Eugenio Bennato: «Nelle mie canzoni di contrabbando la tradizione è una frontiera aperta» Video

Eugenio Bennato e le sue canzoni di contrabbando
Eugenio Bennato e le sue canzoni di contrabbando
di Federico Vacalebre
Venerdì 29 Gennaio 2016, 21:16 - Ultimo agg. 21:49
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E venne il tempo del «classic folk», se mai musica popolare può diventare classica senza perdere se stessa, senza museificarsi. Succede che, mentre la Nuova Compagnia di Canto Popolare si affida nuovamente a Renato Marengo, suo primo produttore, e dopo i concerti con Tullio De Piscopo comparirà domani sera su Raiuno per esibirsi con Massimo Ranieri nel suo show, Eugenio Bennato, che dalla Nccp uscì per fondare Musica Nova, e poi abbandonò anche quel gruppo per scegliere una strada solista, accetta il rischio di antologicizzare se stesso con l'album «Canzoni di contrabbando» (Taranta Power/iCompany).

Con capolavori assoluti come «Brigante se more», stavolta cantata da Eugenio (che ai tempi di Musica Nova non l'aveva incisa con la sua voce) con il coautore Carlo D'Angiò e Pietra Montecorvino, e «Juzzella», con l'inno combat folk «Taranta power» e l'inedito «Mon père et ma mère» ed un pugno di brani che ripercorrono il cammino dell'etnocantautore, se è concesso il neologismo, da «Che il Mediterraneo sia», altro brano-slogan, al discorso sul brigantismo delle più recenti «Il sorriso di Michela» e «Ninco Nanco».

«Dopo oltre dieci album solisti provo a raccontare la mia opera come se fosse un work in progress che continua. Il titolo spiega la mia scommessa in direzione ostinata e contraria, per dirla con quel De André che è sempre più un faro di riferimento. Di contrabbando rispetto all'omologazione imperante, ma di contrabbando anche rispetto agli stereotipi di un folk da cui mi sono allontanato a tempo debito».
 



L'inedito, accompagnato al lancio da un videoclip, è «la storia di Enric Parfait, raccolta dalla sua viva voce a Tangeri. Era partito dal Camerun, aveva attraversato il Sahara, era arrivato sulle coste del Mediterraneo. E mi aveva folgorato lasciandomi in mano un foglietto in versi: "Mio padre e mia madre si son conosciuti in galera, in eredità mi hanno lasciato la miseria". Era poesia, era un grido di rabbia e rivolta, era ironia. Ho trovato una melodia semplice, adatta alla voce di mia figlia Eugenia, scugnizza italofrancese che vive a Tangeri».

Tra brani remixati ed altri riletti per l'occasione, tra le voci dell'Africa napoletana di M'Barka Ben Taleb e di Mohammed El Alaoui, dal 1989 di «Le città di mare» al 2015 del brano inedito, Bennato mette in fila pagine più travolgenti ed altre più intime e quasi da camera, alterna il dialetto (una sorta di «napoletano-salentino») con l'italiano, il francese, l'inglese, le lingue del mondo.
«Canzoni di contrabbando» destinate «ai contrabbandieri della nuova generazione, ai ragazzi che affollano i miei concerti in festival, centri sociali, teatri. E al pubblico internazionale a cui mi rivolgo sempre più spesso, cercando di mettere in scena la nostra diversità, ma anche le affinità di tutte le musiche popolari del mondo. Che non sono solo quelle folk: è popolare il blues napoletano di Pino Daniele, è popolare la metrica feroce dei rapper nati all'ombra del Vesuvio. Con Taranta Power abbiamo riavvicinato tanti, giovani e non, alla musica popolare. Oggi è di moda? È vero. La Notte della Taranta è un grande business e corre il rischio di snaturare il messaggio originale? Può essere, ma intanto, tammorre, chitarre battenti e castagnette suonano come mai: possiamo dibattere sul modo di usarle, non avere paura che siano usate, conclude il contrabbandiere del nu folk per cui «la tradizione è sempre una frontiera aperta, mai un muro, un ghetto, una riserva».
 

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