Luciano Cilio, "Dialoghi del presente" trent'anni dopo

Luciano Cilio, foto di Fabio Donato dall'archivio di Girolamo De Simone
Luciano Cilio, foto di Fabio Donato dall'archivio di Girolamo De Simone
di Federico Vacalebre
Lunedì 18 Novembre 2013, 16:32 - Ultimo agg. 17:06
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Era il 2004 quando la benemerita indie Die Schachtel stamp su cd, in edizione limitata, Dell’universo assente, molto pi che una semplice, per quanto attesa e necessaria, ristampa di Dialoghi del presente, unico album consegnato ai posteri da Luciano Cilio: Girolamo De Simone, compositore d’avanguardia napoletano come l’amico che si tolse la vita appena trentatreenne il 21 maggio 1983, ai brani di quell’lp pubblicato dalla Emi nel 1977, aveva aggiunto pochi frammenti inediti da lui ritrovati ed alcuni episodi in cui rileggeva, con il suo pianoforte e l’elettronica le pagine di Cilio. Nove anni dopo, nel trentennale della scomparsa di Cilio, fantasma di una sperimentazione troppo presto rinnegata ma non solo per questo ancora «diversa», tocca ancora alla Die Schacthel e a De Simone, riportare «Dell’universo assente» alle orecchie assetate di «musica nuova», che tale sembra, ancora oggi, l’opera di Luciano, così ingenua, così avventurosa, così antesignana. Al cd, sempre in edizione numerata, si aggiunge un doppio vinile, ancora più raro e prezioso, anche perché «fa strano» trovarsi di fronte a un nuovo/vecchio 33 giri di un artista così poco pacificato da non aver saputo trovare conciliazione con una scena musicale stretta tra accademie ancora chiuse e cieche e sorde e movimenti giovanili che correvano troppo in fretta per accettare riflessioni profonde e rischiose. E De Simone espande lo spazio delle sue riletture, consapevole di una triste realtà, «l’assenza quasi totale di spartiti leggibili, ragione per la quale essa può essere oggi eseguita soltanto da chi la suonò allora, quindi solo da Eugenio Fels e da me, in versioni necessariamente ”personalizzate”».

I quattro quadri, l’interludio», lo studio per fiati, i nove minuti e passa di «Della conoscenza» si ripresentano sotto forma di suoni insieme sognanti ed inquieti. Pianoforte, chitarra, vocalizzi, percussioni che oggi diremmo etniche. Cilio oltre al piano suona flauto, basso, mandola. Tony Esposito è alle percussioni, Bob Fix al sax soprano, Patrizia Lopez alla voce, Peppino Romito all’oboe e il corno, Elio Lupi al violoncello, Paolo De Simone al contrabbasso, Pippo Cerciello al violino.

Qualcuno ha riscoperto queste musiche quando la rivista londinese «The Wire» le inserì in una sua antologia, molto ha fatto l’interesse di uno sperimentatore come Jim O’Rourke (passato dai Sonic Youth alla produzione dei disco dei Wilco), che parla di un lavoro che viene da anni Settanta capaci di essere «sperimentali davvero ma meno accademici di quanto ci si possa aspettare». Suoni classici, minimalisti eppure prog, folk che stava per diventare world music convivono come per necessità.

«Un autentico testamento emotivo, qualcosa da tenere a cuore», dice O’Rourke, ambientando il lavoro in quell’avanguardia italiana anni ’70, tra Area, il primo Battiato e le sperimentazioni vocali di Alan Sorrenti, risposta italiana a Tim Buckley (sì, il papà di Jeff), alla cui corte trovarono ospitalità le percussioni e le padelle di Toni Esposito. Nel riascoltare quel testamento emotivo vengono in mente Third Ear Band e Popol Vuh, O’Rourke sente in esso la «necessità» del debutto dei This Heat, di «Time of the last persecution» di Bill Fay, di «In noise» di Tenno, di un capolavoro meno di nicchia come «Pink moon» di Nick Drake. Un esorcismo che trent’anni dopo non suona superato. «Dialoghi del tempo presente», appunto. Schegge «Dell’universo assente».
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