lega Lombarda», dice l'ex deputato Grimoldi che conferma la raccolta firme. Ma al momento il segretario del partito di via Bellerio ha buttato la palla avanti. Chiedendo a tutti coesione al Consiglio federale. Un passo indietro al momento non è previsto ma non è detto che non ci possa essere in un futuro prossimo con Salvini che potrebbe in ogni caso farsi rieleggere, in mancanza di veri competitor. Anche per rilanciarsi. Di sicuro sarà il Capitano a condurre le trattative. Il segretario vuole entrare nel governo, come vicepremier o al Viminale. Ieri ne ha parlato con la Meloni e la settimana prossima ci sarà un Consiglio federale ad hoc. «Con lei c'è un buon rapporto.

Ha capito che serve un governo forte», ha riferito. La Lega alza il tiro, vuole almeno cinque ministri. «Lo sguardo è rivolto soprattutto al futuro e ai problemi da risolvere grazie al nuovo governo di centrodestra, di cui la Lega sarà parte fondamentale», la nota diramata a riunione in corso.

L'ex responsabile degli Interni ha fatto mea culpa, esprimendo «rammarico per la percentuale raggiunta». «Mi prendo la responsabilità, ma siamo entrati al governo anche per aiutare i governatori nel periodo della pandemia. Ma la responsabilità deve essere condivisa». Ha infatti sottolineato di non essere stato supportato sufficientemente in campagna elettorale. «Nessuno lo ha difeso», spiega uno dei suoi fedelissimi. «Indebolire la Lega in questo momento sarebbe assurdo. Solo se restiamo uniti portiamo a casa qualcosa», il ragionamento del Capitano. Si partirà dal tema dell'autonomia e del dl taglia-bollette. I governatori hanno chiesto un coinvolgimento nella formazione del governo e i congressi regionali. Ed è arrivata una apertura. «Ma dovete essere voi a placare i malpancisti. Dal Veneto alla Lombardia non è possibile che si soffi sul fuoco in questo momento», la risposta di Salvini, «basta con questo tira e molla». In ogni caso toni morbidi, l'ex ministro ha fatto parlare i presenti, «ditemi voi cosa non ha funzionato. Io ovviamente mi aspettavo di più ma serve un segnale affinché tutti remino nella stessa direzione».

 

REDDE RATIONEM RINVIATO

Non si è parlato di Maroni e delle altre critiche, ma il redde rationem è solo rinviato. «Leadership di Salvini a rischio? Non credo proprio», ha detto subito il presidente della Lombardia, Fontana, che si aspetta la conferma in Regione. Coperto anche Zaia dopo le critiche di ieri: «Dimissioni di Salvini? No, io queste robe non le ho proprio sentite», ha spiegato al suo arrivo il governatore del Veneto. Operazione compattezza: la foto diffusa dal partito di via Bellerio è quella dei compagni di scuola seduti ai banchi e intenti a fare squadra. Fedriga, Fontana, Zaia (con volto meno sorridente) in prima fila; Fugatti, Calderoli e Giorgetti in seconda. E poi tutti i big, dai capigruppo Romeo e Molinari a Crippa, Durigon, Fontana, Rixi E Cecchetti. «La Lega chiede un ministero di peso per Salvini, un ruolo fondamentale», ha detto ai cronisti il presidente dei deputati. La partita ora è proprio sulla composizione dell'esecutivo e sull'agenda di governo. «I voti non si contano, si pesano. Se FdI vuole fare il pieno sbaglia», il refrain. Ma Salvini ha assicurato che si riuscirà a trovare un accordo nella coalizione.
 

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