Morto Gianmaria Testa, chansonnier-capostazione amato dai francesi che cantava anche in napoletano

Gianmaria Testa
Gianmaria Testa
di Federico Vacalebre
Mercoledì 30 Marzo 2016, 11:15 - Ultimo agg. 1 Aprile, 09:38
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Purtroppo la notizia era attesa. Gianmaria Testa stava male da tempo, aveva interrotto tour e altre attività, infine aveva confessato ai fans, con la discrezione di sempre: «Per mesi non ho detto niente perché avevo paura di rompere le scatole alla gente. Alla fine mi sono reso conto che è meglio raccontare, è meglio spiegare. Ho un tumore, non è operabile. I medici mi hanno detto che nei prossimi mesi devo annullare ogni altro impegno che non sia curarmi».
E' morto stamattina, a  57 anni,  nel centro di riabilitazione Ferrero di Alba (Cuneo), dove era ricoverato da alcuni giorni. Accanto a lui la moglie Paola e il cognato Oscar Farinetti. «Gianmaria se n'è andato senza fare rumore. Restano le sue canzoni, le sue parole. Resta il suo essere stato uomo dritto, padre, figlio, marito, fratello, amico», ha annunciato la sua pagina Facebook. .

 Era nato a Cavallermaggiore, dove ha iniziato il mestiere di ferroviere, arrivando a diventare capostazione: fiero del suo berretto rosso, ha mantenuto il doppio lavoro fino a quando possibile, usando aspettative e permessi prima di decidere di abbandonare per la musica. Ci era arrivato per caso, in ritardo, e non certo grazie alla discografia italiana: l'avevamo scoperto nel 1993 grazie al Festival di Recanati che tentava, e in quel caso ci riuscì, di rimettere in contatto canzone d'autore e poesia. Fu la Francia ad accorgersi di lui ea scommettere su di lui, sino ai trionfi all'Olympia, l'Italia arrivò dopo, e, in fondo, poco e male, quasi disturbasse il successo di quel cantautore che con apparteneva a nessuna scuola, parrocchia o scuderia, che non era "storico" ma nemmeno "giovane".
Sei album "Montgolfières" (1995), "Extra-Muros" (1996), "Lampo" (1999), "Il valzer di un giorno" (2000), "Altre latitudini" (2003), "Da questa parte del mare" (2006), "Vita mia" e i due live "Solo" (2009) e "Men at work" (2013) raccontano la sua carriera almeno quanto i suoi concerti: più di 3000 concerti in Francia, Italia, Germania, Austria, Belgio, Canada, Stati Uniti, Portogallo, tra teatri e festival, è piccole sale (a Napoli lo ricordiamo alla Galleria Toledo, il Sud è stato ancora più diffidente nei suoi confronti, almeno sino allo scoppio del grande amore con "'Na stella", delizia in dialetto scritta con Fausto Mesolella) e grandi arene.
Viaggiando sui binari aveva imparato a liberare i sogni nel cielo, catturando dai finestrini fermoimmagine su cui costruire storie e melodie. La canzone per lui non era un limite, al massimo era un confine da superare, come fece irrompendo nei teatri o nel mondo della narrativa per i più piccoli, privilegiando sempre collaboratori eccelenti: con Rava, la Banda Osiris e Bollani divise uno spettacolo su Buscaglione, con Erri De Luca e Marco Paolini i palcoscenici, con Altan storie per bimbi illuminati, con Enzo Pietropaoli, Paolo Fresu, Mario Brunello, Rita Marcotulli festival ed esperimenti.

Sapeva farti sentire "Dentro la tasca di un qualunque mattino", poteva rapirti in un "Lampo" discreto, ti portava a seguire "Le traiettorie delle mongolfiere": tante le sue canzoni di culto, insieme sale e balsamo sulle ferite di chi, come lui, confessava di aver vissuto. Sapeva cantare l'amore ma anche il disamore, i diseredati di ieri come di oggi. Contadini, lavoratori, non important people, migranti italiani che partivano con i bastimenti da Santa Lucia e clandestini disperati su una carretta del mare con destinazione Lampedusa si incontravano in dischi che non cercavano lo slogan ma sollecitavano il pensiero, la riflessione, ora rabbiosa ora spaesata e malinconica.
Ironico, sempre discreto, laico, con un bicchiere spesso a portava di mano, la sua scomparsa ha provocato molti commenti in rete. Fausto Mesolella gli ha dedicato, puntuale, "'Na stella", ma è stato l'amico Erri De Luca a vergare le parole più commosse, usando un termine forse desueto, "compagno", ad entrambi, e non solo a loro, ancora caro: "Allora compagno, non ci abbracceremo più. Non abbiamo creduto ai tempi supplementari dell'aldilà, perciò ci siamo abbracciati al termine delle nostre serate su un palco. Erano precedute da una cena e dal vino, che ci seguiva anche sulla pedana della ribalta. Ci siamo abbracciati cento, mille volte, il mio braccio ha lo stampo della tua spalla, il tuo braccio della mia. Usciva, dal fascio di luce senza inchini, salutando con il verso di una tua canzone: e con la mano, che non veda nessuno, con questa mano ti saluterò". 
Il 19 aprile Giulio Einaudi pubblicherà "Da questa parte del mare", un po' sua autobiografia, un po' storia di altri, a partire da quei migranti che gli avevano ispirato l'album omonimo del 2006, che nello stesso giorno tornerà nei negozi in edizione vinilica per la Egea.

Il 5 maggio Paolo Rossi porterà in scena al teatro Colosseo di Torino "Rossi in Testa" riprendendo tutti i materiali scritti per lui da Gianmaria in anni di collaborazione.

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