Usa, L'Arizona vuole legalizzare il razzismo anti gay. E i turisti boicottano il Grand Canyon

La governatrice dello stato dell'Arizona, Jan Brewer, con Barack Obama
La governatrice dello stato dell'Arizona, Jan Brewer, con Barack Obama
di Anna Guaita
Mercoledì 26 Febbraio 2014, 20:26 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 08:07
4 Minuti di Lettura
​Gli occhi degli americani sono puntati sull’Arizona. Il bellissimo Stato del sud-ovest che milioni di turisti visitano ogni anno per vedere il Grand Canyon rischia di diventare oggetto di un bruciante boicottaggio. E tutto dipende dalla governatrice dello Stato, la repubblicana Jan Brewer, e da cosa deciderà di fare con la legge SB1062: se la ratificherà o se la bloccherà con il proprio veto. Approvata con una risicata maggioranza, la legge avrebbe effetti radicali in tutto lo Stato: essa concede a qualsiasi negozio, imprenditore, ufficio, di negare i servizi a un cliente sulla base di “ferme convinzioni religiose”.



Di fatto permette la discriminazione contro gay e lesbiche, e infatti è stata approvata per difendere lo Stato dall’onda crescente di tolleranza pro-gay che sta conquistando uno Stato dopo l’altro. Essa tuttavia rischia di avere effetti anche oltre la comunità gay: se un negozio o il proprietario di una casa può rifiutarsi di vendere un prodotto o affittare un appartamento a coppie omosessuali perché il loro stile di vita contrasta con le sue “ferme convinzioni religiose” , potrebbe appellarsi a queste stesse convinzioni per negare simili servizi anche a coppie non sposate, a divorziati, a ragazze madri.



Se dunque la signora Brewer apporrà il proprio veto, il boicottaggio sarà evitato, ma la base del suo partito sarà inferocito. Se la signora accetterà la legge e la renderà operativa, il boicottaggio sarà inevitabile, ma la base sarà soddisfatta. La governatrice deve rendere pubblica la propria scelta entro sabato: “Voglio agire per il bene del mio Stato, come ho sempre fatto” ha dichiarato senza far capire però cosa voleva dire.



La signora ha un curriculum fortemente conservatore che l’ha portata nel passato a scontrarsi con il presidente Obama. Rimane storica la foto di lei che punta un dito accusatore a due centimetri dal volto del presidente per criticarlo della sua politica tollerante in materia di immigrazione. La Brewer difatti ha appoggiato una legge statale durissima sul fronte dell’immigrazione clandestina, di cui il suo Stato è una delle vittime più esposte. Anche sulla questione dei diritti dei gay è stata sempre contraria, tant’è che appena eletta ha subito cancellato la legge con cui si garantivano alcuni diritti alle coppie di fatto (legge passata dalla precedente governatrice, Janet Napolitano, poi diventata direttrice della Homeland Security nel primo mandato di Obama). E tuttavia di recente la Brewer non ha avuto remore di andare bruscamente contro le direttive del suo partito e schierarsi con il presidente sulla questione della riforma sanitaria, che ha accettato nel suo Stato, apparentemente con ottimi risultati.



I sostenitori della legge SB1062 assicurano che i provvedimenti sono pensati “proprio per difendere la libertà di tutti”. I difensori dei diritti civili pensano che la legge camuffi i pregiudizi da convinzioni religiose. Nel dibattito hanno preso posizione contro la legge anche due ex candidati repubblicani alla presidenza, John McCain e Mitt Romney, che hanno scritto alla Brewer chiedendole di porre il veto. Perfino tre dei senatori statali che avevano detto sì alla legge hanno fatto marcia indietro, sostenendo di non aver capito che la sua portata era così vasta e che dietro le “ferme convinzioni religiose” si potrebbero nascondere gravi discriminazioni.



Ma quello che probabilmente spingerà la governatrice a dire no alla SB1062 è che la National Football League potrebbe decidere di togliere all’Arizona la finale del Superbowl del primo febbraio 2015. Il danno finanziario sarebbe enorme, come peraltro l’Arizona stessa sa bene, avendola già persa una volta nel 1990, quando la NFL spostò la finale in California per protestare contro il fatto che lo Stato aveva rifiutato di sancire la festa nazionale intitolata al leader dei diritti civili Martin Luther King. Anche ricordando la catastrofe finanziaria del 1990, un gran numero di aziende hanno chiesto espressamente alla governatrice di bloccare la legge anti-gay. Per esempio la Apple, che sta per aprire nello Stato una fabbrica che dovrebbe dare lavoro a 2 mila persone. O la American Airlines, che si è fusa con la U.S. Airways che ha sede in Arizona: “La nostra economia è servita meglio quando le porte del commercio sono aperte per tutti, senza distinzioni” ha dichiarato la linea aerea. Parole ripetute quasi letteralmente anche dalla rivale, la Delta Airlines, e dalla catena di alberghi Marriott. Tutti questi grandi nomi del capitalismo americano hanno oramai abbracciato l’onda di tolleranza, che si avverte chiaramente nei sondaggi: nel 2003 solo il 32 per cento degli americani era a favore del diritto dei gay di sposarsi, oggi il numero è salito al 53 per cento, e sale ancor di più, al 57 per cento, presso la generazione dei “millennials”, cioè coloro che hanno fra i 18 e i 33 anni, la fascia i consumatori giudicata in assoluto la più appetibile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA