Reggio Calabria in festa per i 170 anni del «suo» Tricolore

Il dipinto "Echi di storia patriottica"
Il dipinto "Echi di storia patriottica"
di Mario Meliadò
Sabato 2 Settembre 2017, 16:55 - Ultimo agg. 3 Settembre, 14:42
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Celebrato nel cuore della montagna calabrese, a Santo Stefano in Aspromonte, il 170esimo anniversario della nascita del Tricolore. Sì, stando a quanto rivendicano i “neopatrioti” calabresi, per la prima volta venne fatta sventolare proprio qui il simbolo che nel 1797 era stato adottato come vessillo della Repubblica cispadana e che sarebbe diventato la gloriosa bandiera d’Italia. E da 13 anni viene ricordato con una manifestazione ufficiale in questo centro di poco più di 1.200 abitanti quel fatidico 29 agosto del 1847 in cui gli alfieri locali dell’unificazione del Paese la brandirono pubblicamente, in piazza, per la prima storica volta. Quasi tre lustri prima del 1861 e della formalizzazione dell’Unità d’Italia. 
 

 


Così, martedì scorso, a scandire solennemente i tempi dell’alzabandiera, davanti alle massime autorità civili e religiose, c’erano i carabinieri della stazione aspromontana, l’Associazione nazionale bersaglieri e la fanfara. 
Nel contesto della “Festa della Bandiera” promossa dal Comune in sinergia con l’Ente Parco nazionale d’Aspromonte e la locale Consulta giovanile, ha emozionato l’inaugurazione del “murale” sul tema (“Echi di storia patriottica”) realizzato dalla pittrice Daniela Autunno. Il monumento pittorico illustra «passato e presente in continua osmosi», rappresentando tra l’altro il Castello aragonese di Reggio Calabria da cui partì il segnale di rivolta contro i Borboni e le fregate borboniche “Guiscardo” e “Ruggiero” pronte, per tutta risposta, a bombardare la città dello Stretto.

Il primo cittadino di Santo Stefano Francesco Malara e il sindaco della Città metropolitana di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà hanno affiancato gli storici Elio D’Agostino e Carmela Cutrì nel ricordare i passaggi della storia risorgimentale che hanno interessato molto da vicino queste zone interne della Calabria “selvaggia”, che sull’altare dell’unità del Paese versarono un rilevante tributo di sangue, donando all’Italia patrioti intrepidi e misconosciuti come Domenico Romeo, che in seguito alla repressione della rivolta da parte delle truppe borboniche fu ucciso e decapitato: la sua testa fu esposta per due giorni nel cortile del carcere reggino all’epoca intitolato a San Francesco, come monito per tutti i combattenti per la libertà e l’unità del Paese. Questo però non bastò a domarli, e i discendenti di Romeo a loro volta abbracciarono la causa, perorandola anche da deputati del Regno.
«Oggi è fondamentale richiamarsi a quei valori – ha affermato, tra l’altro, il sindaco Malara – proprio per far capire ai giovani l’importanza di riconoscersi nei colori del Tricolore, purtroppo spesso vituperato da un dibattito politico sempre più superficiale e populista».

 

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