Ciro, pestato dal branco alla metro del Policlinico a Napoli: «Ora ho paura di uscire»

Ciro, pestato dal branco alla metro del Policlinico a Napoli: «Ora ho paura di uscire»
di Giuseppe Crimaldi
Martedì 16 Gennaio 2018, 09:00
4 Minuti di Lettura
«Adesso finalmente sono a casa. Il peggio è passato. Ma lasciatemi in pace. Sono stanco, voglio solo riposare: e soprattutto dimenticare tutto, nel più breve tempo possibile. So che non sarà facile». Con un filo di voce Ciro G. riesce a pronunciare solo una qualche parola rispondendo al citofono dell'abitazione in cui vive con la mamma, il papà, e la sorella maggiore che lavora da assistente sociale. Intorno a lui si è avvolta la nuvola bianca e rassicurante degli affetti. Una cortina di protezione indispensabile, legittima, che va assicurata a chi - parliamo di un adolescente che ha solo 16 anni - si è ritrovato al centro di quell'ultimo vortice di violenza che intossica il corpo di Napoli che sembra sprofondare in una morsa nera, in un inferno popolato da giovanissimi diavoli.

Ciro G. è un ragazzo modello. Frequenta il terzo liceo scientifico al «Giambattista Vico», frequenta amicizie sane e pratica sport nel tempo libero. Domenica, maledetta domenica. Due sere fa Ciro si è avviato verso quei campetti di erba sintetica alle falde dei Camaldoli dove da ottobre si disputano le partite di calcio del torneo scolastico. Finito l'incontro, il 16enne e due suoi amici si avviano verso la stazione «Policlinico» del metrò collinare per rientrare a casa. I tre adolescenti vestiti in tuta si trasformano improvvisamente nell'obiettivo di un gruppo di balordi e delinquenti, probabilmente residenti nell'area della periferia settentrionale del capoluogo campano. «Tra loro - ha spiegato già in ospedale Ciro agli investigatori della Questura che indagano sull'aggressione - mi è parso di vedere anche alcuni grandi». Cioè presunti maggiorenni. «Ho avuto paura, tanta paura, e se non fossi riuscito a fuggire verso l'interno della stazione del metrò - conclude la vittima - quelli mi avrebbero massacrato».

Baby gang e violenze gratuite nelle serate del fine settimana (e non solo quelle) a Napoli sono ormai diventate questioni di ordine pubblico nazionale. Ecco perché oggi pomeriggio arriva in città il ministro dell'Interno Marco Minniti, per presiedere il tavolo del comitato per l'ordine pubblico in Prefettura.

«Ma adesso basta - dice la madre Anna - Mio figlio è solo l'ultima di una lunga serie di vittime innocenti; non voglio assistere ad altri casi di ragazzi aggrediti e feriti senza un perché da altri giovanissimi. Questa storia deve finire». Invoca giustizia e provvedimenti rigorosi, la signora Anna: «Spero che qualcosa cambi, che si inaspriscano le leggi con condanne esemplari per chi fa ciò che hanno fatto a mio figlio. Altrimenti questo inferno metropolitano continuerà a mietere vittime innocenti. E noi continueremo, stancamente, a ripeterci sempre le stesse cose».
Protetto dalla maschera che gli ricopre il naso e mezzo volto, il 16enne ferito all'ingresso della Metropolitana del Policlinico ricostruisce nella sua camera da letto al secondo piano della casa di Materdei i momenti di terrore e l'odissea vissuta. «Erano da poco passate le 21,15 di domenica - ricostruisce - quando, dopo aver finito la partita di calcetto del torneo tra le squadre del Vico ci siamo avviati, io e due miei amici, verso la stazione della metro del Policlinico. Stavamo tornando a casa, a Materdei. All'improvviso sono comparsi tre, quattro giovani in sella a due scooter, e da lì è iniziato tutto». Una scena da Arancia Meccanica. Poco prima dell'imbocco del tunnel che porta ai tornelli iniziano le provocazioni. Quei tre ragazzini in tuta si trasformano nell'oggetto di un desiderio nero, torbido. Si materializzano improvvisamente almeno altri sette, otto giovani che circondano i tre studenti. E scatta la violenza. A farne le spese è Ciro. Un raid gratuito, senza secondi fini (la rapina dei telefonini o magari dei pochi spiccioli in tasca agli adolescenti finiti in trappola). «Prima mi hanno insultato, poi - spiega Ciro - dopo avermi accerchiato in due hanno cominciato a sputarmi addosso. I miei amici, impauriti, sono scappati; mi sono salvato solo riuscendo ad arrivare all'interno della metropolitana».
 

Ma prima che ciò accada si verifica qualcosa di ancor più imprevedibile e drammatico. Uno dei bulli, «quello che si atteggiava a capo della banda», insegue la vittima e, dopo averla bloccata stringendogli un braccio alla gola, alle spalle, gli sferra un diretto al volto. Un colpo violentissimo che provoca la frattura del setto nasale del 16enne. Nessuno interviene. Anche i suoi amici, terrorizzati, sono già lontani: ma Ciro riesce alla fine ad arrivare a casa sua, dove racconterà tutto ai genitori, prima di recarsi al Vecchio Pellegrini.
«Non posso credere che mio figlio adesso abbia paura di tornare a giocare. Me lo ha detto lui: Mamma, non ci vado più ai campetti...». Non voglio - prosegue Anna - che mio figlio, come tanti altri ragazzi di Napoli, siano vittime di una intollerabile paura. Per questo chiedo una punizione esemplare ai responsabili di queste gratuite violenze: se non si invertirà la rotta, continueremo a parlare e a discutere di baby gang e a raccontare altre dieci, cento storie come quelle vissute da Ciro. Servono leggi e misure più severe». Le indagini della Questura procedono speditamente. C'è già un identikit che inchioderebbe alle proprie responsabilità almeno otto-dieci persone, i partecipanti all'assalto. A breve potrebbero scattare anche dei provvedimenti. «Ma in questo momento - conclude Anna - ho un solo pensiero: Ciro. E non voglio che continui a vivere nella paura».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA