I messaggi in bottiglia per una figlia nel romanzo di Carmen Pellegrino

I messaggi in bottiglia per una figlia nel romanzo di Carmen Pellegrino
di Renato Minore
Martedì 6 Giugno 2017, 16:08 - Ultimo agg. 7 Giugno, 09:23
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“Ho deciso di scriverti tutte le volte che posso, da oggi fino a Natale”. Ogni giorno, da quando sua figlia è andata via di casa senza dirlo a nessuno, le spedisce una lettera il padre Giosuè che abita in un paese dell’Appennino lucano. Ma non usa mezzi tradizionali o virtuali, la affida a una bottiglia sul fiume, convinto che quei messaggi possano arrivare comunque, nonostante l’invalicabile distanza che li separa e la possibilità ridotta a zero che la comunicazione avvenga, in qualche modo. Ma non importa, l’acqua del fiume con il messaggio che porta, si trasforma da elemento naturale a materia da “sogno” che permette di “comunicare” con chi è assente o scomparso.

Quel padre è, potrebbe essere raffigurato dall’uomo con cappello e soprabito, arrampicato sopra una scala appoggiata a una siepe o un muro, immobile a guardare oltre o dietro di sé, in un groviglio inestricabile, secondo la suggestiva figura della copertina firmata da Rodney Smith. Giosuè è un vecchio militante di sinistra, segnato dalla disillusione storica e personale, un uomo solo e disincantato che cerca le voci del suo passato per non esserne travolto.

I capitoli con le lettere scritte da lui si alternano alla voce narrante nel secondo romanzo di Carmen Pellegrino “Se mi tornassi questa sera accanto”. E la voce narrante prende forma e poetica consistenza nel muoversi dentro gli slanci, le pause, le riprese di una storia di silenzi e di distanze familiari che si allargano, mescolano il passato e il presente (con il passato che prende sempre la forma del presente), i diversi piani temporali con i ricordi alternati ai rimpianti, le utopie confuse alle urgenze del quotidiano, la ricerca “della parola che ripara, la parola che aggiusta”.

Lulù è l’amatissima figlia inseguita da un senso di colpa perenne che le ha impedito di seguire la sua felicità e che, alla fine della sua fuga, s’imbatte si nuovo in un fiume e in un uomo che forse la salverà. E nel soffocante triangolo familiare c’è anche la madre Nora, affetta da una grave forma di depressione che ogni giorno di più ha riversato sulla figlia il suo male di vivere, la sua perenne cupezza.

Il tono realistico del racconto è come sospeso in una dimensione borderline che tocca e si anima nel tratto favolistico e in quello più propriamente onirico. In questa dimensione la rugosa realtà (dai giorni del terremoto dell’Irpinia fino ad oggi) della Storia da cui possono essere trascinati i protagonisti, si ribalta in favola e sogno. Si snoda e s’incastra il teatrino dolcemente ossessivo di un padre che opprime “senza mai domandarsi se avesse bisogni, aspirazioni o soltanto desideri”, di una figlia amata e pronta a sacrificarsi, di una madre ferita a morte dalla vita che può anche essere un laccio capace di stringere e soffocare in silenzio.

“Se mi tornassi questa sera accanto” è il secondo romanzo della Pellegrino (classe 1977, cresciuta a Postiglione, nel Salernitano, allieva dello storico dell’età contemporanea Giovanni De Luna, collaboratrice dell’antropologo Vito Teti) dopo il successo di “Cade la terra”, esordio narrativo ambientato in un paese estinto chiamato Alento (la Roscigno Vecchia del Cilento) in un Sud che sembra preistoria, con cui è entrata nella cinquina del Campiello, La sua indagine sui luoghi abbandonati intesa come una ricerca della vita clandestina che ancora permane, ha generato un neologismo che la identifica: “abbandonologa”.

“Se mi tornassi questa sera accanto” deve il suo titolo a un verso di una poesia di Alfonso Gatto dedicata al padre. E la poesia alimenta la narrazione con parole che vengono da Montale e dalla Dickinson, da Dante fino alla Gualtieri e a Nedda Falzolgher: la poesia (scrive Pellegrino) ” questa cosa che è di tutti e che sbaraglia i muri di confine, può rendere la vita più lieta , più riuscita”. La “poesia” va oltre la fattualità del racconto, lo spinge verso la ricerca di una profondità diversa, di un senso che riduce lo spazio stesso del racconto. Così Carmen Pellegrino riesce a fare del suo romanzo un romanzo lirico e nostalgico, malinconicamente sedotto dalla figuratività dei luoghi in cui si muove (il fiume o le colline) . E dalla capacità di “essere” insieme con essi, di farne scaturire la verità (la “verità” dell’incontro con l’altro, dell’ascolto con l’altro che è rappresentato dal perdono e dalla riconciliazione finale) contro l’assedio feroce dell’inautentico che potrebbe sommergere tutto.

Carmen Pellegrino
Se mi tornassi questa sera accanto
Giunti
232 pagine 16 euro
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