Il magistrato e le allieve in minigonna: nei concorsi la sua scuola è al top

Il magistrato e le allieve in minigonna: nei concorsi la sua scuola è al top
di Leandro Del Gaudio
Sabato 16 Dicembre 2017, 22:45 - Ultimo agg. 17 Dicembre, 18:31
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Chi lo conosce bene, sa che in questo momento sta attraversando la fase up della sua vita, convinto che solo i geni diventano oggetto di strali, invidie e accuse infondate. Chi lo frequenta in questo periodo, sa che il suo lavoro è tutto mediatico, ovviamente in attesa dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che dovrà stabilire se è ancora degno di far parte della magistratura amministrativa. Eccolo Francesco Bellomo, il 47enne di Bari finito al centro di uno scandalo nazionale sulle presunte pressioni esercitate verso alcune sue alunne, iscritte ai corsi per l’accesso in magistratura: barba rasata, look finto trasandato (ormai celebre la t-shirt bianca sotto il giubbino di pelle), esattamente il contrario del dress code che sarebbe stato imposto alle meritevoli dei suoi accorsati forum per l’accesso al Consiglio di Stato. Dallo scorso otto dicembre, da quando cioé il Mattino e il Fatto Quotidiano hanno pubblicato in esclusiva nazionale lo strano caso del procedimento aperto su Bellomo, sono volati gli stracci attorno al suo ruolo di formatore privato e alla sua dignità di magistrato. Si sono fatti avanti il padre della ex fidanzata di Bellomo, oggi costretta a cure mediche per lo stress subito, dalla cui denuncia è nato il fascicolo disciplinare, ma anche una donna di 28 anni, che ha raccontato al Corriere della Sera particolari inediti sulle presunte avances fatte da Bellomo (compresa la richiesta di due punturine sotto gli occhi per eliminare inestetismi o la richiesta di accettare un giro ad alta velocità in Ferrari, all’insegna di un machismo di bassa lega). 

Ma chi è Francesco Bellomo? Torniamo allo scorso sette dicembre, quando il Mattino lo intervistò prima di pubblicare la notizia del fascicolo disciplinare aperto sul suo conto dal Consiglio di Stato. Raggiunto al telefono, solita premessa («non posso parlare, per rispetto dell’autorevole consesso, dell’adunanza plenaria che si deve esprimere sulla richiesta di destituzione»). Poi, una serie di dritte sullo strano caso che lo ha collocato al centro dell’attenzione nazionale: «Scusi, ma lei che si occupa di giornalismo investigativo - diceva al cronista che lo aveva raggiunto telefonicamente - non si chiede per quale motivo c’è una sola lagnanza, per altro sostenuta dal padre di una ragazza? Non si chiede per quale motivo la mia scuola di formazione è quella che ha il più alto numero di accessi in magistratura? E gli altri che ce l’hanno fatta? Perché non denunciano? Perché non provate a intervistarli? Guardi - insisteva al telefono con il Mattino - lei si sta occupando di una procedura segreta, dovrebbe sapere che il caso riguarda la mia attività privatistica di formatore, non quella pubblica di magistrato».
 
Otto giorni dopo lo scenario è decisamente cambiato. Il fatto è diventato di competenza penale, si sono mosse due Procure, quelle di Bari e di Piacenza, anche se al momento non risultano iscrizioni nel registro degli indagati. Su un altro versante, si è scatenata la caccia alle testimonianze ad effetto. E a particolari della sua vita privata. Partiamo dalle notizie note: Bellomo vinse il concorso nel supremo organo della giustizia amministrativa nel 2005 (che è per inciso, l’organo di appello che interviene dopo i provvedimenti dei Tar), da allora non ha fatto altro che schiacciare il piede sull’acceleratore. A tavoletta. Al volante di una Ferrari, quando si trattava di «redimere» alcune candidate che non avevano raggiunto le performance richieste alle discenti del suo corso, e sotto il profilo organizzativo. Mette in piedi corsi a pagamento, ovviamente autorizzati - come da regolamento - dal Csm, le sue scuole sembrano essere le più competitive, con una percentuale alta di ammessi ai ranghi della magistratura. Un motivo che spinge lo stesso Bellomo, in questi giorni (sempre secondo quanto sostenuto da chi lo conosce bene), a sentirsi tranquillo di fronte a un giudizio che sarà espresso in adunanza «da magistrati miei ex alunni». 

Un messaggio? O un segnale di speranza? Nulla di tutto ciò per chi ragiona con la convinzione di essere una sorta di «agente superiore» da un punto di vista professionale e intellettivo. Quanto basta però a spingere gli organi disciplinari del Csm, che si stanno occupando del caso del magistrato ordinario Davide Nalin, a scavare a fondo. C’è una frase che circola all’ombra della Procura generale della Cassazione, che riguarda la gestione dell’algoritmo. Già l’algoritmo, quella sequenza numerica che è in grado di spalancare le porte ai candidati in un concorso. Esiste una connessione tra gestione dell’algoritmo e il boom di favoriti per diventare toghe? Al momento, nessun rapporto di causa ed effetto, anche se conviene sporgersi nel mondo creato a sua immagine dallo stesso Bellomo. 

Nel suo curriculum pubblicato sul sito della scuola riconducibile alla rivista «Diritto e scienza», Bellomo scriveva di sé: «È accreditato di un quoziente di intelligenza pari a 188 (media umana = 100)»; «studioso delle discipline a carattere scientifico, nel cui ambito ha conseguito titoli internazionali». Nei suoi corsi avrebbe applicato la «teoria della relatività generale nel diritto», che è poi quella che il padre della aspirante magistrata rimasta traumatizzata definisce «agente superiore». Affollati i suoi corsi a Roma, Milano e Bari, accesso a pagamento, anche se per una elite di discenti (per lo più di sesso femminile), era consentito un trattamento di privilegio, in relazione all’adesione di clausole contrattuali che hanno fatto discutere. È su questo livello, che è spuntato il caso del dress code, con la mini-mini gonna, il tacco 12, le camicette scollate, ma anche il diritto dello stesso Bellomo di conoscere il quoziente intellettivo dei fidanzati delle borsiste, dando pieno sfogo alla teoria dell’agente superiore. Un pasticcio concettuale, che mescola e scimmiotta Nietzsche, Marinetti (tra superuomo e ricerca futuristica di una velocità inibita ai più), mentre nel corso di una recente intervista resa al Corriere lo stesso Bellomo si paragona addirittura ad Einstein, per spiegare il suo disagio di incompreso rispetto agli strali subiti in questi giorni. 

Tante accuse, tanti sospetti, per un magistrato che al momento non è neppure iscritto nel registro degli indagati sotto il profilo penale, di fronte alla impossibilità di dimostrare una qualsivoglia forma di violenza esercitata contro chi accettava le clausole contrattuali. 

Unico possibile momento di verifica riguarda invece le presunte pressioni esercitate nei confronti dei carabinieri di Bari, per spingere una sua ex borsista-fidanzata (il cui padre ha scritto al Consiglio di Stato, aprendo il caso), a presentarsi in sede per firmare una sorta di conciliazione. Un abuso d’ufficio? Verifiche in corso, mentre Francesco Bellomo si mostra ottimista di fronte a melina e lungaggini del supremo organo di giustizia amministrativa. 
 

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