Vasco per tutti, tutti per Vasco: a Modena Park la carica dei 220mila

Vasco per tutti, tutti per Vasco: a Modena Park la carica dei 220mila
di Federico Vacalebre
Venerdì 30 Giugno 2017, 09:11 - Ultimo agg. 14:28
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Secondo Wikipedia, Modena conta 184.998 abitanti. Domani sarà invasa dall’esercito del Blasco, 220.000 spettatori paganti, anzi molti sono già in città ormai da giorni, di sicuro quelli del fan club ufficiale, a cui ieri sera il Vate di Zocca ha regalato la prova del concertone da Guinness dei primati, un’esibizione a porte chiuse, davanti ad «appena» 10-15.000 privilegiati, residenti del quartiere inclusi.

I numeri sono da record, i preparativi della vigilia pure, l’angoscia per il ritorno-esodo anche. Maturità posticipata, caselli autostradali chiusi, trasporto pubblico fermato, messe sospese, funerali rinviati, cimiteri chiusi, città blindata, vietata la vendita di lattine e bottiglie di vetro, blocchi stradali, telecamere a riconoscimento facciale, un attentato con bomba-carta alla scuola di polizia ieri... E, ancora, la diretta integrale in 197 cinema, tre palazzetti dello sport e - sembra - a Rimini anche su maxischermi sulla spiaggia e quella meno integrale su Raiuno condotta da Paolo Bonolis, evento nell’evento, a cambiare la storia dello spettacolo dal vivo in Italia, e forse non solo. Già perché il Belpaese, da sempre periferia dello showbusiness planetario, con Vasco Rossi porta a casa un record mica male, superando quello precedente degli A-Ha che nel 1991 si esibirono allo stadio Maracanà di Rio de Jaineiro davanti a 198.000 spettatori paganti. Modena Park da domani diventerà il concerto con più biglietti staccati della storia.

Perché? Domanda da mille milioni, la risposta è persa nel vento come quella che inseguiva Bob Dylan tanti anni prima del Nobel, la fenomenologia del Komandante segnala la sua stringata capacità di sintonia con il pubblico, di fare «massa» restando sempre un po’ fuori dalla mischia, di essere voce generazionale un tempo, intergenerazionale oggi, parlando a «veri» ragazzi ed «eterni ragazzi». Ai tempi dei cantautori era un cantautore, ma rock. Al tempo del rock più duro e acido era un rocker ma capace delle tenerezze di «Albachiara». Al tempo del primato della sinistra, era di sinistra, versione emiliana, ma tendenza laico-radicale. Al tempo bigotto di Nantas Salvalaggio la vita spericolata era la sua quotidianità, ma è sopravvissuto, ha messo la testa a posto ma non troppo ed ha raccomandato ai suoi fans di non prenderlo per esempio, soprattutto su quel fronte.

Modena Park è un luogo importante del suo immaginario, sin dai tempi di «Colpa d’Alfredo» (1980), era da quelle parti che abitava la tipa che poi «è andata a casa con il negro, la troia». Ma solo un anno prima, un altro raro esempio di cantarocker italiano era rimasto colpito dalla cornice, Ivan Graziani, affascinato dal constatare che «qui le ragazze hanno gli occhi verdi e le tue idee... A Modena Park puoi starci anche tutta la vita. a Modena Park puoi fare l’amore semplicemente se vuoi». Ma ormai Modena Park è e sarà a lungo sinonimo del Blasco, altare innalzato alla sua fama, alla sua voglia di kolossal, al primato (quantitativo di sicuro) dell’adrenalina.

Per 30 euro da quelle parti ti affittano uno strapuntino su un balcone e un binocolo per seguire lo spettacolo come se ci fossi dentro. L’eterna rivalità con Ligabue segna un - definitivo? - punto di vantaggio per l’uomo di «Fegato spappolato», i numeri di Campovolo sono quisquilie rispetto a quest’adunata che sfida anche la paura, l’Isis, il secondary ticketing (gli ultimi biglietti in vendita in rete ieri viaggiavano sino ai 350 euro, con i siti intasati dalla richiesta), il caldo, la stagione degli esami di maturità...

Impossibile, a Modena, park e non, chiedersi «Cosa succede in città». C’è Vasco cos’altro potrebbe succedere? Il sindaco lo ringrazia per aver trasformato la sua città in una «capitale del rock» e dopo anni di disinteresse la politica torna a guardare alla musica con interesse non solo sotto elezioni. La domanda è sempre quella: perché? Perché tutta questa passione/devozione per un sessantacinquenne? Perché - mentre l’Italia rottama Renzi e non vede un Macron all’orizzonte, ma nemmeno un Corbyn - lui, proprio lui, solo lui, risveglia pulsioni da adunata oceanica in tempi in cui la condivisione guarda a Facebook e ai social network piuttosto che ai sogni comunitari alla Woodstock? Perché nessun altro, in nessun settore, riesce in Italia dove il signor Rossi riesce? «Alla gente povera rimanga l’onestà/ a vantaggio di chi non c’e l’ha / che comunque può comprarsela/ Ma restate pure calmi lì seduti al bar/ per il vostro dio e per i vostri piccoli guai/ no non è successo niente... niente», sembra rispondere lui con il tono da filosofo di strada, piazzando in scaletta «Ed il tempo crea eroi», mai suonata prima dal vivo. Con lui il tempo è stato, se non galantuomo, complice, ha creato un eroe un po’ irraggiungibile e un po’ della porta accanto, nichilisticamente e luddisticamente fedele alla sua squadra: nessuna special guest sul palco a dividere la smisurata preghiera di una notte di sogno di inizio estate, i batticuore di 220.000 anime in tumulto. Ma gli amici di sempre, quelli che c’erano già ai tempi del Roxy Bar, vuoi non si godano il bagno di folla? Gaetano Curreri ci sarà, per «Anima fragile», come quando fu registrata. Maurizio Solieri e Andrea Braido ci saranno, a far ruggire le loro chitarre, a ricordare che la ruggine è sempre in agguato, a darci dentro anche per Massimo Riva.

Quarant’anni di carriera in una quarantina di canzoni, circa tre ore di show. Gli hit di sempre, le ballate, gli assoli, i cori da stadio e le pause per rifiatare ci saranno. Chissà se in scaletta troverà spazio «Siamo soli»: sarebbe straniante, e molto vascorossiano, intonare con altre 220.000 persone: «Siamo vivi... siamo soli». Un oceano di solitudini alla corte del re Blasco: sarà pure solo un rock’n’roll show, ma quelli del Modena Park sognano una vita alla Vasco Rossi e, in molti, non sanno neppure chi è stato Steve McQueen.
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