I media occidentali stanno riducendo lo spazio per la guerra tra Russia e Ucraina, ma a Mosca l'odio per Stati Uniti ed Europa è rimasto intatto. E su Rossya1, la tv di stato che fa direttamente capo al Cremlino, continuano gli attacchi e le minacce. Protagonista dell'ultimo episodio è stata Olga Skabeyeva, soprannominata la "bambola di ferro" di Vladimir Putin. Durante il programma "60 minuti", si è trattato il tema delle comunità LGBT. «In linea di principio, le nazioni americane e occidentali si stanno avvicinando alla scomparsa - le sue parole riportate dalla BBC -. Ad un certo punto queste persone smetteranno semplicemente di riprodursi e di conseguenza si estingueranno. Selezione naturale, resterà solo il meglio», ha detto.
Olga Skabeyeva says Russia just needs to sit back and wait for the West to "run out of people" as the LGBT population there grows
For context, the population of Russia itself fell by 311,000 in the first four months of this year pic.twitter.com/0u5IyArCD2— Francis Scarr (@francis_scarr) July 21, 2022
Olga Skabeyeva, la bambola di ferro di Putin
Non è la prima volta che Olga Skabayeva (giornalista russa di 37 anni) si è fatta notare per uscite infelici. La scorsa settimana, dopo la notizia della crisi governativa in Italia, ha provato a predire chi sarà il prossimo leader europeo a cadere: «Scholz preparati». Il tema delle comunità LGBT in Russia è uno specchio abbastanza chiaro di una cultura decisamente poco tollerante. Recentemente i legislatori hanno proposto di estendere il divieto di promozione di rapporti sessuali "non tradizionali" ai minori, per includere anche gli adulti.
In base alle modifiche proposte, qualsiasi evento o atto considerato un tentativo di promuovere l'omosessualità potrebbe incorrere in una sanzione. L'omosessualità è stata un reato penale in Russia fino al 1993 e classificata come malattia mentale fino al 1999. Putin si è allineato strettamente con la Chiesa ortodossa - che rifiuta le relazioni omosessuali - e ha inserito il suo conservatorismo sociale in una narrativa di rinascita politica e culturale russa che ora viene utilizzata anche per giustificare l'invasione dell'Ucraina.
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