Cadavere nel lago, è la pornostar
Il fidanzato travestito da biologo

Il recupero della cassa e la pornostar
Il recupero della cassa e la pornostar
Mercoledì 18 Giugno 2014, 17:33 - Ultimo agg. 17:34
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VICENZA - L'esame autoptico sul cadavere ritrovato in fondo al lago di Garda effettuato questa mattina ha confermato che si tratta di Federica Giacomini, l'ex attrice hard conosciuta come Ginevra Hollander, scomparsa da Vicenza lo scorso febbraio.

E l'avvocato dei genitori di Federica Giacomini spiega che: «Quello che mi interessava nel venire qui oggi non era tanto la procedura autoptica, ma vedere se dentro quel sacco c'era un corpo umano, se questo copo era di sesso femminile come nel caso di specie lo è, e soprattutto, se poteva verosimilmente essere Federica Giacomini. Purtroppo, queste mie tre attese sono state tutte soddisfatte. Ora vado dai genitori per condividere questo momento. L'importante ora è riuscire a trovare finalmente un posto dove collorare questa loro figlia, unica figlia e dar loro possibilità di avere ristoro attraverso la preghiera».


«Poi il processo si vedrà, le responsabilità si vedranno sottolinea l'avvocato Mele - sulle cause della morte ovviamente non posso dire nulla- sottolinea l'avvocato - è un aspetto legato al segreto istruttorio di cui dirà in seguito la Procura». E il legale dei genitori torna quindi sul riconoscimento: «Il viso di Federica l'ho visto tante di quelle volte, fin da quando era bambina, e fino all'ultimo periodo, il più infelice della sua vita: era una ragazza splendida, consumata da una vita sregolata. E il suo viso è quello che ho visto oggi, non per suggestione, ma con il convincimento e la maturità che mi porta a riconoscere lei, ovviamente il mio riconoscimento non vale nulla, però per me è lei. Ci sono circostanze anatomiche che ci portano a dire con certezza che è Federica».



E l'avvocato spiega quindi «Io farò il possibile per non far venire qui i genitori». Quindi, sulle cause della morte il legale dei genitori di Federica spiega: «Penso che nessuno possa suicidarsi, legandosi da solo, coprirsi come una mummia, mettersi in una bara e poi buttarsi in acqua... Ci sono circostanze che sicuramente fanno presumere che si possa trattare di una morte violenta. Il mio convincimento è che qualcuno, e per me si tratta di Mossoni deve rispondere di questa colpa, gravissima, indelebile. Tra l'altro, per lui non sarebbe neppure la prima volta».






E il fidanzato che l'ha uccisa, indagato ora per omicidio, si è fatto aiutare da un barcaiolo inconsapevole di Castelletto di Brenzone.







Lo ha accertato la Polizia di Vicenza che indaga sulla vicenda. Il barcaiolo ha riferito agli investigatori di essere stato contattato tra fine gennaio e inizio febbraio da un uomo che si è spacciato per biologo, il quale ha preso in affitto l'imbarcazione (con relativo conducente) con la scusa di dover effettuare degli esperimenti. La bara di plastica, ha raccontato il barcaiolo, aveva in effetti alcuni congegni (pulsanti e antenne) che potevano far credere che si trattasse di una strumentazione funzionante. Il finto biologo, in realtà Franco Mossini, ha chiesto di essere accompagnato in un punto ben preciso del lago, particolarmente profondo.

Poi i due hanno gettato in acqua l'involucro. La mobile di Vicenza ha accertato che Franco Mossoni, l'ex compagno della donna sospettato dell'omicidio, era stato visto diverse volte a Castelletto nei giorni della scomparsa di Federica, con camuffamenti vari: una volta con una parrucca, in un'altra occasione con una barba posticcia.



Il sospetto è che il sedile anteriore della Fiat Punto dell'uomo, recuperata più tardi dagli investigatori, sia stato tolto (e sostituito con una sdraio) non tanto per occultare le tracce del delitto quanto per trasportare la bara di plastica. Il trasporto, si rileva ancora, deve essere avvenuto nelle ore immediatamente successive alla morte della donna, visto che il barcaiolo ha affermato di non aver percepito alcun odore particolare fuoriuscire dall'involucro. Non si esclude perciò che tutta la complessa operazione per l'assemblaggio del finto 'congegno' subacqueo sia stata compiuta addirittura prima del delitto, aprendo quindi la strada all'ipotesi della premeditazione.

Quando la Polizia ha aperto l'involucro vi ha trovato all'interno una serie di sacchi di plastica chiusi da nastro adesivo ad avvolgere quello che appare un corpo umano, insieme a pezzi di legno e a un forato di cemento servito per 'zavorrare' il tutto. Un manufatto, dunque, particolarmente pesante. Circostanza che apre una ulteriore ipotesi. E cioè se l'assassino sia stato aiutato da un complice nelle fasi del trasporto. L'involucro è stato immediatamente portato ad una temperatura di -80 gradi e recapitato all'Istituto di medicina legale di Padova dove oggi è stato aperto.




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