La madre uccisa e murata, l'odissea del figlio per trovare un lavoro

La madre uccisa e murata, l'odissea del figlio per trovare un lavoro
di Vincenzo Caramadre
Sabato 14 Dicembre 2019, 15:45
2 Minuti di Lettura
Oltre al dolore, mai sopito, per la perdita violenta della madre, ora deve subire anche le lungaggini burocratiche legate al riconoscimento del diritto a essere inserito nelle categorie protette per avere un posto di lavoro. Accade al figlio diciottenne di Samanta Fava, la donna di 38 anni uccisa nel 2012 e murata in una cantina di Fontechiari. La vicenda che vede protagonista, sua malgrado, il ragazzo si sta consumando in queste settimane dopo che il suo avvocato Marco Bartolomucci (già difensore nel processo penale contro l'omicida, Tonino Cianfarani) lo ha indirizzato a recarsi presso il centro per l'impiego per esercitare quello che la legge riconoscerebbe quale diritto al ragazzo, vale a dire vedersi inserito nelle liste dei soggetti agevolati per l'inserimento nel mondo del lavoro. Ma a quanto pare la pratica è ferma già da qualche tempo e ora il caso potrebbe approdare in Regione, competente in materia.

Uccisa e murata in cantina, confermata pena a 25 anni di carcere

Frosinone: il ritrovamento del cadavere di Samanta Fava, murato in casa di un conoscente

«La legge - ha spiegato l'avvocato Bartolomucci - sin 2017 prevede maggiori tutele per quanto riguarda i figli delle vittime di femminicidio e di reati domestici in genere. Nico, il figlio di Samanta Fava, ha chiesto al centro per l'impiego di Sora di essere inserito nelle categorie protette. In un primo momento gli è stato risposto di portare la sentenza per la valutazione, ma poi la pratica non è stata definita ed è stata indirizzata alla sede centrale di Frosinone per la risposta definitiva. Risposta che ancora purtroppo non arriva. Auspichiamo una celere definizione», ha concluso il legale. Tanta l'amarezza per il ragazzo che, dopo tanto dolore, vuole una vita normale, serena.

L'omicidio Fava risale all'aprile 2012 quando la donna fu massacrata di botte da Tonino Cianfarani all'interno di un'abitazione di Fontechiari e poi, il suo corpo, murato in cantina. L'arresto dell'uomo, 45enne, muratore, risale al giugno 2013 quando la polizia, con l'utilizzo di un georadar e di un cane molecolare, fece irruzione nella cantina e trovò il corpo. Il 24 novembre 2014 la Corte d'assise del Tribunale di Cassino pronunciò la sentenza a 25 anni di carcere per omicidio volontario e occultamento di cadavere. I giudici della prima sezione della Corte d'assise d'appello di Roma, il 21 gennaio 2016, confermarono in pieno la sentenza a 25 anni. La parola fine è stata scritta a maggio 2017, quando la Corte di cassazione rigettò il ricorso di Cianfarani. L'uomo, assistito dall'avvocato Ezio Tatangelo, è in regime di detenzione domiciliare per motivi di salute.
© RIPRODUZIONE RISERVATA