Morì per colpa dei medici, la sentenza dopo 23 anni: Asl condannata al risarcimento di 600mila euro

L'ospedale "Spaziani" di Frosinone
L'ospedale "Spaziani" di Frosinone
di Pierfederico Pernarella
Domenica 19 Settembre 2021, 09:41 - Ultimo agg. 15:15
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Ci sono voluti 23 anni di cause per sapere che il loro caro poteva essere salvato e quindi ottenere il giusto risarcimento per le mancate cure. La Corte d'Appello di Roma, sezione civile, nei giorni scorsi, ha messo un punto sulla morte di Fabrizio Antonio, 64 anni, ex ragioniere capo del Comune di Monte San Giovanni Campano. I giudici hanno condannato la Asl di Frosinone al risarcimento di 600mila euro a favore dei familiari. Somma dalla quale sono escluse le spese di giudizio e in particolare la rivalutazione monetaria che di una certa entità visto che stiamo parlando di fatti che risalgono ad oltre un ventennio fa, precisamente al 1998.

Il 10 dicembre di quell'anno il signor Fabrizio Antonio, stava festeggiando con amici e colleghi il suo pensionamento.

Un momento particolarmente intenso dal momento che il ragioniere era molto legato al suo lavoro e quel distacco, come spesso succede, non era stato indolore.

Fatto sta che sia durante la festa che poi quando è tornato a casa il 64enne comincia ad avvertire un dolore forte all'altezza del basso ventre.

Lì per lì non ci fa caso, qualcuno gli dice che forse quel disturbo era legato all'emozione per l'addio al lavoro di una vita.

Gli esami prescritti, ma svolti quando era troppo tardi

Purtroppo però il dolore non cessava, anzi diventava sempre più fastidioso. I familiari hanno quindi deciso di portarlo all'ospedale di Frosinone dove vengono svolti esami generici. Ma le condizioni del signore Fabrizio Antonio non accennano a migliorare, anzi. Sudorazione, conati di vomita, fitte sempre più lancinanti. I sanitari decidono di ricoverarlo e prescrivono un ecocardiogramma. Esame che viene svolto solo 36 ore dopo il ricovero quando ormai le condizioni dell'uomo sono diventate al tal punto serie che si decide di trasferirlo al San Camillo di Roma per un intervento d'urgenza. Ma per lui non ci sarà la possibilità di finire sotto i ferri.

Le sue condizioni cliniche sono sempre più irreversibili, finisce in uno stato semi comatoso per poi morire nel giro di poche ore. Sull'aorta, l'arteria che fa arrivare il sangue al cuore, si era aperta una ferita che ha portato alla lenta agonia dell'uomo.

Reati prescritti

I familiari presentano una denuncia e il caso viene affidato alla Procura di Frosinone dal momento che il calvario del paziente era avvenuto nell'ospedale Spaziani. Per due volte il pubblico ministero chiede l'archiviazione e solo grazie all'opposizione dei familiari, assistiti dall'avvocato Nicola Ottaviani, alla fine si arriva al dibattimento. Ma è troppo tardi.

In primo grado, in Appello e in Cassazione viene dichiarata la prescrizione, ma i giudici di secondo grado e quelli della Suprema Corte mettono comunque in evidenza che l'operato dei medici era stato censurabile in quanto non erano stati svolti tempestivamente gli esami prescritti - l'ecocardiogramma e un'ecografia toracica - che pure erano stati prescritti al momento del ricovero.

I periti: «Si poteva salvare»

I familiari, siamo ormai nel 2015, decidono allora di ricorrere alla giustizia civile ma in primo grado, al tribunale di Frosinone, la loro richiesta di risarcimento viene respinta. Le cose cambiano in Appello dove i giudici dispongono una superperizia dalla quale emerge che il decesso era stato causato dal taglio all'aorta che poteva essere individuato se fossero stati eseguiti gli esami prescritti al momento del ricovero.

I periti inoltre, sulla base della più recente letteratura scientifica in tema di patologie cardiologiche, hanno sottolineato che in questi casi, (le lesioni all'aorta), c'è un'alta probabilità (il 60%) di sopravvivenza se s'interviene tempestivamente.

Conclusioni che hanno convinto la Corte d'Appello (presidente Cecilia De Angelis, relatore Maria Speranza Ferrara, a latere Paola Agresti): la Asl di Frosinone è stata condannata al risarcimento di 600mila euro, escluse spese di lite e rivalutazione monetaria, riconoscendo anche il danno di agonia, alla luce delle gravi sofferenze patite dall'uomo in uno stato di semi coscienza prima di morire.
 

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