Le interviste del Mattino
Di Maio: «Tagli, tasse, Europa
ecco il programma dei 5Stelle»

Le interviste del Mattino Di Maio: «Tagli, tasse, Europa ecco il programma dei 5Stelle»
di Federico Monga
Giovedì 4 Gennaio 2018, 10:42 - Ultimo agg. 12:23
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Onorevole Luigi Di Maio, uno dei vostri cavalli di battaglia nelle misure economiche è il reddito di cittadinanza. Avete già spiegato che si tratta di portare i redditi a 780 euro per chi sta sotto la soglia di povertà assoluta. Non avete ancora spiegato se questa misura sostituirà gli attuali sostegni al reddito o se sarà aggiuntiva?
«In una prima fase il reddito di cittadinanza procederà su un binario separato. L'obiettivo finale, che sarà raggiunto per gradi, è però il superamento degli attuali ammortizzatori sociali».

Quanti sono i destinatari?
«Secondo Eurostat, gli italiani in povertà assoluta sono 4 milioni e mezzo. Numero che sale a 10 milioni se si considera la povertà relativa. Il nostro impegno è garantire a tutti di arrivare a 780 euro per i single senza figli. Una coppia di pensionati avrebbe diritto a 1170 euro. Per una famiglia con due figli che hanno più di 14 anni si arriva fino a 1950 euro. Tutti gli strumenti di sostegno al reddito, ovviamente con l'esclusione dei pensionati che non devono trovare un'occupazione, saranno legati alle politiche attive del lavoro».

Come si garantisce che non si tratti di un grande ritorno all'assistenzialismo?
«La misura punta al reinserimento lavorativo attraverso una rivoluzione dei centri per l'impiego su scala nazionale. Ovvero, fino ad oggi domanda ed offerta si incontrano esclusivamente su base provinciale, o al massimo regionale. Non ci sono, se si escludono i Neet, banche dati uniche. Per fare un esempio i centri per l'impiego di Trento non dialogano con quelli di Napoli. Li metteremo tutti in rete. Chi otterrà il sostegno dovrà poi partecipare obbligatoriamente a corsi di formazione e per otto ore settimanali dovrà impegnarsi in lavori socialmente utili nei Comuni di residenza. Una volta trovato, anche su scala nazionale, un lavoro confacente alle caratteristiche del cittadino non si potrà rifiutare la proposta, pena la perdita immediata del sussidio».

Il costo si aggira tra 16 e i 19 miliardi. Dove recuperate le risorse?
«Sono 17 miliardi in tutto, di cui 2,1 una tantum destinati a potenziare e rendere più efficienti i centri per l'impiego. La formazione di chi non ha lavoro deve essere organizzata in sinergia con le richieste delle aziende ma deve essere a carico dello Stato. Poi, grazie al reinserimento lavorativo, l'impegno di risorse sarà destinato a calare. L'obiettivo finale del reddito di cittadinanza è abolire il reddito di cittadinanza».

Insisto sulle risorse. Proviamo a fare l'elenco. Avete indicato innanzitutto la lotta all'evasione. Il massimo storico è stato di 14 miliardi sotto il governo Renzi. Di questi 14, solo un terzo proviene da evasori sconosciuti al Fisco. Per il resto si tratta di chiusura di contenziosi passati o di misure una tantum come gli scudi fiscali o rientro di capitali dall'estero. Come pensate di fare meglio?
«Non faremo nuove leggi contro l'evasione perché non si farebbe altro che complicare la vita di imprese e famiglie, già travolte dagli adempimenti burocratici che invece dovranno essere ridotti. Come non faremo mai più altri scudi fiscali o voluntary disclosure. La lotta all'evasione si fa con le nuove tecnologie. Con la tracciabilità dei pagamenti e soprattutto con l'unione delle banche dati. Ad oggi molti enti sono gelosi delle informazioni in loro possesso».

Quali enti?
«Non voglio accusare nessuno, ma Dogane, Entrate, Camere di Commercio e Inps, devono dialogare tra loro».

