Vertice Centrodestra, Meloni gela Berlusconi: «Non basta parlare di unità»

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Doveva essere il vertice del "disgelo" e, invece, alla fine è sembrato quello dell'ennesima spaccatura. Silvio Berlusconi riunisce per la prima volta in presenza ad Arcore Matteo Salvini e Giorgia Meloni, accompagnati rispettivamente, da Roberto Calderoli e Ignazio La Russa, cinque mesi dopo la clamorosa rottura del centrodestra sull'elezione del capo dello Stato, che portò al Mattarella bis.

Il Cav fa gli onori di casa: offre prima agli alleati un "ap" in giardino per rompere il ghiaccio, poi pranza con loro, ma davanti a un riso con melanzane, olive e pachino, e un branzino in crosta, i nodi arrivano puntualmente al pettine. A cominciare dal caso Sicilia, che vede Fdi determinata a non mollare sulla riconferma di Nello Musumeci. Il summit si svolge in due tempi: al primo round va in scena il 'trilateralè, poi Salvini e Calderoli devono andar via per impegni parlamentari e inizia il secondo round tra l'ex premier e la Meloni, che dura circa un'ora. Al termine, Berlusconi fa sentire la sua voce parlando con stampa e tv fuori dai cancelli della sua storica 'magionè.

«Solo un pazzo potrebbe pensare di mandare all'aria questa coalizione...», avverte rivolto ai partner della coalizione. Parole che suonano ai più come un vero e proprio avvertimento. «Il centrodestra è unito e se non fosse così perderemmo le elezioni», rincara la dose. Un concetto ribadito qualche ora prima durante una telefonata al gruppo di Fi in Lombardia per gettare acqua sul fuoco dopo le polemiche nate stavolta all'interno del partito per il caso Salini in Lombardia, con forti tensioni tra l'alà filogovernativa guidata da Maria Stella Gelmini e la neo coordinatrice regionale di Fi, Licia Ronzulli. A stretto giro di posta, arriva la nota di Fdi, che 'gelà tutti e, raccontano, prende di sorpresa Fi e provoca l'irritazione di Berlusconi. «È sicuramente positivo essersi incontrati, ma l'unità della coalizione non basta declamarla, occorre costruirla nei fatti», avverte il partito di Meloni che si fa sentire sulle amministrative, in particolare le regionali in Sicilia: «Su 26 città capoluogo sono solo 5, ma purtroppo importanti, le città in cui il centrodestra andrà diviso al primo turno, ma restano ancora diversi nodi aperti. A partire dalla non ancora ufficializzata ricandidatura del presidente uscente Musumeci in Sicilia, su cui la personale dichiarata disponibilità di Berlusconi si è fermata di fronte alla richiesta di Salvini di ritardare l'annuncio del candidato...».

Poco prima pure Berlusconi aveva parlato di amministrative, addebitando però il mancato accordo su 5 cinque città a beghe locali: «In 21 città abbiamo trovato l'accordo, solo in 5 non è stata trovata l'intesa ma per pure contrapposizione locali». Fdi, invece, pone la questione elettorale sul tavolo nazionale e ne approfitta per mandare un avvertimento anche sulla legge elettorale: «Se è positiva» la «comune contrarietà» ad una legge proporzionale per le politiche, «restano ancora fumose» le «regole d'ingaggio sulle modalità con cui formare liste e programmi comuni». Meloni preferisce non commentare, ma vale più di ogni statement la nota finale del suo partito, che riapre il caso Musumeci, chiarendo che un 'congelamentò non va proprio bene.