I ministri al Premio Tenco:
studiamo i cantautori a scuola

Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni
di Federico Vacalebre
Venerdì 20 Ottobre 2017, 14:39
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Al primo piano del Palafiori inizia «Area Sanremo», l’unico concorso giovanile che dà accesso al Festival: 1.800 iscritti quest’anno. Al livello superiore il Premio Tenco 2017 inizia con un dibattito sui «Cantautori a scuola», con Dylan come convitato di pietro. Tutta colpa/merito di sua Bobbità se una scuola mummificata come quella italiana pensa di aprirsi a De André e Daniele: il Nobel che ha riconosciuto il valore letterario della sua opera ha spinto il ministro della Cultura Franceschini ad una prima apertura.
Nel tempo in cui i padri nobili sono (quasi) tutti in pensione, se vivi, e i nuovi cantautori sono indie/mainstream alla Thegiornalisti o rapper/trapper, il Club Tenco si reinventa e riunisce per la prima volta operatori della scuola e della musica, editori, giornalisti, artisti, istituzioni. Franceschini non c’è, ma manda un messaggio che potrebbe mostrare la strada, non fosse che per il suo governo si avvicina la data di scadenza: «La decisione dell’Accademia di Svezia è paradigmatica e, per quanto abbia suscitato discussioni e confronto, indica una bussola: la poetica in musica è letteratura. Per questo ritengo sia giusto farla conoscere sempre di più alle nuove generazioni e introdurla nei programmi scolastici».
In realtà siamo in ritardo, proprio come per il Nobel all’uomo di Duluth: i cantautori non sono più l’orologio del tempo, sostituiti dagli scagliarime hip hop: non a caso, Renato Tortarolo e Paolo Giordano, giornalisti musicali coinvolti nel progetto sperimentale sullo studio dei cantautori liguri nelle scuole genovesi, pronto a essere allargato all’intera regione, per coinvolgere i ragazzi con Bindi e Fossati hanno dovuto confrontarli con le «loro» musiche.
Ma l’Italia, si sa, è un Paese per vecchi, persino più di Stoccolma, e così ben venga il percorso iniziato: qui tutti, a partire dal moderatore Sergio Staino, sanno che «la canzone esisteva già al tempo dei greci» e che «non esistono arti maggiori e minori, ma linguaggi diversi, usati bene o no. Non si può lasciar soffocare i nuovi linguaggi dalle accademie del potere, dal potere delle accademie». Alla svolta si preparano in molti, comprese case editrici come b.Smart.It, specializzata in contenuti scolastici multimediali. Ma il prof-cantautore per eccellenza, Roberto Vecchioni, autore di una piccola lectio magistralis con miniconcerto, mette le mani avanti: «Un docente di storia o di italiano non è automaticamente pronto per insegnare Guccini e Paoli. La canzone va studiata nelle tre parti che la compongono: i versi, la musica, l’interpretazione. E bisognerà trovare chi sappia spiegare tutto questo: io, ad esempio, all’università di Pavia tengo un corso sull’argomento, ma divido la cattedra con Paolo Jachia, che insegna italiano, e Massimo Germini, musicista. Non spieghiamo che le canzonette sono sempre belle e che Saffo va gettata nel gabinetto, anzi, ma che la canzone è cultura in quanto specchio della società che la esprime, racconto di vicende popolari e colte che attraversano secoli di vita italiana. Che Giacomo Leopardi a Napoli fu conquistato dalla Festa di Piedigrotta e da “Io te voglio bene assaje”».
Valeria Fedeli, ministra di Istruzione, Università e Ricerca, in sala fin dall’inizio, conclude: «C’è l’impegno del mio ministero, in parte incrociato con quello di Franceschini, per portare dentro la scuola i nuovi linguaggi come la canzone d’autore, il teatro, il cinema. Ma bisognerà formare i docenti adatti».
Nell’attesa ci si trasferisce nel solito Ariston, dove Giuliano Sangiorgi apre tre serate con la sigla tradizionale «Lontano lontano» e un set tenchiano dal sapore negramaro in compagnia del quintetto di Mauro Ottolini e dell’orchestra di Sanremo, chiude Carmen Consoli, in mezzo spazio ai vincitori delle Targhe Tenco 2017: Lastanzadigreta (opera prima, «Creature selvagge»), Ginevra Di Marco (miglior interprete per «La Rubia canta la Negra»), Canio Loguercio e Alessandro D’Alessandro (album in dialetto, napoletano naturalmente, «Canti, ballate e ipocondrie d’ammore») e Brunori Sas (miglior canzone, «La verità»). Una fotografia, un po’ impietosa e un po’ no, dello stato di salute dell’odierna canzone d’autore italiana. Claudio Lolli (album dell’anno, «Il grande freddo»), poco in forma, non c’è, ha mandato i suoi Musici.

Stasera il riconoscimento alla carriera a Massimo Ranieri, protagonista di un miniconcerto orchestrale guidato dal violino di Mauro Pagani e dedicato alla sua Napoli, domani il gran finale con la promessa partenopea Alessio Arena, che annuncia un omaggio a Fausto Mesolella, Gualtiero Bertelli, la novità Ex-Otago, Sergio Cammariere e Vinicio Capossela.

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