 

Quali enti?
«Non voglio accusare nessuno, ma Dogane, Entrate, Camere di Commercio e Inps, devono dialogare tra loro».
Veniamo alla spending review. Non ci sono riusciti tagliatori di grandi capacità come Bondi e Cottarelli. Il vostro programma prevede interventi per decine di miliardi. Le auto blu costano in tutto 400 milioni, il costo dei cda delle partecipate è di 2,47 miliardi.
«Alla spending simbolica non rinuncio e quindi sì alla riduzione delle auto blu e dei vitalizi perché sono misure che servono a fare recuperare fiducia nella cosa pubblica. Poi ci sono le misure più corpose. Questi governi hanno solo tagliato i commissari alla spending review. Il lavoro lasciato da Cottarelli è stato ottimo. Lo farò mio per quanto riguarda le partecipate che non fanno servizi agli enti locali ma sono stati solo delle centrali di consenso a disposizione della politica. Così come recupereremo il piano di centralizzazione degli acquisti e la riorganizzazione della pubblica amministrazione».
L'obiettivo?
«Recuperare 50 miliardi che saranno reinvestiti in attività ad alto moltiplicatore di reddito come le nuove energie, la sicurezza e le infrastrutture di cui il Sud ha tanto bisogno».
Avete anche annunciato l'aumento delle tasse sulle compagnie petrolifere. Può spiegare in che forma?
«Abbiamo in mente un grande piano di riconversione energetica. Non uno choc, ma per gradi. All'interno di questo piano ci saranno sgravi per chi investe nelle energie pulite e rinnovabili e maggiori costi per chi invece opera nei settori tradizionali. Entro 30-35 anni dovremmo non essere più dipendenti dal fossile. Stop al carbone entro il 2025 e stop al petrolio entro il 2050. In una prima fase di transizione ci affideremo al gas per poi passare alle energie rinnovabili. Questa rivoluzione sarà accompagnata da maggiori costi per le imprese che operano nel settori degli idrocarburi e sgravi fiscali per chi investe nelle energie pulite senza pesare sulle famiglie e sulle bollette come è avvenuto fino ad ora».
Una tassa sulle imprese energetiche era già stata introdotta da Tremonti. La famosa «Robin Hood Tax» che venne però dichiarata incostituzionale perché era ad aziendam?
«Quello era uno strumento per fare cassa nell'immediato. La nuova fiscalità che noi proponiamo per il settore energetico invece si colloca all'interno di un piano generale che riguarda tutto il Paese, tutte le imprese e tutti i cittadini. Il nostro sarà inoltre un intervento progressivo, quindi all'interno dei dettami della Costituzione».
Più tasse anche per banche e assicurazioni?
«Nessuno vuole colpire le banche dove ci sono i nostri risparmi, anzi. Non possiamo però non notare che la tassazione in questo settore, ad esempio per quanto riguarda gli utili finanziari, non è in linea con la media dei nostri partner europei. Così come le fondazioni bancarie non potranno godere di una fiscalità di vantaggio sugli investimenti nelle imprese».
Dal taglio delle pensioni d'oro avete detto che incasserete 12 miliardi. Facciamo due conti: il costo è di 1,8 miliardi se si considerano quelle superiori a 5mila euro netti al mese che sono circa 10mila. Si arriva a 9 miliardi se si scende a tremila euro (90mila i beneficiari). Più che incassi si fa propaganda.
«Per pensioni d'oro intendiamo quelle sopra i 5mila euro netti. Saranno tagliate solo quelle che non sono coperte dai contributi. Chi ha versato i contributi non vedrà nessun taglio. Chi gode del sistema retributivo sì. Il risparmio sarà di 12 miliardi a livello complessivo distribuiti su più anni».
Il reddito di cittadinanza è una misura di supporto in attesa di trovare un'occupazione. Può farci qualche esempio di vostre ricette per creare posti di lavoro e far crescere il Pil?
«Guardiamo a misure che possono essere attrattive soprattutto per il Sud. Ad esempio investimenti nelle auto elettriche e il rinnovamento di tutto il parco del trasporto pubblico su gomma che dovrà essere elettrificato entro il 2020. Basta guardare a cosa fanno l'India o l'Olanda che hanno già stabilito la fine delle auto a benzina e gasolio entro quattro anni. Poi c'è il piano infrastrutture ad alto moltiplicatore per almeno 50 miliardi».
Altre risorse da trovare.
«Innanzitutto si possono recuperare almeno nove miliardi da opere inutili soprattutto al Nord».
Ad esempio?
«La Tav Torino-Lione che Macron ha già bloccato».
A quali opere infrastrutturali pensa?
