Giovane Hitler, l'unico amico del Fuhrer: «La prima volta che parlò di rivoluzione»

Giovane Hitler, l'unico amico del Fuhrer: «La prima volta che parlò di rivoluzione»
di Chiara Graziani
Domenica 19 Marzo 2017, 22:58 - Ultimo agg. 15 Ottobre, 22:26
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«Perchè non l’hai ucciso?» chiede l’ufficiale americano al suo prigioniero. «Perchè era mio amico».
Adolf Hitler ha avuto un solo amico in vita sua, l’uomo che non l’ha ucciso: August Kubizek, figlio di un tappezziere, era nato a Linz nove mesi prima del futuro Fuhrer del Terzo Reich la cui vicenda umana ci è costata dieci milioni di morti, la peggiore guerra della storia dell’umanità e, soprattutto, l’apertura del velenoso vaso di Pandora della rivoluzione razziale che non s’è mai richiuso e non si richiuderà mai più.

Gustl e Adolf - così si sono chiamati per quattro anni - sono cresciuti insieme in un rapporto quasi esclusivo dall’età di quindici anni. Oggi la casa editrice Gingko torna a pubblicare «Il giovane Hitler che conobbi», che Kubizek scrisse nel 1953 e che fu pubblicato in Austria con il titolo più espressivo Adolf Hitler, Mein Jugendfreunde; Hitler, il mio amico d’infanzia.

Il racconto ordinato, fin troppo, di Kubizek non è solo uno straordinario documento storico sulla formazione di una personalità ermetica e non ancora indagata completamente. La Vienna del 1908 (sullo sfondo della quale l’amicizia arriva all’epilogo brusco della scomparsa - letterale - del futuro Fuhrer dalla stanza miserabile dove infilzava le zecche su uno spillo) è sorprendentemente simile alla città globale di oggi. È un crogiolo di nazionalità diverse (definite «razze») dove l’ingiustizia sociale riempiva la Ringstrasse dietro lo striscione «Hunger» (fame), sull’orlo di una guerra mondiale preannunciata dal logoramento del prestigio di istituzioni rissose e delegittimate, pervaso dall’attesa di una svolta violenta e dal presentimento di un collasso che avrebbe ribaltato tutto. In questo collasso imminente il giovane Adolf, studente mediocre ma dotato, aveva a ragione una fede profetica. Tanto da buttarsi anima e corpo nello studio dell’architettura da autodidatta. Escluso dall’Accademia delle arti, senza un titolo di studio che gli consentisse di cambiare indirizzo, dice di sapere che, ben presto, i titoli accademici non sarebbero serviti più a nulla. Solo il valore dell’individuo.

E’ così freneticamente, maniacalmente, teatralmente studiava a modo suo come diventare l’architetto del nuovo Reich, l’architetto di una rivoluzione razziale. Adolf non distingue la realtà dalla sua immaginazione e neppure Gustl che lo ascolta partorire idee faroniche. Hitler, spiantato diciottenne, riorganizza sulla carta Vienna sovrappopolata in case quadrifamiliari ad un piano, e lo fa dopo un’assenza di tre giorni e tre notti non spiegata al suo compagno di stanza, August, che invece studia regolarmente al conservatorio. Un ragazzo pateticamente visionario, al limite della paranoia, isterico, condannato ad una vita ai margini dalla mancanza di titoli di studio, di capacità di relazione, di famiglia, di empatia. Gustl l’ha incontrato anni prima al teatro di Linz, appoggiato alla colonna di destra fra i posti in piedi della Promenade: da quel momento August diventerà per Hitler il suo pubblico, il suo strumento, il testimone unico delle sue allucinazioni romantiche. Il figlio del tappezziere tradurrà tutto questo con la parola «amico». E anche Hitler, che della parola ignorerà sempre il significato, lo farà solo per lui.

Contrariamente a tutte le premesse non solo Hitler si affrancherà dalla stanza delle zecche e dalla fame, ma arriverà al vertice di tutto in una delirante dissociazione ideologica dalla realtà che, scopriamo, viveva fin dall’adoloscenza. Il racconto è coerente con quanto già si sa della personalità di Adolf Hitler e pare attendibile negli episodi al netto della prospettiva personale di chi scrive (per inciso la traduzione è dall'inglese ed avrebbe potuto essere migliore). Non risolve l’enigma dell’ascesa in politica che l'uomo intraprende proprio attorno al 1908. Hitler, infatti, nasconde tanto di sè a Gustl (l’«allocco» o il «bambino»). E la sua guardia personale, le SS, infatti, si ricorderanno di Kubizek prima che il tiranno ed il musicista si ritrovino, il 9 aprile del '39. A marzo si presentarono alla sua porta per avere «tutta la documentazione» sugli anni giovanili del Fuhrer: cartoline, lettere, schizzi, progetti, acquerelli. Quegli anni miserabili e durissimi hanno qualche cosa che non abbiamo ancora capito e che sarebbe molto utile capire oggi nella nuova Vienna globale insidiata dalla rivoluzione razziale.

Anche per questo è utile leggere questi ordinati ricordi strordinari.
Magari sorridendo della povera signora Maria Zakreys, la vecchia padrona di casa dei due amici, che al tramonto della vita si trovava Hitler in cucina a gridare a notti intere di «tempesta della Rivoluzione» di «Stato tedesco ideale» e di «riforma sociale», facendo tre passi all’andata e tre al ritorno, per ore e ore. Morì prima dei fatti, la vecchietta, ricordando uno stravagante ragazzo pallido, che apprezzava per la puntualità nei pagamenti e perchè non le portava donne in casa. Tutto è cominciato oltre la parete della sua cucina. Ma Maria Zakreys sentì tutto e non se ne rese conto. Era la Vienna del 1908. 
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