Liceale 17enne accoltellato a Napoli: «Erano in quattro coi cappucci, un mingherlino il più feroce di tutti»

Liceale 17enne accoltellato a Napoli: «Erano in quattro coi cappucci, un mingherlino il più feroce di tutti»
di Daniela De Crescenzo
Giovedì 21 Dicembre 2017, 08:23 - Ultimo agg. 14:53
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«Li ho visti circondare Arturo, li ho visti picchiarlo, ma solo quando ho urlato e loro sono fuggiti via ho visto il sangue, tanto sangue. Allora ho cercato di bloccare un'auto per farlo portare in ospedale, ma nessuno ha voluto fermarsi. Solo dopo una ventina di minuti quando è arrivata la mamma del ragazzino è stato possibile trasportarlo al San Giovanni Bosco. È stato terribile: la violenza prima e l'indifferenza poi hanno rischiato di uccidere quel ragazzino»: Luigi D'Orta ha un negozio dove vende oggetti per la cura degli animali domestici che si trova proprio dove Arturo è stato pugnalato, a pochissima distanza dalla caserma Garibaldi. Il suo è un racconto lungo, concitato: parla da testimone di un fatto di sangue, ma anche da genitore di due ragazzini della stessa età di quello che ha rischiato di essere ucciso.
 


Cosa è successo lunedì sera?
«Intorno alle 17,30 io ero nel mio negozio e stavo badando agli animali, quando dalle vetrine ho visto un gruppo di ragazzi con le felpe e i cappucci tirati in testa aggredire un altro ragazzino. Erano in quattro ed uno era piccolo, basso e mingherlino. È stato lui a tirare un ceffone al ragazzo che fino ad un attimo prima camminava per i fatti propri».

Un ceffone capita, ma le perché si è messo subito in allarme?
«Perché era chiaro che non si trattava di una discussione tra amici. Tra l'altro l'aggredito era anche vestito in maniera completamente diversa rispetto agli altri, non aveva la felpa, aveva un pullover, ed il volto era ben visibile».

Che cosa è successo dopo lo schiaffo?
«La vittima ha cercato di allontanarsi, di scrollarsi di dosso il mingherlino. Ma è riuscito a fare solo pochi metri, poi gli altri si sono fatti sotto, tutti insieme gli sono saltati addosso. Ho capito che le cose si mettevano male, ma non avevo compreso che i quattro fossero armati: mi è sembrato che stessero picchiando la loro vittima e per questo sono uscito in strada urlando. A quel punto gli aggressori sono scappati».

In che condizioni era Arturo?
«Quando sono uscito lo ho visto accasciarsi. Con la mano si stringeva la gola: solo allora mi sono accorto che era insanguinato. Ma pensavo che la ferita fosse una sola. Poi lo ho accompagnato verso la panchina che si trova alla fermata dell'autobus e camminando mi sono accorto che era stato colpito anche al fianco. In pochi minuti l'intero sedile si è tinto di rosso, il sangue gocciolava a terra».

Un film dell'orrore
«Io cercavo in tutti i modi di tamponare le ferite, ma in negozio avevo solo un rotolo di carta e ho utilizzato quello. Intanto però il ragazzo sembrava sempre più debole. Cercavo di fermare le auto, facevo gesti, chiedevo aiuto, ho anche bloccato un taxi, ma nessuno ha voluto prendere a bordo il ferito. Poi, fortunatamente, è arrivato il proprietario di un'autoscuola poco distante e mi ha aiutato. A mano a mano accorreva altra gente. Qualcuno è riuscito a rintracciare il numero della mamma dal cellulare del ragazzo e le abbiamo telefonato. Intanto sono intervenute anche le forze dell'ordine. Per più di un quarto d'ora siamo rimasti ad aspettare l'ambulanza».

I soccorsi sono arrivati dopo un po' di tempo?
«No, gli agenti hanno autorizzato la madre a caricare il figlio sulla sua auto e al volante si è messo il proprietario della scuola guida. Così finalmente Arturo è partito per l'ospedale».

È riuscito a vedere bene gli aggressori?
«No, avevano il volto coperto dai cappucci. E da quel poco che ha detto il ragazzino aggredito non li ha riconosciuti nemmeno lui. Arturo era incredulo, sbalordito da quello che stava succedendo».

 


Nessun segno di riconoscimento?
«Tre erano alti come me, quindi un po' di più di un metro e settanta, l'altro era veramente piccolo, mi è sembrato poco più di un bambino. E mi è sembrato che avesse la pelle un po' più scura degli altri. Ma lo ho intravisto per un attimo, non potrei giurarlo».
Quella a cui ha assistito era la scena di una rapina?
«Francamente non mi è sembrato. E d'altra parte mi pare di aver capito che alla vittima non è stato sottratto niente. No, secondo me ha ragione la mamma di Arturo: il ragazzo ha subito la violenza folle di gradassi che voglio mettersi in mostra. Ed è questo che fa più paura: io ho due figli, uno è iscritto allo stesso liceo frequentato da Arturo. È capitato a lui, poteva accadere ai miei figli. Così: senza una ragione, senza un perché».
I ragazzi non avevano litigato?
«No, lo ripeto, la vittima stava camminando per i fatti suoi, non ci sono stati alterchi, discussioni. Quella a cui ho assistito è stata un'aggressione violentissima e ingiustificata. Quelli hanno mirato alla gola. Ascoltatemi: erano usciti per uccidere».
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