«Liguria, Lombardia e Sicilia hanno molte tratte ancora a binario unico. Altre aree non sono proprio servite dalla ferrovia, come Matera. Poi il collegamento tra il Cis di Nola, l'Interporto e il Porto di Napoli che può fare da volano per la Campania e tutto il Mezzogiorno. In Sicilia ci sono seri problemi di autostrade».
Insisto, un sacco di soldi.
«Presto presenteremo il nostro programma con le corrispettive coperture finanziarie. Nessuna misura rimarrà scoperta. Certo non posso escludere che alcuni di questi investimenti punteremo a farli in deficit. Ci siederemo al tavolo con l'Europa e, senza aut aut, cercheremo di far capire che l'epoca dell'austerity è finita e che la spesa per investimenti non può rientrare nel computo del deficit».
Negozi e centri commerciali chiusi nei giorni festivi, no alla liberalizzazione per gli ambulanti, solo per fare due esempi. Al Movimento pare che la libera concorrenza non piaccia. Come si aumenta il prodotto interno lordo?
«Io credo nella concorrenza e nel mercato. Noi del Movimento 5 Stelle abbiamo tagliato i nostri stipendi da parlamentari e i proventi sono finiti in un fondo che ha creato posti lavoro. Il futuro passa attraverso le imprese che sono la nostra forza come dimostra il successo dell'export. Ma io sono contro la concorrenza sleale che un grande centro commerciale fa al piccolo negozio costringendolo, a parità di incassi e a discapito della famiglia, a restare aperto. Vogliamo solo che su 12 giorni festivi se ne concordino 6 di chiusura. Opporsi alla direttiva Bolkenstein sulla liberalizzazione degli spazi degli ambulanti vuol dire opporsi alla concorrenza selvaggia e tutelare gli interessi nazionali».
Torniamo alle ricette per il Sud. Fino ad ora si sono affrontate due strategie: da un lato misure ad hoc e piani straordinari, dall'altro applicare, magari con qualche vantaggio in più, misure uguali per tutto il territorio partendo dal presupposto che il Sud, essendo più indietro, può godere di un maggior effetto leva. In quale delle due vi ritrovate?
«Al Sud abbiamo dei poli di ricchezza che già funzionano. Uno di questi, riconosciuto da tutti per altro, è il turismo. Noi creeremo un ministero ad hoc e modificheremo il Titolo Quinto della costituzione per far sì che ci sia una strategia nazionale. Come detto, poi punteremo sulle grandi infrastrutture attraverso un piano integrato di lungo periodo e non con interventi spot buoni per tagliare nastri. E poi al ministero per lo Sviluppo economico nascerà una banca pubblica, sul modello francese, destinata a concedere credito agevolato in un primo momento solo alle imprese e poi anche alle famiglie».
Sanità, asili nido, investimenti delle società pubbliche: tra Nord e Sud c'è uno squilibrio nella ripartizione della spesa. Le rivendicazioni dei governatori e dei sindaci del Mezzogiorno sono giuste? Come pensate di intervenire?
«I parametri sulla spesa storica degli asili nido al Sud o sulla spesa sanitaria in Campania sono sbagliati, ma sono la dimostrazione del fallimento della classe politica meridionale che ai tavoli del federalismo fiscale è stata assente. Faccio notare che cinque Regioni meridionali sono governate da altrettanti presidenti del Pd. Evidentemente De Luca, Emiliano e compagnia erano impegnati a far altre battaglie più che a cercare di ottenere qualcosa per i loro territori da un governo il cui azionista di maggioranza era il loro partito».
Caso Ilva. Ha ragione Emiliano o Calenda?
«Emiliano e Calenda hanno fatto piombare l'Ilva in un caos mediatico che ha danneggiato anche gli imprenditori che stanno cercando di investire in quell'area. Certo è finita l'epoca in cui si baratta il diritto alla salute con il diritto al lavoro. Quell'impianto va riconvertito per gradi ma va riconvertito e i lavoratori dell'Ilva vanno coinvolti nella bonifica».
Avete annunciato anche misure choc per ridurre Irpef e costo del lavoro. Può illustrarle? Quanto costano e dove si trovano le risorse?
«Per abbassare il costo del lavoro attingeremo anche da risorse in deficit come ha già fatto la Spagna, altri fondi arriveranno dal taglio della spesa pubblica. Se un dipendente ha uno stipendio di 1300 euro non puoi sottrargli 300 euro di costo del lavoro. Innalzeremo poi il livello della no tax area e rimoduleremo le aliquote a favore del ceto medio».
