Il "Leone di vetro", la cessione del Veneto all'Italia e la storia raccontata dal cinema

Martedì 25 Novembre 2014, 13:29
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Nel Veneto, è diventata quasi una pellicola cult. Proprio quando la Lega di Matteo Salvini guadagna consensi alle recenti elezioni regionali. Presentata nello spazio della Regione Veneto al festival di Venezia, poi distribuita soltanto fino a Roma. Nei cinema della capitale, si ferma "Il Leone di vetro", film che racconta come il Veneto divenne italiano con il plebiscito del 1866. Sono i meccanismi e gli interessi economici della distribuzione cinematografica, che toccano anche una pellicola coraggiosa che racconta un'altra storia, diversa dall'ufficiale. Come nel Sud, anche nel Veneto l'annessione fu evento traumatico. Ed è proprio quella regione, tra quelel settentrionali, ad avere avuto, insieme con l'intero Mezzogiorno, un'antica storia identitaria. "Il Leone di vetro", naturalmente, è il simbolo della Repubblica di Venezia. E il film, diretto da Salvatore Chiosi, regista napoletano al suo primo lungometraggio, accenna anche ai passaggi fondamentali della storia secolare di Venezia. Fu Napoleone a conquistare la Repubblica, fu poi il Congresso di Vienna a sancirne la scomparsa regalandola all'Austria. Nel film le vicende di una famiglia di viticoltori diventano spunto per raccontare le origini di una regione contadina, che dopo l'annessione all'Italia visse, proprio come il Sud, una massiccia emigrazione all'estero. Soprattutto in Sudamerica. Il 21 ottobre del 1860 si votò per il plebiscito a Napoli, il 21 ottobre del 1866 si votò nel Veneto. Lì i risultati furono ancora di più da maggioranza bulgara: 641757 sì, solo 69 no e 366 schede nulle. Da ridere. Anche perché, nella Marina austriaca che aveva sconfitto quella italiana a Lissa, i marinai veneti erano la maggioranza. Ed esultarono alla vittoria contro le navi dell'ammiraglio Persano. Dopo il 1866, furono 47102 i soldati veneti congedati dall'esercito austriaco. Commentò con scherno l'ammiraglio austriaco Wilhelm von Teghettoff, vincitore a Lissa: "Navi di legno comandate da uomini con la testa di ferro hanno sconfitto navi di ferro comandate da uomini con la testa di legno". La cessione del Veneto, due giorni prima del plebiscito, fu sancita in un documento firmato in una camera dell'albergo Europa il 19 ottobre 1866. Un passa mano da farsa, come era già stato nel 1859 per la Lombardia: il Veneto girato dagli austriaci alla Prussia che poi lo passava all'Italia. La fortuna di una Nazione in fasce, sconfitta nelle due battaglie fondamentali di quella guerra (definita con enfasi Terza d'indipendenza), ma ugualmente arricchita di un territorio prezioso. Titolò la "Gazzetta di Venezia": "Questa mattina, in una camera dell'albergo Europa, si è fatta la cessione del Veneto". Poi, anche in Veneto, un crollo economico, l'emigrazione all'estero di tre milioni di persone, raccontata in preziosi libri pubblicati dall'editore trevigiano Santi Quaranta aggiunti alle memorie del generale piemontese Giovanni Genova Thaon di Revel. Anche il film "Il Leone di marmo" ha mecenati veneti: il produttore è la Venicefilm (che con il suo presidente Alessandro Centeraro crede molto nel cinema d'argomento storico), la Regione ha finanziato l'opera, girata in 15 giorni in provincia di Treviso. E il Consorzio vini veneti ha sponsorizzato la pellicola. Operazione culturale-storico identitaria dove, però, gli imprenditori non si perdono solo in chiacchiere, ma cacciano anche gli schei per finanziare le ricostruzioni cinematografiche. E' la prima volta che un film parla del 1866 e del pbeliscito nel Veneto. Le polemiche, naturalmente, sono sempre dietro l'angolo, soprattutto perché nel film si accenna all'eccessiva tassazione dello Stato italiano, alla rivendicazione d'identità e all'emigrazione. Insomma, si riportano temi d'attualità su cui punta molto la politica della nuova Lega nord. Ma ha detto il regista napoletano Chiosi: "Ho cercato di raccontare una storia scomoda, fuori da qualsiasi intento politico. Il Veneto ha vissuto, nel Risorgimento, molte esperienzi simili a quelle del Sud". Storie poco note, come lo sono state a lungo quelle del Mezzogiorno. Il Risorgimento, nel cinema, resta tema impegnativo. E non sono molti quelli disposti a rischiare, per raccontare volti e storie di vinti. "Via col vento" non abita in Italia.
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