Moravia, Bianciardi e il lavoro culturale

Moravia, Bianciardi e il lavoro culturale
Venerdì 28 Luglio 2017, 10:10 - Ultimo agg. 23:18
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Bompiani ripropone “La noia” di Alberto Moravia e in appendice ci mette lo scrittore che intervista se stesso, per giustificarsi. Una auto-intervista apparsa su “L’Espresso” – quando non usciva in allegato – nel novembre del 1960. A parte l’involontaria comicità, vengono in mente le lettere che Luciano Bianciardi si inviava nella posta sul “Guerin Sportivo” e la differenza salta agli occhi: dove Moravia meccanicizza, Bianciardi trascina. Poi, oggi, a fare due conti, si può dire che il modello Moravia ha vinto, in molti sembrano replicare la compostezza del ruolo, il suo essere perfettamente ad agio nelle azioni di potere fino all’abuso (citofonare Giuseppe Berto, che lo subì). Certo, Moravia ha scritto anche romanzi di peso con sfumature che coglievano nel segno e restituivano abusi e paure borghesi, ma nessuno di quei romanzi vale “La vita agra”. Di Bianciardi manca l’ironia, non la dissoluzione, l’eversione culturale prima dell’amore per il romanzo storico. Dove Moravia pontificava, Bianciardi scherzava, dove uno accumulava, l’altro disperdeva. E oggi ci rimangono il senso del ridicolo del primo e la forza del secondo. 
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