Muore in moto a 200 all'ora, Colia, braccio destro di Vallanzasca: era con la sua compagna

Antonio Colia (Foto Ansa)
Antonio Colia (Foto Ansa)
Domenica 16 Marzo 2014, 17:37 - Ultimo agg. 17 Marzo, 18:36
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La vita spericolata di Antonio Colia, 67 anni, uomo di fiducia di Renato Vallanzasca quando la 'banda della Comasina' metteva a ferro e fuoco a Milano e si guardava in cagnesco con gli uomini di 'Faccia d'angelo' Francis Turatello, è finita ieri sera in un letto d'ospedale. Si era schiantato nel pomeriggio in sella a un moto di grossa cilindrata, un Aprilia 1200, con la sua compagna, Maria Cristina Rigato, 58 anni, contro la barriera protettiva di un'isola pedonale in piazza a Basiano, nel Milanese. Entrambi sono morti alcune ore dopo il ricovero. Erano senza casco, in sella alla moto presa in prestito da un amico pregiudicato che vive proprio alla Comasina, periferia nord, il quartier generale della vecchia banda.



Dovevano probabilmente percorrere un breve tratto di strada, da qui l'imprudenza. Con la giustizia Pinella, così era chiamato nel mondo della Mala, aveva chiuso i suoi conti solo qualche mese fa, quando la Cassazione lo aveva assolto definitivamente con formula piena dall'accusa di aver ucciso un rom nel settembre 2006. Per quel delitto aveva fatto ingiustamente tre anni di carcere. Chi lo ha frequentato degli anni d'oro della banda Vallanzasca lo ricorda come «un mediatore», una persona riflessiva, in una batteria composta in buona parte da «teste calde» con notevole dimestichezza con pistole e mitra. Un criminale «con una sua etica», raccontano, che nel gruppo di Vallanzasca aveva anche il ruolo di autista per la sua abilità alla guida ma al quale erano riconosciute indubbie capacità organizzative e operative.



Colia è sempre stato a fianco del Bel Renè nella sua carriera criminale, concentrata in un breve lasso di tempo ma che è costata a Vallanzasca quattro ergastoli e 260 anni di reclusione. Era con lui quando nell'aprile del 1980 partecipò alla rocambolesca evasione dal carcere di San Vittore, da dove uscirono sparando all'impazzata. Erano una decina, tra loro anche il leader di Prima Linea Corrado Alunni. Quando fu arrestato, l'ultima volta, nel 2007, per l'omicidio del nomade, aveva già scontato 30 anni di galera. «Io non c'entro niente con questa storia», aveva spiegato ai giudici che poi lo assolsero.



Sul suo profilo Facebook, la moglie di Vallanzasca, Antonella D'Agostino, ha voluto ricordarlo con la canzone che Pinella preferiva: El Bandolero Stanco, di Roberto Vecchioni: «El bandolero stanco, con cuore infranto stanotte va... Dov'è il silenzio, dov'è?». Con Colia scompare un pezzo di storia della criminalità che dominò a Milano negli anni '70: quella dei night e delle bische di Turatello, prima che Angelo Epaminonda, detto il Tebano, gli subentrasse e prima che il gioco d'azzardo, i sequestri lampo e le rapine fossero soppiantate dal meno rischioso e più remunerativo traffico di droga. Anni in cui nel capoluogo lombardo si contavano oltre 100 omicidi in un anno.



Pinella era presente anche a quello di Turatello, nel supercarcere nuorese di Badu 'e Carros, il 17 agosto dell'81. Era al 'passeggiò con Faccia d'angelo quando Pasquale Barra, detto 'o Animale' per la sua ferocia, e Vincenzo Andraous fecero il loro lavoro da killer delle carceri, straziando il corpo con decine di coltellate.
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