Torpedine: quanta ingratitudine
da Bocelli, Zucchero & Co

Michele Torpedine con il Volo
Michele Torpedine con il Volo
di Federico Vacalebre
Lunedì 16 Ottobre 2017, 18:59
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Il titolo dice molto, se non tutto: Ricomincio dai tre. Se Michele Torpedine, uno dei producer più importanti della musica italiana, 78 milioni di dischi venduti, ha deciso di raccontarsi in un libro (Pendragon, 248 pagine, euro 16), lo ha fatto anche perché con il Volo ha ritrovato successo e, soprattutto, fiducia: «Mi piace ancora la musica, un po’ meno il mondo della musica», spiega appena tornato da Miami, «dove abbiamo lavorato al prossimo album del trio: sarà una bomba», promette.
Il racconto («da una famiglia di un paesino della Puglia settentrionale, Minervino Murge, alla Casa Bianca con Clinton e Blair», sintetizza lui) ha una sorta di doppio binario: scorre sciolto e fluido, come il ritmo che il batterista Torpedine scandisce per i primi 27 anni della sua carriera (suonando per tutti, da Lucio Dalla a Orietta Berti, e togliendosi anche lo sfizio di fare da supporter a Jimi Hendrix e di esibirsi con Ray Charles), quando si racconta come musicista (smise perché i virtuosismi di Tullio De Piscopo l’avevano fatto sentire un dilettante o quasi), si intorbidisce quando affronta i decenni più recenti, da produttore. Certo, i primi sono anni di routine e i secondi di successo, ma... «Ma in questo mestiere la gratitudine è merce rara», si incupisce, «forse non avrei scritto questo libro se gli artisti con cui ho lavorato avessero avuto per me il sentimento che Jovanotti prova per Cecchetto: l’ho visto in tv da Bonolis, davanti a una foto di Claudio gli sono venuti i lucciconi ed ha ammesso: ”Quest’uomo mi ha cambiato la vita”. Ecco, io credo di averla cambiata a qualcuno la vita grazie al mio intuito, insieme artistico e commerciale, alla mia perseveranza, ma non mi sembra che quel qualcuno, più di uno, l’abbia ammesso. Anzi vedo che in tanti si divertono a riscrivere le storie che abbiamo scritto insieme. Peccato che io c’ero sempre, loro meno spesso».
La polemica, insomma, scorre tra le pagine. Il pugliese di Bologna quando prova a passare dietro le quinte incontra Willy David, il produttore storico di Pino Daniele, ed è con lui, e con Gianna Nannini, che inizia il suo apprendistato. Con il Nero a Metà, si rivedrà nel 2008: sua, ricorda, l’idea del ritorno del supergruppo, che, scrive (e non approva) Torpedine, a un certo punto pesa sul cantautore partenopeo, convinto di aver sbagliato perché «l’operazione lo invecchia e lo riporta indietro nel tempo».
Da batterista/tour manager di Gino Paoli, grande della canzone d’autore italiana ma «commercialmente» poco sfruttato, ha la sua prima intuizione: «Una lunga storia d’amore» (rifiutato da Valenti della Rca: «Roba vecchia») e il tour con la Vanoni, sono i suoi primi successi da produttore. Dopo la sequenza è eccezionale ed inizia con Zucchero («50 milioni di lire per farlo duettare con Sting, 100.000 dollari per farlo suonare con Miles Davis, che aveva rifiutato Pino Daniele: in Polygram lo definivano “un morto che cammina”, ma io ho insistito, lui aveva le qualità e... proprio grazie a Paoli ho trovato il modo giusto per lanciarlo. Poi ho dovuto lasciarlo perché ero diventato l’alibi del suo mancato successo all’estero, dovuta, invece, banalmente, alla carenza di originalità».
Il Fornaciari viene descritto come un soulman che «sente sue» anche le cose scritte da altri. Ed è lui, comunque, che porta la storia a Bocelli, che, da oscuro artista di pianobar, registra il famigerato provino del «Miserere» destinato al duetto con Pavarotti: «Nella fiction su Andrea appena andata in onda su Raiuno il mio ruolo è messo in ridicolo, lo tengo sulla corda ad aspettare per due anni, invece quell’attesa è durata poco più di un mese e.. gli ho cambiato la vita. Come ad Antonacci, come a Giorgia, come a Cristiano De André quando gli ho fatto cantare il padre». Anche la Todriani, nonostante la voce eccezionale, non piace subito: Stefano Senardi, allora Polygram, non la porta a Sanremo nel 1989, poi però... «Sarà proprio la vittoria all’Ariston l’anno dopo con “Come saprei” la fine del nostro rapporto: temeva le facessi cantare le “canzoncine” di Zucchero, eppure tornerà al Festival nel 2001 con “Di sole e d’azzurro”, proprio di Sugar». Poi Bocelli, 64 milioni di dischi venduti con Torpedine, un successo planetario, «e una nuova ingratitudine».
Torpedine nel libro non ha peli sulla lingua nemmeno parlando di Gerardina Trovato, Vittorio Grigolo, Ivano Fossati e Eduardo De Crescenzo (ritenuti entrambi ostaggio delle compagne).

E nemmeno di se stesso, che si tratti di soldi o di sesso. Mai sposato, è saltato da un letto all’altro («gli assegni»: così Pavarotti chiamava le bellezze di cui si circondava, «perché le donne costano»). Quando gli sembrò di poter mettere su casa fu beccato in flagrante dalla fidanzata: entrò in casa e lo trovò a letto con due allegre pulzelle.

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