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Morì precipitando dal cavalcavia sbullonato, ma non è colpa di nessuno: assolto il direttore del Consorzio industriale di Frosinone

La tragedia si consumò il 27 ottobre del 2019 nel Comune di Piedimonte San Germano

di Pierfederico Pernarella
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 2 Giugno 2022, 10:45 - Ultimo agg. : 15:54
3 Minuti di Lettura

Precipitò dal cavalcavia  anche perché guardrail era inadeguato e sbullonato, ma la colpa non è di nessuno. O meglio, non è chiaro se la manutenzione fosse a carico del Consorzio Industriale o del Comune. Non ci sarà alcun responsabile per la morte di Antonello Gerilli, 58 anni, di Villa Santa Lucia, caduto con la sua auto, una Grande Punto, dal sovrappasso ferrroviario della tratta Roma-Napoli (via Pistillo), nel Comune di Piedimonte San Germano. La vittima aveva perso il controllo della sua vettura ed era finito contro la barriera di protezione che però aveva ceduto. L’auto era precipitata da un'altezza di circa dieci metri e il conducente non ha avuto scampo. La tragedia si consumò il 27 ottobre del 2019. A giudizio per quell'incidente erac finito Claudio Ferracci, in qualità di direttore del Consorzio Asi, ente proprietario del cavalcavia. 

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Per il Gup di Cassino Domenico Di Croce, tuttavia, il fatto non costituisce reato e con questa motivazione, all'esito dell'udienza dello scorso 31 maggio, ha assolto Ferracci che aveva scelto di essere processato con rito abbreviato. Secondo i difensori di Ferracci la gestione del cavalcavia era di fatto in capo al Comune non citato nel giudizio.

Il pubblico ministero Marina Marra aveva chiesto due anni. A sostegno dell'accusa la consulenza tecnica dell'ingegnere Lucio Pinchera che da un lato aveva indicato le responsabilità dell'incidente nella perdita di controllo dell'auto, ma dall'altro aveva anche accertato che la barriera metallica del cavalcavia era stata installata in maniera irregolare e in parte era persino priva di bulloni in diversi punti (vedi foto in basso), quindi non avrebbe potuto esercitare la sua funzione di protezione.  

Per il Ctu si configurava «a carico dei responsabili apicali del Consorzio Asi, quale organismo appaltante, e del Comune di Piedimonte il reato di omicidio colposo stradale». Questi soggetti «possono essere chiamati a rispondere d’inadeguata realizzazione, verifica, collaudo e custodia del bene: la mancata contiguità della protezione stradale si è concretizzata come un’insidia non visibile per l’utente, ma prevedibile per i suoi potenziali effetti per chi ha realizzato l’opera, non verificato il collaudo, concesso l’apertura al traffico e rilasciato il permesso di agibilità». Una fuoriuscita stradale infatti non è circostanza “abnorme” ma un evento prevedibile, rileva Pinchera.

Per la condanna si è battuto anche l’avvocato Vincenzo Cortellessa che assiste i familiari di Gerilli con Studio3A: «Il giudice - spiega il legale - deve aver dato credito al “ragionevole dubbio” circa un suo profilo di colpa soggettivo insinuato dai difensori dell’imputato, che hanno sostenuto come la gestione di fatto del ponte fosse in capo al Comune. Comprensibile l’amarezza dei familiari: in aula c’era uno dei fratelli, costituitosi parte civile».

«Entro 90 giorni - prosegue l'avvocato - saranno depositate le motivazioni e, dopo averle vagliate, Studio3A e l’avvocato Cortellessa decideranno come agire, ma la formula dell’assoluzione, che non contesta “il fatto”, rappresenta una base solida per proseguire la battaglia in sede civile, per ottenere un equo risarcimento per i congiunti, sin qui negato da Asi e dalla sua compagnia di assicurazioni Generali, ma anche per rendere un po’ di giustizia ad Antonello Gerilli. Senza contare poi l’auspicio che la Procura, analizzate a sua volta le motivazioni, decida di appellare la sentenza o di andare fino in Cassazione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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