Matacena: «Sono vittima di un complotto». I giudici: «Farnetica»

Matacena: «Sono vittima di un complotto». I giudici: «Farnetica»
di Cristiana Mangani
Domenica 18 Maggio 2014, 13:24 - Ultimo agg. 14:05
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Amedeo Matacena parla dalla latitanza di Dubai e, in una sorta di botta e risposta virtuale, la Cassazione gli risponde da piazza Cavour. «Sono vittima di un complotto-vendetta - si sfoga su Skype - Tutti coloro che mi hanno colpito hanno avuto delle gratifiche e avanzamenti di carriera all'interno del loro sistema di lavoro. Ci sono state delle cose strane che hanno portato alla mia condanna, tenendo conto che precedentemente avevo avuto due assoluzioni nel merito».



LA REPLICA

Per i Supremi giudici, però, quello che racconta sono solo «farneticazioni di una persona disperata che è a tutti gli effetti un latitante per essersi sottratto a una condanna definitiva che poggia su fatti storici accertati e pacifici sui suoi contatti con la cosca Rosmini». E ancora: «In Cassazione - sottolineano - nei procedimenti che riguardavano Matacena, non c'è stato alcun collegio precostituito ed è singolare che si lamenti del fatto che i suoi legali avrebbero visto un magistrato nell'ufficio del primo presidente. Chi mai dovrebbe esserci nell'ufficio del primo presidente se non dei magistrati? Il collegio non sapeva nemmeno chi fosse Matacena».

Lui, però, insiste, e piange quando parla di Chiara Rizzo che si trova nel carcere alle Baumettes, a Marsiglia. «Spero che mia moglie riesca a patire questa vicenda senza perdere se stessa. Se lei perdesse se stessa, allora io non avrei più modo di vivere. Non ha senso la mia vita senza di lei». L'ex deputato, nei giorni scorsi, si era anche definito un perseguitato politico e ieri ha rincarato la dose. «Durante la mia attività parlamentare - dice - mi interessai del “palazzo dei veleni” di Reggio Calabria facendo numerose interrogazioni su comportamenti di magistrati, su problemi di pagamenti di pentiti in nero e su riscatti per sequestri pagati con i soldi dello Stato. Si vede che questo mio interessamento non è stato gradito». Per la Cassazione, invece, la storia è andata in maniera molto diversa se nelle motivazioni della condanna a cinque anni scrivono: «Non si può stringere un accordo con una struttura mafiosa, se non avendo piena consapevolezza della sua esistenza e del suo modus operandi. Tanto basta per ritenere che Matacena ben sapesse di aver favorito la cosca dei Rosmini (e tanto lo sapeva da aver preteso la esenzione dal “pizzo”)».





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