Napoli, ecco le «capuzzelle» 2.0 nel museo digitale dei teschi | Foto e video

Napoli, ecco le «capuzzelle» 2.0 nel museo digitale dei teschi | Foto e video
di Marco Perillo
Venerdì 21 Agosto 2015, 11:57 - Ultimo agg. 22 Agosto, 22:37
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A Napoli c'è un luogo erroneamente dimenticato, in cui le radici della nostra storia affondano: il complesso monumentale di San Pietro ad Aram in Corso Umberto. Un posto che la leggenda vuole abbia funto da primigenia chiesa partenopea, testimone del passaggio dell'apostolo Pietro a Napoli. Si narra che lì, al di sopra di un'ara ancora conservata, il pescatore dei Galilea abbia celebrato la sua prima messa in terra d'Occidente, battezzando Santa Candida e Sant'Aspreno, i due primi napoletani convertiti al cristianesimo. La tradizione popolare vuole che la santa abbia vissuto il resto della sua vita nella cripta della chiesa, dove sono visibili l'ambulacro e il famoso pozzo, la cui acqua aveva poteri taumaturgici. Proprio in quella cripta, dal ‘600 nacque e si sviluppò il culto delle anime del purgatorio, perpetuato almeno fino al '69, anno in cui il cardinale Ursi lo vietò. Per diversi anni i sotterranei di San Pietro ad Aram, che raccoglievano teschi e ossa di defunti anonimi, sono rimasti chiusi e abbandonati.

Il culto, però, non si è mai veramente fermato; c'è sempre stato qualche lumino acceso da parte di chi riusciva ad accedere agli ipogei, tramandando la tradizione. Oggi quei teschi e ossa sono ammassati temporaneamente in alcune cassette poste sul retro dell'altare maggiore e c'è chi va lì per pregare e accendere candele. Ma soltanto tra pochi mesi – entro novembre, guarda caso mese dedicato ai defunti – tutto tornerà nella sua collocazione originale e i sotterranei saranno finalmente riaperti al pubblico, al termine di meticolosi restauri. Sono infatti partiti gli attesi lavori al complesso di San Pietro ad Aram grazie ai fondi Por Campania 2007-2013. Un milione e mezzo di euro è stato stanziato per permettere il recupero di spazi conventuali destinati ad ospitare una struttura di accoglienza per fasce sociali disagiate e per valorizzare i locali ipogei di antichissima fondazione.

Tra gli obiettivi del committente e beneficiario del finanziamento, rappresentato dal Ministro Provinciale dei Frati Minori di Napoli Fra Agostino Esposito, c'è la realizzazione di un vero e proprio museo della cultura sepolcrale partenopea.

Agli architetti Armando Cinnella e Daniela Sanseverino, che da un decennio conducono studi e ricerche sul sito e che hanno curato lo studio e la valorizzazione dei locali e all'ingegner Marco Esposito e all'architetto Maria Paola Cimini che hanno pensato alla rifunzionalizzazione dell'ex convento, il compito di restituire alla fruizione uno dei tesori poco esplorati della città.

Si è così ricostruita la configurazione settecentesca degli ambienti ipogei ai quali si accedeva, diversamente da oggi, tramite una scala esterna eliminata nel Risanamento, che da via Santa Candida immetteva nel Coemeterium. L'obiettivo del percorso museale sarà mettere in evidenza le tracce delle diverse fasi costruttive del monumento e l'evoluzione delle pratiche funerarie perpetrate nel tempo, attraverso un «tour» che va dai cubicoli romani, alle terragne altomedievali, agli scolatoi sei-settecenteschi, agli ossari ottocenteschi. La tecnologia rivestirà un ruolo fondamentale: i sotterranei accoglieranno pannelli espositivi multimediali, istallazioni artistiche, mostre fotografiche, giochi di specchi, proiezioni di con precisi rimandi al tema del culto dei morti. Per ovviare alla promiscuità tra esigenze liturgiche della chiesa superiore e quelle museali si è previsto un nuovo e autonomo accesso all'ipogeo da via Lorenzo Fazzini con una biglietteria e un punto informativo.

«I Francescani - commentano gli attuatori del progetto – sono riusciti laddove Enti Pubblici con proprie strutture tecniche ed amministrative hanno fallito; tema che induce a riflessioni sulla necessità di proporre e promuovere procedure di intervento più snelle».

Aspreno, Candida e il passaggio di San Pietro

A volte le leggende sono il sale di una città, di un popolo. Ne raccontano le origini, possono far luce sul perché di una devozione. Le radici cristiane di Napoli ruotano attorno al presunto passaggio di San Pietro in Campania, prima di giungere a Roma dove sarebbe stato crocefisso a testa in giù. Fu lui, il pescatore di Galilea sulle cui spalle Cristo affidò la Chiesa, che, giungendo da Antiochia, secondo tradizione affidò il messaggio cristiano – il «kerygma» – ad Aspreno, colui che divenne il primo vescovo di Napoli ai tempi degli imperatori Traiano e Adriano. Aspreno fu guarito da un male incurabile dall'apostolo e si convertì al Cristianesimo. Così come un'anziana donna, identificata con Santa Candida la Vecchia, liberata da una terribile emicrania tramite esorcismo. Non a caso nei sotterranei della chiesa di San Pietro ad Aram spicca il pozzo di Santa Candida, la cui acqua – narravano i napoletani di un tempo – guariva proprio i mal di testa. Sia Candida che Aspreno assistettero a una messa celebrata da San Pietro su di un'ara che sorgeva lì dove oggi c'è la chiesa, all'imbocco del Rettifilo da piazza Garibaldi. L'episodio è anche raffigurato su un affresco del ‘400, presente in chiesa. In seguito si narra che Aspreno, pastore di una sempre più ampia comunità di fedeli, avrebbe fatto costruire l'edificio di Santa Maria del Principio, dove sarebbe sorta la Basilica di Santa Restituta, oggi Duomo di Napoli.

Aspreno fu sepolto nelle catacombe di San Gennaro e traslato successivamente nella Stefanìa. La sua ricorrenza è il 3 agosto. Nella Cappella del Tesoro di San Gennaro vi è il suo busto d'argento e si ritiene che nel tesoro vi sia il bastone con cui l'apostolo Pietro lo guarì dalla malattia.

Al santo è dedicata un'antica e seminascosta chiesa inglobata nel fianco del Palazzo della Borsa.

Sant'Aspreno al Porto sorge in una piccola cavità che si voleva come sua abitazione. Durante i lavori del Risanamento questo pigioiello dell'VIII secolo doveva essere abbattuto ma la commissione municipale per la conservazione dei monumenti lo salvò nel 1892.

Per quanto riguarda San Pietro, il suo leggendario passaggio lambisce anche le coste sorrentine: si racconta che si fermò nella spiaggia di Crapolla e nel territorio di Piano di Sorrento. Una croce di pietra fu ritrovata anticamente e secondo la tradizione stava ad indicare proprio il luogo in cui l'apostolo si fermò benedicendo gli abitanti della zona. Proprio da questa devozione per il Santo sarebbe stata fondata l'abbazia sui colli che oggi portano il suo nome.

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