Addio a don Antonio Riboldi, la sua ultima omelia

Domenica 10 Dicembre 2017, 21:43 - Ultimo agg. 21:52
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Ecco l'ultima omelia di don Antonio Riboldi, il vescovo emerito di Acerra che si è spento all’alba a Stresa, in Piemonte. Voce autorevole in tante battaglie: con i terremotati, anti-camorra, tra gli ex terroristi e nelle prigioni, per l'ambiente e in particolare nella Terra dei fuochi, vicino ai più fragili, anche on line. Aveva 94 anni.


                                                                                                             9 luglio 2017

Venite a Me, voi tutti affaticati
Ci sono brani del Vangelo, che si staccano talmente dal nostro comune modo di pensare e anche di vivere, che sembrano davvero uno ‘spaccato’ di Cielo, che si apre sul capo degli uomini, come a mostrarci una tenerezza di Dio, che difficilmente possiamo sperimentare tra noi uomini.

Siamo abituati troppo spesso all’esperienza ‘delle spalle curve’, per il dolore o la croce che ci accompagna tutti, senza distinzioni, nella vita.

Per alcuni, forse, la sofferenza può apparire come una maledizione, che non ci si riesce a togliere di dosso, tanto da pensare di liberarsene definitivamente con stupefacenti o con la via larga dei divertimenti a tutti i costi, a volte giungendo alla soluzione estrema ed inaccettabile, che è il suicidio o la volontà di eutanasia.

Per altri, invece, la sofferenza è vivere nella verità della fede e dell’amore, che ha il suo fondamento nel dolore donato: la Croce è il segno inconfondibile dell’amore, quando questi è quello che deve essere, per sua stessa natura, cioè dono di sé, fino al sacrificio.
La vita di Gesù che si dona totalmente, fino alla Croce, è l’esempio vivo dell’Amore che si fa dono…meraviglioso Amore!

Gesù fa della nostra passione la Sua passione, accomunandosi con noi nel portare quella croce quotidiana e multiforme, che tutti portiamo.

Così nasce spontaneo il nostro Grazie. Grazie non per la croce in sé, ma perché la nostra croce, portata insieme, ci fa sperimentare dal vivo, quanto Dio si prenda cura di noi e ci voglia bene.

Quante volte, incontrando i malati, scopro che sanno fare della loro malattia un modo di amare ed hanno il sorriso che brilla negli occhi, perché sono consapevoli di soffrire con Lui e per Lui.

Anime davvero preziose, che sanno interpretare il Vangelo, che la Chiesa ci offre oggi.
“In quel tempo, disse Gesù: ‘Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.

Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi e Io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da Me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per le anime vostre. Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. (Mt. 11, 25-30)

Quante perle dentro queste poche parole!
Anzitutto la tenerezza di un Dio che vuole cancellare stanchezza ed oppressione, facendole proprie, ed in cambio dona la serenità del proprio stesso Cuore. Il Cuore e le braccia aperte di Dio, che invitano, dovrebbero commuovere ed attirare tutti… questo solo Egli attende da noi.

“Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi ed Io vi ristorerò”.
Sono tanto grandi le braccia e il Cuore di Dio, che l’immensità dei dolori di miliardi di uomini, là, in quelle braccia e in quel Cuore, diventano poca cosa… Immenso il Cuore di Dio.
Ogni persona si vanta di avere un cuore. Quanti lo dicono e lo esaltano!

Eppure è proprio lì che l’uomo viene a mancare. Non conosce le vie della bontà, che sono il frutto dell’umiltà di cuore. Un’umiltà che genera dolcezza, sa mettersi all’ultimo posto, per fare posto a tutti, che sa essere così grande e, nel silenzio, donarsi a tutti.

È tanto difficile quest’amore all’umiltà e dolcezza di cuore, in un mondo che sembra impazzito nella corsa ad essere ‘grande’, anche se poi la sua ‘grandezza’ è un momentaneo fruscio di gloria, che spesso non è assolutamente tale, anzi, poiché crea ancora… tanti poveri!

Il grande Papa del sorriso, Giovanni XXIII, scrivendo ai suoi fratelli, raccomandava loro:
“La mia tranquillità personale, che fa tanta impressione nel mondo, è tutta qui.

Stare nell’obbedienza, come ho sempre fatto, e non desiderare o pregare di vivere di più, oltre il tempo in cui l’angelo della morte mi verrà a chiamare e prendere per il Paradiso…
E voi fate bene a tenervi in umiltà, come mi studio di fare anch’io, e a non lasciarvi prendere dalle insinuazioni e dalle ciance del mondo. Il mondo non si interessa che di fare soldi, godere la vita ed imporsi ad ogni costo, anche con prepotenza”

Gesù ripete a ciascuno dei figli del Padre, quindi anche a ciascuno di noi: ‘Venite a me, voi tutti’.

Lo dice anche a coloro che possiedono il tutto di questo mondo, che è ben poca cosa, ma il cui cuore è vuoto, seppure insoddisfatto, perché troppo pieno di ‘cose’.
Come dice Papa Francesco:

Gesù promette di dare ristoro a tutti, ma ci fa anche un invito, che è come un comandamento: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29).

Il “giogo” del Signore consiste nel caricarsi del peso degli altri con amore fraterno. Una volta ricevuto il ristoro e il conforto di Cristo, siamo chiamati a nostra volta a diventare ristoro e conforto per i fratelli, con atteggiamento mite e umile, ad imitazione del Maestro. La mitezza e l’umiltà del cuore ci aiutano non solo a farci carico del peso degli altri, ma anche a non pesare su di loro con le nostre vedute personali, i nostri giudizi, le nostre critiche o la nostra indifferenza.

Non dimentichiamo quello che ci ha ricordato Gesù la scorsa settimana: ‘Chi avrà dato un bicchiere d’acqua fresca a questi piccoli, perché miei discepoli, l’avrà dato a Me’!

‘Invochiamo Maria Santissima, - è l’invito di Papa Francesco e mio - che accoglie sotto il suo manto tutte le persone stanche e sfinite, affinché attraverso una fede illuminata, testimoniata nella vita, possiamo essere di sollievo per quanti hanno bisogno di aiuto, di tenerezza, di speranza.

Antonio Riboldi - Vescovo
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