Baretti di Napoli, aut aut prima della rissa: «Via di qui, questa è zona nostra»

Baretti di Napoli, aut aut prima della rissa: «Via di qui, questa è zona nostra»
di ​Leandro Del Gaudio
Giovedì 23 Novembre 2017, 23:03 - Ultimo agg. 24 Novembre, 10:23
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Ricordano bene quelle frasi, le ha scolpite nella mente perché sono state pronunciate un attimo prima che la zona più elegante e accorsata di Napoli si trasformasse in un inferno. Ricordano bene quella frase che dà inizio a una violenza brutale, poi degenerata nell’esplosione dei colpi di pistola: «Ci stiamo noi qua... questa è zona nostra, ve ne dovete andare...», tutto pronunciato in fretta in un dialetto gutturale e sincopato, che anticipa l’aggressione di un branco di almeno trenta persone.

Movida insanguinata, ci sono testimonianze choc agli atti dell’inchiesta che stanno conducendo in Procura per chiudere il cerchio su chi ha partecipato a un raid organizzato con più di trenta persone, alimentando la reazione armata con gli spari tra la folla. Quattro ragazzini feriti (almeno tra quelli refertati), ipotesi di tentato omicidio a carico di un soggetto al momento irreperibile, su cui si sa ormai tanto: a premere il grilletto - almeno secondo la ricostruzione della Procura, sarebbe stato un ventenne di Fuorigrotta, figlio di un boss del quartiere della periferia occidentale. Ha sparato, ma lo ha fatto per difendersi, sa che la polizia lo sta cercando, la notte tra sabato e domenica stava avendo la peggio. E lo dimostra anche il referto dell’ospedale La Schiana di Pozzuoli, dove il ventenne si è fatto medicare: aveva ben quattro ferite di arma da taglio all’altezza delle gambe, oltre a una vistosa ferita alla testa, come se avesse ricevuto una manganellata alla testa. 

Figlio di un boss, look da rivista patinata, orologio Rolex al polso, che sarebbe intervenuto quando ha visto piombare sul suo gruppo quel branco rappresentato da una trentina di giovani teppisti. Erano del clan Formicola, quelli di San Giovanni a Teduccio e ora sulla guerra dei baretti, sull’assalto alla movida dello scorso fine settimana si sa praticamente tutto. 

C’è una testimonianza forte, diretta, raccolta dal Mattino in queste ore, che mette a posto la sequenza di avvenimenti che ha inizio in via Poerio e in via Bisignano quando sono trascorsi una ventina di minuti dopo le tre di domenica notte: «Eravamo seduti, la musica dei baretti era finita, qualcuno stava chiudendo - spiega una delle fonti - noi ancora a chiacchierare o a fumare. Abbiamo notato alcuni scoter che ronzavano in modo frenetico attorno a noi, per tre volte sono andati su e giù, sempre fissandoci in modo minaccioso. A un certo punto, uno di quelli che stavano sullo scooter ha puntato il dito indice contro di me e altri due o tre di noi, come a dire sono questi quelli che stiamo cercando...». 

 

Stando a questa versione, è questo il momento in cui si sarebbe fatto avanti il ventenne figlio del boss. Si alza dalla sedia, si avvina a uno di quelli che si era inchiodato davanti a noi e ha iniziato a parlare. È durato poco. È stata immediata l’aggressione, a colpi di spranghe, di coltelli, scandita da offese e da parole minacciose. Ed è un altro punto sul quale concordano un po’ tutte le ricostruzioni operate fino a questo momento. Chiare le parole che sarebbero state pronunciate prima di dare inizio allo scontro fisico: «Ve ne dovete andare via da qua, che ci fate qui?». E ancora: «Questa è zona nostra...». Parole destinate a finire negli atti delle indagini condotte dai pm Celeste Carrano e Antonella Fratello, rispettivamente titolari delle indagini a carico dei clan del centro cittadino e dell’area est. 
Fino a questo momento, tutti gli elementi raccolti spingono a confermare la pista di uno scontro tra bande, con la rissa scatenata dai Formicola (ne erano almeno trenta) contro un gruppo di ragazzi riconducibili ad altri spaccati territoriali: ad essere presi di mira, e ad avere la peggio almeno sulle prime, sono stati alcuni ragazzi di Fuorigrotta, tra i quali anche il figlio di uno dei boss della periferia occidentale. Colpi di coltello, sprangate, poi spuntano due pistole, una delle quali viene brandita come corpo contundente, in una zuffa nel corso della quale vengono esplosi dei colpi di pistola che, anche di rimbalzo, hanno colpito almeno quattro ragazzi, tutti legati alla periferia orientale di Napoli (i feriti sono di San Giovanni e del comune dell’area vesuviana di Cercola). 
Scenario che, al di là della ricostruzione delle singole responsabilità, impongono una riflessione.

Qual è la posta in gioco? Cosa ha spinto quelli del bronx 2001 di San Giovanni a Teduccio a scatenare l’inferno alle tre di notte a Chiaia, rischiando anche di rimetterci in termini di feriti o di morti ammazzati? Nessuna pista al momento viene esclusa, di fronte alla difficoltà di usare le categorie interpretative di sempre per mettere a fuoco fenomeni criminali consumati da gruppi di giovanissimi. Non viene esclusa nemmeno la pista della droga, o meglio, del tentativo di creare una sorta di piazza di spaccio proprio nel cuore della movida partenopea. Riflettori puntati su quella che viene chiamata «scuola rosa», la struttura che ospita la scuola materna Carlo Poerio (ovviamente estranea a vicende criminali), all’esterno della quale sono stati visti armeggiare alcuni protagonisti dell’aggressione dello scorso week end. Intanto, va avanti la ricostruzione dei singoli profili di responsabilità, grazie ad alcune testimonianze raccolte, ma anche alla lettura delle immagini ricavate da alcuni negozi della zona. C’è chi ha picchiato duro, chi ha sparato colpi di pistola, al termine di quelle ronde organizzate in sella a scooter che avevano piena facoltà di movimento, nel cuore della ztl del primo quartiere cittadino. 

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