Se andrete al governo reintrodurrete l'articolo 18 per le aziende con più di 15 dipendenti senza se e senza ma?
«Il Jobs Act è stato un errore. Noi volgiamo garantire più diritti al lavoratore dipendente senza però far pagare il conto alle imprese per questo puntiamo a tagliare il cuneo fiscale senza toccare i salari».
Inutile allora chiedere se sareste favorevoli a rendere più facili i licenziamenti anche nel settore pubblico.
«Credo nell'indipendenza della pubblica amministrazione dalla politica. Per difendere questo valore, l'articolo 18 nel pubblico deve restare. Dall'altro canto, vanno inasprite le norme contro i fannulloni e la corruzione. Bene la legge sul whistleblowing che tutela chi denuncia comportamenti scorretti e fraudolenti. Dovremo però istituire anche un'alta scuola di amministrazione per la formazione continua e per selezionare una classe amministrativa più preparata da portare ai tavoli in Europa».
Conferma che abolirete in cinque anni la riforma delle pensioni del ministro Fornero?
«Sì, inizieremo dall'allungare l'elenco dei lavori usuranti. Troppe categorie non sono state tutelate».
Il governo ha già fatto un elenco. Chi manca?
«I ferrovieri e i lavoratori dell'edilizia per fare solo due esempi».
Perdoni l'ossessione sulle risorse ma, secondo la Ragioneria di Stato, il risparmio garantito dalla riforma Fornero fino al 2060 sarà di ben 350 miliardi, di cui il grosso del bottino tra il 2020 e il 2030 quando potreste essere voi al governo. Come pensate di riequilibrare i conti della previdenza?
«La ricetta fino ad ora è sempre stata la stessa: si sono tagliati i diritti per recuperare risorse, sono stati espulsi milioni di giovani dal lavoro, si sono tagliati la sanità, l'istruzione. Volevano tagliare il bonus bebé, ma il gettito per gli investimenti si è abbassato e il rapporto debito/Pil è peggiorato. L'epoca dell'austerità è finita. Francia e Spagna sforano il tetto del tre per cento del deficit tutti gli anni. Chiaro che se non sfori il tre per cento del deficit non crei nuova ricchezza e il debito continua a peggiorare».
E ma Francia e Spagna non hanno il nostro debito ormai mostruoso.
«Andremo in Europa a trattare senza rotture. Il momento politico è mutato ed è proficuo per l'Italia: la Germania non riesce a fare un governo. In Spagna c'è un governo di minoranza, in Francia i partiti tradizionali sono stati spazzati via. Il fiscal compact, che poi è un'ipocrisia perché si continua a rinviarlo, va rivisto. Così come le clausole di salvaguardia per evitare l'aumento Iva. Vanno rivisti anche i parametri di Basilea che hanno strozzato il credito alle imprese. Va messo sul tavolo anche il debito per capire come e per colpa di chi si è formato, come vogliamo fare a Roma dove i Cinquestelle hanno ereditato un buco di 13 miliardi. E soprattutto l'Europa deve capire che si devono liberare risorse per gli investimenti, solo in questo modo si abbassa il debito per davvero. E infine l'Europarlamento va riportato al centro per migliorare le condizioni del welfare di 75 milioni di europei indigenti».
In caso contrario non resta che il referendum per l'uscita dall'euro?
«È un'extrema ratio».
Avete valutato che un referendum non si può fare perché la Costituzione vieta consultazioni sulla ratifica di trattati internazionali?
«Si tratterebbe di un referendum consultivo non vincolante come quello che si è già svolto in Italia nel 1989».
Privatizzazioni?
«Basta, abbiamo già svenduto i gioielli di famiglia che potevano creare ricchezza. Penso ad Ansaldo Breda e Sts. Volevano vendere anche Fincantieri che adesso è una delle società più ricche del settore. Vendendo, perdiamo la possibilità di creare reddito ed extra-gettito fiscale».
Come valuta l'operato di Draghi alla Bce? Il prossimo governo dovrà fare a meno del suo decisivo supporto.
«Mi preoccupa il fatto che alla Bce non ci sarà più un italiano. Ma Draghi ha contribuito a mettere la polvere sotto il tappeto. Lo spread rischia di ripresentarsi una volta finito il programma del Quantitative easing».
Chiudiamo con una domanda più napoletana. Roberto Fico può essere un buon candidato sindaco per M5S?
«Stimo Roberto, la sua passione e la sua competenza. Mi auguro che sia ancora al mio fianco in Parlamento nelle battaglie difficili che ci aspettano. Poi se prevarrà una scelta di cuore, sono convinto che farà bene anche da candidato sindaco».
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