Falsificavano i documenti degli ebrei per salvarli dai lager nazisti, è morta l'ultima testimone del gesto di eroismo

Falsificavano i documenti degli ebrei per salvarli dai lager nazisti, è morta l'ultima testimone del gesto di eroismo
di Stefano De Angelis
Giovedì 28 Ottobre 2021, 10:03 - Ultimo agg. 10:48
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Era rimasta l’ultima testimone di quel gruppo di sandonatesi che resterà nella storia per coraggio e audacia mostrati durante la Seconda guerra mondiale. Erano in sei, un podestà, Gaetano Marini, e cinque dipendenti comunali, di cui quattro donne: il responsabile dell’ufficio anagrafe, Donato Coletti, Maddalena Mazzola, Rosaria De Rubeis, Carmela Cardarelli e Pasqualina Perrella. Negli anni dell’occupazione tedesca, tra il 1943 e il 1944, falsificavano i documenti d’identità degli ebrei internati a San Donato Val di Comino per cercare di salvarli dalla deportazione nei campi di concentramento. Una vicenda che, ancora oggi, a quasi ottant’anni di distanza, rivive nella memoria di molti. E che ora soltanto la narrazione, gli scritti e la documentazione raccolta, anche audiovisiva, potranno conservare e tramandare.

È morta, infatti, l’ultima dei protagonisti di quel gesto di eroismo.

Pasqualina Perrella si è spenta nella propria abitazione. Aveva 99 anni. Con lei se ne va una pagina importante, piena di significato e di valore, che ha caratterizzato le cronache sandonatesi nel periodo del conflitto bellico. Ogni volta che le si chiedeva di tornare indietro nel tempo per raccontare quei giorni, non si tirava indietro. Ne andava fiera. Si emozionava. Le piaceva che qualcuno la ascoltasse. Nonostante fossero passati tanti lustri, i suoi ricordi erano ancora nitidi, chiari, senza zone d’ombra. Eppure allora, a soli 21 anni, insieme con gli altri non esitò a mettere a repentaglio la sua stessa vita.

LO STRATAGEMMA

Per aiutare gli ebrei confinati in paese, la tecnica utilizzata dagli impiegati era quella della contraffazione dei documenti personali. Così facendo si assumevano un’alta dose di rischio e pericolo. L’intento era quello di non farli identificare, di salvarli dalla cattura e dalla morte. E così, quando questo era possibile, veniva prodotto ex novo e rilasciato una sorta di certificato d’identità falso, con generalità italiane. La firma in calce apposta era quella del podestà. Lo stratagemma ideato andò avanti per lungo tempo e diversi ebrei riuscirono a sfuggire al rastrellamento. Per altri, invece, non fu così e furono trasferiti nei lager. Quando i tedeschi scoprirono il tutto, però, gli alleati erano ormai alle porte: gli impiegati comunali evitarono la rappresaglia grazie allo sfondamento del fronte di Cassino. Pasqualina, quindici anni fa, al Messaggero aveva descritto quei giorni così: «Gli ebrei, disperati, venivano a chiederci aiuto al Comune e anche a casa. Noi rilasciavamo a ciascuno di loro documenti falsi per farli risultare cittadini italiani. In pochi giorni ne compilammo tanti e tutti presso gli uffici municipali. Si trattava di tesserini verdi, senza foto, sui quali annotavamo semplicemente le generalità. A una donna ebrea attribuii lo stesso nome e cognome di mia sorella».

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