Istat: decessi record nel 2017 speranza di vita verso il calo

Istat: decessi record nel 2017 speranza di vita verso il calo
di Marco Esposito
Mercoledì 1 Novembre 2017, 13:16 - Ultimo agg. 20:32
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Mai così poche culle. E mai così tanti decessi. Il 2017 si prospetta come l'anno nero della demografia italiana, tale da ribaltare la tendenza all'innalzamento dell'età per la pensione, almeno secondo il report del primo semestre comunicato ieri dall'Istat con l'aggiornamento a giugno del «bilancio demografico mensile». Le nascite, in linea con il trend di flessione, sono state in sei mesi 219.976, circa 1.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2016. Ma a fare impressione è l'impennata del numero di morti: nel primo semestre dell'anno in corso sono deceduti 343.420 italiani, cioè 28 mila in più rispetto ai 314.692 del medesimo periodo del 2016, pari a un incremento dell'8,8%. Battuto anche l'anno record della mortalità italiana, il 2015, quando i morti nel periodo gennaio-giugno furono 339.479, un dato clamoroso che portò, nel saldo di fine anno, 647.571 decessi registrati e il calo della speranza di vita in Italia.

Il 2016, è notizia di pochi giorni fa, si è chiuso con un numero di morti sceso a 615.261, per cui la speranza di vita è tornata a crescere. Una notizia positiva che però ha come contraccolpo l'aumento dell'età per la pensione, che dal primo gennaio del 2019 salirà a 67 anni, contro i 66 anni e sette mesi attuali. Un automatismo che fa discutere, sia perché riduce le prospettive d'ingresso nel mondo del lavoro per i più giovani, sia perché l'aumento della speranza di vita non appare una tendenza così scontata dopo la battuta d'arresto del 2015. E i dati snocciolati ieri dall'Istat (in forma grezza, senza comunicato stampa) confermano i dubbi di chi invita a una riflessione prima di far scattare l'aumento a 67 anni dell'età per la pensione di vecchiaia.

Tra i critici dell'aumento automatico c'è il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, esponente dell'ala sinistra del Pd. «Il dato dell'Istat sul periodo gennaio-giugno 2017 conferma la mia tesi - dice al Mattino - purtroppo la crescita della povertà e delle diseguaglianze costringe le persone a curarsi meno. Esce rafforzata la mia richiesta al premier Paolo Gentiloni di spostare a giugno del 2018 la decisione sull'età per la pensione. Dobbiamo recuperare i dati sulla diversa aspettativa di vita in base alla tipologia del lavoro».

Il presidente dell'Inps Tito Boeri, però, ha stimato in 141 miliardi il costo in dieci anni del mancato adeguamento a 67 anni dell'età per la pensione di vecchiaia. «Il dato di Boeri è destituito di fondamento - accusa Damiano - perché nessuno ha mai proposto un blocco per sempre dell'età della pensione. Piuttosto l'Inps fornisca al Parlamento i conti di dettaglio per fare calcoli scientifici sull'aspettativa di vita per tipologia di attività. Stiamo aspettando questi dati dal gennaio del 2015». Il rinvio a giugno 2018 della decisione sull'età per la pensione permetterebbe di avere maggiori informazioni statistiche ma anche, inutile nascondersi, consentirebbe di superare la tornata elettorale delle politiche del marzo-aprile 2018.

Tornando al bilancio demografico, è impressionante l'allargarsi del «saldo naturale» negativo, raddoppiato in pochi anni. Il saldo naturale è la differenza tra nascite e decessi in un determinato periodo. Se si confronta il semestre gennaio-giugno degli anni successivi al censimento del 2011 - come rappresentato nel grafico in pagina - balza all'occhio il 2015 dove a causa dell'impennata di decessi, giudicata finora un picco legato a peculiarità climatiche, il saldo negativo ha superato le 100mila unità, contro le 60-70mila degli anni precedenti. Nel 2016 la forbice si è ridotta poco sopra le 90 mila unità mentre nel 2017 c'è stata una nuova e ancora più impressionante impennata, con i morti che hanno superato di oltre 120mila unità le nascite. In pratica è come se ogni mese sparisse dall'Italia una città di 20mila abitanti.

Il saldo naturale, però, può essere bilanciato dal saldo migratorio, quando cioè gli arrivi in un determinato territorio superano le cancellazioni dall'anagrafe. Questo però in Italia non accade da tempo. L'ultimo mese in cui il saldo migratorio (positivo) ha bilanciato il saldo naturale (negativo) è stato nel novembre 2016. Nel 2017 in tutti e sei i mesi finora censiti dall'Istat gli ingressi in Italia non sono stati sufficienti a bilanciare il calo demografico naturale. Il risultato è che la popolazione in Italia è in calo: il primo gennaio del 2017 in Italia eravamo - stranieri regolarmente residenti compresi - 60.589.445. Dopo sei mesi, al 30 giugno 2017, la popolazione residente in Italia era di 60.507.590 persone. In sei mesi siamo diventati 81.555 in meno. In pratica è come se fosse sparita dalla penisola una città grande come Varese o, per restare in Campania, popolosa come Pozzuoli.